Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 28 luglio 2013

il Legnun...sentinella occidentale delle Orobie

Quant al Legnun el gà al cappel, 
o che fà brutt o che fà bell.

Con i suoi 2610 m il Monte Legnone è la cima più alta delle Orobie lecchesi ed è ben riconoscibile grazie alla sua forma piramidale. Posizionato al termine del Lago di Como fa da spartiacque con la Valtellina, la Valvarrone e la Valsassina.

Da Milano seguiamo la superstrada per Lecco e la Valtellina (SS36) fino all’uscita di Dervio,  quindi seguiamo le indicazioni per la Val Varrone, raggiungendo prima Vestreno e poi Tremenico, all’inizio di questo paesino prendiamo una strada asfaltata sulla sinistra che, con bellissimo percorso nel bosco, sale fino a Lavadè e quindi al piazzale sterrato antistante il rifugio Roccoli-Lorla, dove lasciamo l'auto 1450 m.
Raggiungiamo il rifugio Roccoli Lorla situato su una sella ad Est del Monte Legnoncino a 1463 m, di proprietà del CAI Dervio, passando alla sua sinistra scendiamo brevemente tra grandi faggi e larici, poco dopo inizia la mulattiera, dapprima selciata e poi sassosa che sale lungo la dorsale per poi continuare a mezza costa. Giunti in località Merésc de Scim, a 1506 m, tralasciamo la sterrata a destra e proseguiamo sul sentiero che si restringe, ma che resta sempre ben marcato e sale con qualche tornante tra i larici, che di tanto in tanto ci concedono i primi scorci sulla parte terminale del lago di Como e sul Legnoncino. Dopo essere passati sul fianco destro di un cocuzzolo boscoso, in leggera discesa giungiamo in un luogo decisamente bucolico, l'alpe Agrogno 1644 m. Dalla palina segnavia, tralasciamo il sentiero a destra che prosegue verso l’alpe della Stanga e procediamo diritti lungo l’Alta Via della Valsassina/M. Legnone. Attraversati i pascoli, riprendiamo a salire nel bosco fra radi larici, per poi riuscire nuovamente sui prati dell'alpe Agrogno superiore. La pendenza si addolcisce per un breve tratto, per poi riprende in maniera più decisa, dopo un lungo tornante, saliamo in un ripido canalino raggiungendo la Porta dei Merli 2129 m. Proseguiamo lungo un tratto in falsopiano opportunamente protetto da corde fisse, essendo esposto, utili soprattutto in caso di neve e ghiaccio. Poco oltre raggiungiamo l'ampia sella dove è situato il Bivacco Cà de Legn 2146 m (cioè Casa del Legnone), sempre aperto e in buone condizioni, edificato nel 1884 e ristrutturato un secolo dopo, nel 1984. Lasciato il bivacco alle nostre spalle continuiamo fino ad un grande ripetitore posto proprio sul crinale, alla nostra sinistra. Il sentiero, sempre ben  marcato, inizia a salire in maniera decisa a pochi metri dal crinale, precipitando alla nostra sinistra sulla bassa Valtellina con un impressionante salto. Oltrepassiamo la prima fascia di roccette grazie all'ausilio di una corda fissa e dopo un lungo tratto di salita incontriamo un secondo passaggio, sempre assistito da corda fissa. Il sentiero poi prosegue verso sinistra e si riporta sul crinale, poco più avanti possiamo proseguire diritti risalendo un saltino roccioso sormontato da alcuni cartelli, con l'aiuto di una corda fissa, o più semplicemente seguire il sentiero sul lato sinistro. Siamo arrivati sull'anticima del Legnone a 2529 m, ignorando la deviazione a sinistra, proseguiamo in salita sul crinale arrivando allo strappo finale, che richiede un minimo d'attenzione. Risalito un primo tratto stretto ed esposto con l'aiuto di corde fisse e alcuni gradini in ferro, arriviamo alle roccette terminali che superiamo anch'esse con arrampicata non difficile assistita sempre da corda fissa, fare attenzione soprattutto in discesa. Dopo questi ultimi sforzi finalmente siamo sul Monte Legnone, davanti alla grande croce sommitale a 2610 m, eretta nel lontano agosto dell’anno 1900 e restaurata nell’estate del 2003. Pochi metri più avanti, un tempietto eretto dal Gruppo Alpini di Colico nel 1958, custodisce l’immagine della Madonna. Il panorama è davvero grandioso...
Per il ritorno percorriamo il medesimo sentiero dell'andata.
Malati di Montagna: Aldo, Danilo e Fabio

