Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

martedì 26 agosto 2014

Le Dolomiti dimenticate

Queste Dolomiti Friulane, dove ancora non nevicava firmato, e piove sempre in bianco e nero, non sono seconde a nessuno. In più godono di poca frequentazione quindi scarso rumore e molta tranquillità, pregi scomparsi quasi dappertutto. Montagne, valli, gobbe, spine dorsali da percorrere a piedi con calma...
Mauro Corona


Non è un trekking, ma un viaggio alla ricerca del proprio io originario e primitivo, qui si può camminare per ore e ore senza incontrare anima viva, nel silenzio più totale, d'altronde siamo sull'Alta Via dei silenzi! Noi abbiamo preferito percorrere l'anello in senso antiorario in quattro giorni, ma volendo si può spezzare l'ultima tappa pernottando al rifugio Pagherini. È un trekking intenso e tecnicamente difficile, che richiede un’ottima esperienza escursionistica,  da affrontare con tempo buono, noi fortunatamente in quest'estate pazza abbiamo preso l'acqua solo dal rifugio Giaf al Padova.
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

Il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane è un'area protetta del Friuli Venezia Giulia. Viene istituito definitivamente nel 1996 come parco naturale regionale e si estende per 36.950 ettari in un'area che, grazie al suo elevato grado di wilderness, è fra le più