alpe Agrogno


...sicuri che dobbiamo salire lassù???


una visione quasi mistica...


purtroppo dobbiamo scendere...


stambecco curioso...!!!


la cresta ovest da noi percorsa...







domenica 21 luglio 2013

Sentiero degli Alpini, l’itinerario più spettacolare delle Alpi Liguri



sabato 20 luglio
Da Genova proseguiamo sulla A10 verso Ventimiglia, dall'uscita autostradale di Arma di Taggia seguiamo le indicazioni per Taggia/Triora. Arrivati a Molini di Triora, appena prima di entrare in paese svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Colla Melosa, risaliamo la Val Nervia fino a Colla Langan 1127 m dove svoltiamo a destra arrivando a Colla Melosa 1541 m, lasciamo l'auto nel piazzale sottostante al rifugio Franco Allavena 1545 m della sezione CAI di Bordighera, punto d'appoggio di questi due giorni.

Dal parcheggio seguiamo per alcune centinaia di metri la strada, prima asfaltata e poi sterrata, alla prima curva imbocchiamo il sentiero che si stacca a destra (palina segnavia), che direttamente e più ripidamente, porta al già visibile rifugio Grai, appollaiato poco sotto la vetta del monte omonimo, è possibile raggiungere il rifugio anche seguendo la strada sterrata con percorso decisamente più lungo ma meno faticoso.
Continuiamo in leggera salita aggirando la montagna, la strada militare va infatti a tagliare uno scosceso e roccioso versante del monte Grai arrivando sul crinale dove corre il confine italo-francese giungendo al Col Bertrand 1961 m. Da qui proseguiamo per alcune centinaia di metri fino ad arrivare ad un importante bivio. Lasciata la pista militare che scende a destra, proseguiamo seguendo le indicazioni per i Balconi di Marta/Collardente.
Oltrepassiamo un alpeggio e in breve arriviamo alle Caserme di Marta, vecchi baraccamenti per ospitare le truppe al presidio del caposaldo, ormai completamente in rovina, ma molto suggestive, sia per la grandezza del complesso, sia per la splendida posizione in cui si trovano. Superata una sbarra, trascuriamo la sterrata a destra che conduce alla cima di Marta e continuiamo in piano verso sinistra, in corrispondenza di un colletto fra la Cima e i Balconi di Marta, inizia a piovere. Una volta ricoperto lo zaino e aperto l'ombrello seguiamo la sterrata in moderata salita, tagliando le pendici Est della montagna e raggiungendo l'ingresso dell'artiglieria, sottostante alle prese d'aria del gruppo elettrogeno.
Dopo la modifica del confine tra Italia e Francia sancita dal trattato di pace del 10 febbraio 1947 queste opere, assieme a tutte quelle dei dintorni, sono passate in territorio francese.
La parte visitata da noi corrisponde alla Batteria del Barcone, nota anche come 605ª Batteria S.P. (Sempre Pronta), è composta da quattro casematte d'artiglieria collegate ad una galleria trasversale di servizio alle cui estremità affluiscono due corridoi d'ingresso.
La visita interna dell'opera, nonostante sia stata spogliata di tutto il materiale trasportabile, risulta piuttosto interessante. Vista la notevole estensione dei locali sotterranei, si consiglia di non avventurarsi all'interno da soli e di munirsi di efficienti mezzi di illuminazione, prevedendo
lampade e batterie di riserva. A causa della presenza di correnti d'aria relativamente forti, si consiglia inoltre di coprirsi adeguatamente anche nella bella stagione. Usciti dall'ingresso della fanteria, notiamo che ha smesso di piovere, per cui decidiamo di raggiungere la vicina cima piatta dei Balconi di Marta 2123 m, per il rientro seguiamo il medesimo itinerario.

nei pressi del rifugio Grai, in lontananza il lago Tenarda


effetto temporale...!!!


interno delle fortificazioni


la mappa della parte delle fortificazioni visitate
Batteria del Barcone (605ª Batteria S. P.)


Il complesso fortificato si sviluppa orizzontalmente su una lunghezza di circa 550 m 
e su un dislivello complessivo di ben 135 m 
(corrispondente ad un palazzo di 45 piani!)


per maggiori informazioni:

domenica 21 luglio
Forse può essere definito uno degli itinerari  più spettacolari delle Alpi Liguri e forse uno dei migliori  della Liguria. L’anello si sviluppa attorno alle tormentate pareti calcaree del Monte Pietravecchia e del Monte Toraggio, in un'atmosfera a tratti dolomitica. Per i suoi tratti esposti, il sentiero non è alla portata di tutti ed è consigliato esclusivamente agli escursionisti esperti.
Oltre al paesaggio, a dir poco suggestivo, bisogna sottolineare la presenza di endemismi botanici particolari, caratterizzati dalla coabitazione di specie tipiche del clima mediterraneo e di quello alpino.

Dopo i temporali estivi del giorno prima, oggi il cielo è terso e c'è anche una leggera brezza che fa presagire che sarà una giornata che ricorderemo...
Dal rifugio 1545 m ripercorriamo il primo tratto fatto il giorno prima, ma invece che salire per il rifugio Grai proseguiamo sull'ex strada militare. Giunti in corrispondenza di un tornante a destra, abbandoniamo la strada sterrata e dalla Fontana Italo 1660 m seguiamo le indicazioni a sinistra per il "Sentiero degli Alpini". Questo tratto include parzialmente la tappa numero 4 dell'Alta Via dei Monti Liguri (Colle Scarassan-Sella d'Agnaira). Lungo l’ardito Sentiero degli Alpini, tra cenge e rocce verticali, sono state collocate corde fisse nei punti più esposti.
Sulla bacheca all'inizio del sentiero è affissa un'ordinanza che ne proibisce il transito a chiunque, la causa è il crollo di una parte della mulattiera durante l'anno, il crollo si trova poco dopo una sorgente perenne, noi l'abbiamo superato senza particolari problemi, rimane il fatto che comunque si tratta di un buco poco più di un metro, fortemente esposto a sinistra su un dirupo e con un roccia a destra leggermente sporgente, sconsigliamo a chi ha problemi di vertigini, ma chi ha intenzione di percorrere il "Sentiero degli Alpini" ha già messo in preventivo di non soffrirne…!!! Speriamo solo che la macchina burocratica non ci metta molto tempo a rimettere in sicurezza questo sentiero a dir poco spettacolare.
Bisogna prestare subito attenzione al superamento dell'alveo roccioso di due torrenti che troviamo in rapida successione a causa del pendio molto ripido, oltrepassato il secondo alveo, una fune in acciaio è di aiuto nel passaggio. È sconsigliato percorrere il Sentiero degli Alpini dopo periodi di forti piogge.
Ritornati nel fresco del bosco di larici in breve arriviamo a un bivio, tralasciamo il sentiero a destra da dove faremo ritorno e proseguiamo seguendo le indicazioni sulla palina segnavia per il Colle dell'Incisa. Usciti dal bosco pieghiamo decisamente sulla destra e improvvisamente si ha la sensazione di trovarsi nel vuoto. Ci troviamo ora in un ambiente più aperto e luminoso, con un ampio panorama sulla dirupata parete del monte Corma e sui contrafforti rocciosi del Pietravecchia. La mulattiera osteggia le prime bastionate di calcari nummulitici del Pietravecchia, il “2000” più meridionale delle Alpi.
Oltrepassata una sorgente perenne che sgorga da una spaccatura nel calcare "Fonte di San Martino" 1580 m, inizia la parte, senza dubbio, più spettacolare dell'itinerario che attraversa dapprima una breve galleria nella roccia, oltre alla quale si trova il tratto di sentiero franato, proseguiamo poi in un tratto scavato nella verticale parete che, strapiombante, precipita dalla vetta del Monte Pietravecchia.
Superiamo con l'aiuto di catene alcuni alvei rocciosi di corsi d'acqua che sicuramente creano problemi in caso di acquazzoni, continuando in leggera discesa, giungiamo nello stretto, ghiaioso e ripido valloncello della Gola dell'Incisa.
Questo tratto è esposto verso sud e non vi sono praticamente piante e la risalita può essere molto faticosa per il caldo, oltretutto una frana ha distrutto parte della mulattiera per cui bisogna seguire attentamente il percorso più agevole.
Giunti al termine di questa breve ma faticosa salita, dalla palina segnavia proseguiamo verso il Passo di Fonte Draguina, lungo un sentiero esposto, intagliato nella roccia, eseguito negli anni Trenta per consentire il passaggio di soldati e muli.
Oltrepassato il crinale orientale del Toraggio, iniziamo a perdere quota giungendo a un bivio tralasciamo a sinistra l’Alta Via dei Monti Liguri, che scende verso la Gola del Corvo, il monte Lega e il rifugio Muratone, e continuiamo a seguire il sentiero che risale i prati sovrastanti con alcuni lunghi tornanti.
Arrivati al Passo di Fonte Dragurina 1810 m ci concediamo una pausa, da qui si può raggiungere facilmente il M. Toraggio 1971 m, prima per una ripida traccia e poi per roccette, Danilo decide di salire io invece mi siedo, con i pensieri che volano mentre ammiro il panorama.
Siamo a circa meta del percorso e dopo un breve passaggio esposto, proseguiamo sul versante francese restando affascinati dai lanci secolari e dalle colorate macchie di rododendri. Giunti al colle dell'Incisa, l'itinerario prosegue sull'Alta Via dei Monti Liguri, puntiamo ad un colletto visibile in lontananza sulla cresta che degrada dalla Monte Pietravecchia in territorio francese, oltrepassato questo colletto, il sentiero piega decisamente verso destra iniziando una lunga salita all'interno di un magnifico bosco di larici, intervallato da radure occupate da praterie di rododendri.
All'uscita dal bosco arriviamo al passo della Valletta 1909 m al confine con l'Italia, qui abbandoniamo l'Alta Via e proseguiamo sulla strada sterrata alla destra del pannello didattico, dopo pochi minuti all'altezza di un tornante seguiamo il sentiero a destra contrassegnato da un triangolo rosso, volendo si può continuare sulla strada sterrata ma il suo sviluppo è decisamente lungo, il nostro consiglio se si vuole risparmiare tempo e fatica, è di fare il nostro medesimo percorso. In breve perdiamo rapidamente quota e arriviamo nei pressi di una fontana a lato della strada sterrata, continuiamo seguendo il sentiero all'interno del bosco e oltrepassata una vecchia baita in breve arriviamo al bivio incontrato al mattino. Da qui in poi ripercorriamo il medesimo itinerario fatto al mattino.
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

qualcuno oggi è particolarmente euforico...


uno dei tratti scavati nella roccia...


sentiero fiorito


si deve passare di qui ?!?



giovedì 18 luglio 2013

ll Cai, una storia lunga 150 anni


Le montagne uniscono (ed i fiumi dividono). Una massima che ha sempre avuto un grande valore per chi è nato o ha vissuto sulle Terre Alte. E quando Quintino Sella, nell'agosto del 1863, scalò il Monviso e pensò alla creazione di una società alpinistica, era accompagnato da Giacinto di Saint Robert e dal deputato calabrese Giovanni Barracco, perché la nuova creatura doveva essere nazionale, appena due anni dopo la proclamazione dell'Unità d'Italia. Formalmente il Cai, il Club Alpino Italiano, venne costituito a Torino il 23 ottobre del 1863, con 200 aderenti. Ed era la quarta società alpina europea.


Ora, però, si pongono nuove sfide. E non facili. La montagna del turismo di massa ha creato scompensi, anche tra chi vive nelle Terre Alte. Più business e meno cultura. Con le montagne che odorano di olio solare e non di fiori alpini. E con meno italiani sui sentieri più impervi e nei rifugi, dove aumentano gli alpinisti e gli escursionisti tedeschi, svizzeri, francesi, ed ora anche dell'Europa dell'Est. Italiani impigriti che non sono disposti a rinunciare alle comodità. Ma l'incapacità di capire il senso della rinuncia - prosegue Martini – si estende anche a chi considera le vette solo come una palestra: «Anche se il tempo sconsiglia l'ascesa, salgono lo stesso; perché han speso i soldi per la benzina e l'autostrada e non vogliono "sprecare" la giornata». Con le conseguenze inevitabili.
Oppure nascono i nuovi fenomeni, degli sky runner o del downhill. Con la montagna che, in fondo, rappresenta solo un piano inclinato dove mettersi alla prova correndo o scendendo con la bici. «Per noi – afferma il presidente del Cai – è fondamentale conoscere la montagna. E di corsa non si conosce nulla». E anche la crisi rischia di contribuire ad un approccio inadeguato. I soggiorni "mordi e fuggi" non sono l'ideale per capire un ambiente, una cultura, un modo di esistere. Con il rischio che dalla settimana di ferie ci si riduca ad un solo fine settimana. Per questo il Cai sta cercando di trovare nuove forme di collaborazione tra la montagna ed il piano, anche per rilanciare una presenza turistica in picchiata.

uno stralcio dell'intervista rilasciata al Sole 24 ore
Umberto Martini, presidente generale del Cai

domenica 14 luglio 2013

L'anello del Monte Sassone

Percorriamo la A26 fino a Gravellona Toce, quindi la SS33 del Sempione fino all'uscita di Masera e infine la SS337 della Valle Vigezzo. Arrivati a Santa Maria Maggiore prendiamo la strada che si stacca sulla sinistra alla nuova rotonda per Vocogno-Toceno-Craveggia, e da qui seguendo le indicazioni per La Vasca-Alpe Blizz, arriviamo dopo pochi minuti nell'ampio parcheggio davanti al rifugio La Vasca 974 m, dove lasciamo l'auto.
Dalla palina segnavia seguiamo le indicazioni per l'A. Marco / La Colla (M31/M45), passando accanto al rifugio, poco dopo imbocchiamo la bella mulattiera che immediatamente si inoltra nel bosco. Guadagnando quota alcuni tornanti giungiamo a un bivio con un vecchio cartello giallo collocato su un masso, proseguiamo a destra, per poi arrivare dopo pochi minuti a un successivo bivio. Tralasciamo la traccia che scende verso il torrente e proseguiamo a sinistra seguendo il sentiero che si inoltra nel bosco, poco dopo passiamo a lato di un bel torrentello che scorre lentamente formando alcune suggestive cascatelle. In questo tratto il percorso è poco evidente, per cui bisogna prestare un minimo d'attenzione, incrociato un'evidente sentiero proveniente da sinistra, proseguiamo in salita arrivando nei pressi di una costruzione in cemento. Tralasciato il sentiero a sinistra e iniziamo a scendere verso il torrente, che attraversiamo grazie a un ponte, dal lato opposto riprendiamo a salire giungendo in breve nei pressi di una palina segnavia. Continuiamo ora sull'evidente mulattiera (M31), la salita è piacevole e offre ampi panorami sui pascoli a forma di anfiteatro, un vero spettacolo della natura. Arrivati all'A. Marco Sotto 1544 m, dalla palina segnavia seguiamo il sentiero in salita a destra contraddistinto dai segni di vernice bianco/rossi. Purtroppo questo tratto è invaso dalla vegetazione e necessita di un po' d'attenzione, attraversati un paio di torrentelli, riprendiamo a salire, attraversiamo alcune belle radure tra piante di rododendri e mirtillo, e continuando a seguire i segnavia bianco/rossi sugli alberi giungiamo alle bellissime baite in posizione panoramica dell'alpe La Colla o localmente Ciudènt, cioè "che chiude" 1712 m. Accanto a un pannello didattico "I percorsi dell'uomo", purtroppo rovinato dall'usura del tempo, si può notare un roccia coppellata, un gneiss micaceo, localmente "Sas 'd la Lesna" (Sasso del Fulmine), è la più importante o almeno quella con il maggiore numero di coppelle, se ne contano in totale 128 tra coppelle e canaletti.
Dalla palina segnavia proseguiamo in direzione della Bocchetta del Rosario, da qui in poi il sentiero è inesistente e bisogna salire seguendo qualche labile traccia. Mantenendoci verso sinistra arriviamo alla bocchetta 1955 m che mette in comunicazione la Valle Vigezzo con i
Bagni di Craveggia e la Valle Onsernone. AI di là del valico possiamo notare la settecentesca cappelletta dedicata alla Madonna del Rosario ed affrescata dal pittore vigezzino Giuseppe Mattia Borgnis.
Proseguendo sulle tracce che costeggiano il versante verso la Val Vigezzo, raggiungiamo, attraversando pascoli e pietraie prima un intaglio a circa 2011 m e pochi minuti dopo percorrendo con qualche attenzione la cresta la Cima del Sassone 2086 m. Dopo una pausa più che meritata ammirando il panorama, scendiamo dal percorso di salita per poi risalire la cresta sud-est e in breve tempo raggiungiamo la vetta del Formalone 2063 m. Iniziamo la discesa e senza particolari difficoltà arriviamo alla Bocchetta di S. Antonio 1841 m, valico più utilizzato per raggiungere i Bagni di Craveggia.
Proprio sul passo si trovano la cappelletta e il rifugio, sul quale è posta una targa in memoria di tre finanzieri caduti durante il periodo bellico nel 1941.
Dalla palina segnavia proseguiamo lungo la mulattiera verso destra seguendo le indicazioni per La Vasca / Craveggia (M33). Dopo una lunga serie di tornanti arriviamo all’Alpe Cortignasco 1543 m e seguendo le indicazioni iniziamo a pardere quota velocemente. Oltrepassato un cancelletto (ricordarsi di richiuderlo) continuiamo nel riposante ed ombreggiato bosco, giunti in località Al Crest 1250 m, tralasciamo il sentiero a sinistra che scende e proseguiamo diritti, nel periodo in cui l'abbiamo fatto noi abbiamo trovato l'inizio del sentiero completamente invaso dalla vegetazione.
Poco dopo raggiunto nuovamente un bivio scendiamo a sinistra e in breve arriviamo sulla strada asfalta in vista del rifugio La Vasca, in breve attraversato il ponte arriviamo all'auto. Itinerario che richiede un buon allenamento e una buona esperienza di montagna, nel periodo in cui l'abbiamo fatto noi abbiamo trovato lungo il percorso la grandine caduta il giorno prima, un alpigiano ci ha raccontato che dalla quantità caduta sembra avesse nevicato...!!!
Malati di Montagna: Aldo, Fabio e Danilo

"Ringrazio la Vita
che mi ha Ospitato
anche Oggi."
Dorino Bon

bosco terapia...


acqua fonte di vita


Made in Val Vigezzo


Danilo e Aldo in cima al Sassone


il M. Sassone visto dal ...!!!


by Aldo







traccia gpx scaricabile


martedì 9 luglio 2013

Buio

foto by Kiran...


Scrivo nel buio 
dei sotterranei di certe stazioni,
crocevia di miliardi di battiti
che avanzano frettolosamente sfiorandosi,
ignorando i cumuli delle macerie
di esistenze crollate al loro fianco.

Scrivo sul buio
di certe strade in salita
colme dei detriti di menti sgretolate
schiacciate dai pesi che non hanno retto.

Scrivo sul buio 
ai piedi di pareti verticali
piene di respiri precipitati 
da estremi di polveri ed eccesso.

Scrivo nel buio perenne
di tunnel infiniti arredati per convenienza
da popoli di ex combattenti arresi.

Scrivo nel buio della politica
che somministra placebo
mentre si nutre di ego.

Scrivo sul buio
dei piazzali immensi
lastricati con i nomi
di anime paralizzate per sempre
dal senso del dovere.

Scrivo sul buio più buio
degli orizzonti di certi mari
che scrivono la libertà,
di certi mari che uccidono 
per sempre i sogni.

Scrivo sul buio
dei fogli bianchi di carta,
del loro destino magico
che da vita all’anima dell’inchiostro.

Scrivo nel buio
di questo mare che mi circonda
aspettando un raggio di luce
dal faro della speranza.

(Dorino Bon)

domenica 7 luglio 2013

In Valle del Cervo al rifugio Madonna della Neve

Per arrivare in Valle del Cervo percorriamo l'autostrada A4 verso Torino uscendo a Carisio e, seguendo le indicazioni, arriviamo a Biella. Proseguiamo sulla provinciale SP100 Biella-Piedicavallo fino ad arrivare a Rosazza 882 m. Oltrepassata la chiesa svoltiamo a sinistra sulla strada subito dopo il ponte sul torrente Pragnetta e proseguiamo fino a raggiungere l'ampio spiazzo sterrato dove lasciamo l'auto. 
La Valle del Cervo è la seconda vallata del Biellese per lunghezza, preceduta da quella del Sessera e seguita da quella dell'Evo, è anche conosciuta come Valle di Andorno: “Cervo” è infatti il nome del torrente che la percorre per tutta la sua lunghezza, mentre “Andorno” è l'antico nome della Comunità formata dai paesi che la compongono, e che in passato fu appunto guidata dal centro di Andorno Cacciorna. 
Ultimati i preparativi raggiungiamo la palina segnavia alla fine del parcheggio (E30 - GTA), proseguiamo sull'ampia mulattiera che conduce al colle della Gragliasca, parallelamente al torrente Pragnetta. Arrivati a un bivio abbandoniamo la mulattiera e alla palina segnavia svoltiamo a destra seguendo le indicazioni per Selle - Desate (E32 - GTA). Iniziamo a salire guadagnando quota gradualmente fino a raggiungere Desate 1101 m, un bellissimo villaggio con quasi tutte le case ben ristrutturate. Dopo esserci rinfrescati alla fontana, passiamo accanto alla chiesetta e seguendo gli evidenti segnavia saliamo lungo le strette vie tra le case. A monte del paese oltrepassiamo le ultime baite iniziando a inerpicarci nel bosco in gran parte composto da faggi e maggiociondoli che con la loro fioritura e profumo rendono il percorso gradevole. Usciti dal bosco iniziamo a vedere gli alpeggi dell’alpe Vernetto che raggiungiamo con un traverso in leggera salita. Transitiamo tra le baite e in pochi minuti, con un ultimo strappo, arriviamo alle Selle di Rosazza ed al rifugio Madonna della Neve 1480 m. 
Aperto nel 1994, è posizionato quasi al centro topografico del sistema montuoso che costituisce il grande catino dell'alta valle Cervo. E' adagiato su due selle (le Selle di Rosazza), e affacciato sul torrente Cervo e sui comuni di Rosazza e Piedicavallo con un balcone (Balcun) naturale. E' in quella posizione fin dal 1840, ultimo baluardo di un lembo di terra che nasce, a monte, dalla Punta della Gragliasca 2412 m. 
Raggiungiamo il sovrastante Oratorio della Madonna della Neve, fatto edificare nel 1846 da Antonio Rosazza Gianin che lo cedette poi alla parrocchia. Proseguiamo verso l'alpe Brengola seguendo il sentiero contrassegnato con dei bolli rossi, raggiunto il bivio tralasciamo il sentiero verso l'alpe e iniziamo la ripida ascesa seguendo le indicazioni verso il Colle Irogna. Passiamo tra i rododendri in fiore e con qualche facile passaggio tra le rocce raggiungiamo il promontorio, dal quale ha inizio la cresta verso il colle. Decidiamo di fermaci, sotto di noi possiamo vedere i ruderi dell'alpe Brengola  e tutta la valle del Cervo, purtroppo le cime delle montagne sono coperte dalle nuvole, ma il bello della montagna è anche questo...
Ritornati al rifugio ci concediamo una tazza di tè caldo e una fetta di una squisita crostata di mirtilli, passando qualche minuto in compagnia di Alberto e della moglie, che ci raccontano le difficoltà quotidiane ma anche le grandi soddisfazioni nel gestire il rifugio.
Dopo la sosta scendiamo verso nord, di fronte al rifugio, per il sentiero E40-GTA, con un traverso in leggera discesa arriviamo ad alcuni ruderi sottostanti, posti su un balcone naturale. Da qui il sentiero abbandona la cresta e con una lunga serie di tornanti inizia a perdere quota fino ad arrivare al bellissimo ponte in pietra sul torrente Cervo, denominato "Ponte Coda", oltre il quale arriviamo al parco Ravere a Piedicavallo.
Seguiamo via Roma e poi ci infiliamo tra le viuzze strette del paese. Dopo la visita alla chiesa dedicata SS Michele e Grato, usciamo dal paese e proseguendo per circa 3 km su strada asfaltata arriviamo alle porte di Rosazza. Qualcuno definisce Rosazza la “Rennes-le-Château” d'Italia, un borgo misterioso capace di attirare quanti hanno qualche interesse per i luoghi esoterici e, appunto, misteriosi. 
Poco prima del semaforo, che alterna il traffico della stretta via centrale, seguiamo sulla destra un vicolo acciottolato accanto alla fontana. Struttura e architettura, riconducibili alla massoneria, sembrano evocare formule magiche ed esoteriche … forse il paese è stato disegnato dagli spiriti, in ogni caso è piacevole attraversarlo.
Arriviamo in breve al caratteristico castello di Rosazza con la sua torre Guelfa e poco dopo all'auto.
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

"Nel 1883 Federico Rosazza Pistolet avviò la costruzione della torre guelfa con la palazzina, costituente il primo lotto di lavori del castello, che ampliò in due successive riprese con altri edifici e completò solo nell'anno della morte (1899) con la grande galleria in cui intendeva esporre i suoi quadri. Il progetto di Giuseppe Maffei sviluppa il tema dell'estetica della rovina, che sarà ripreso anche in altri lavori; qui fece realizzare murature sbrecciate, trattate con acido nitrico, finti colonnati e architravi di immaginari templi di Paestum. L'accesso al giardino riproduce l'arco di Volterra, dove tre teste di valligiane, con una stella a cinque punte tra i capelli, richiamano le analoghe sculture dei giovani Lari della struttura della città toscana. Le false rovine del tempio di Paestum collocate ai bordi del laghetto sono state asportate assieme a uno dei due orsi scolpiti in pietra locale, dalla piena del torrente Pragnetta, che nel maggio del 1916 penetrò nei locali del castello; sono rimasti alcuni resti nel parco comunale, nei pressi della fontana della Valligiana." (Dal cartello informativo)




...


Maggiociondoli o Lugliociondoli...?!?


verso il colle Irogna


tra le vie di Rosazza...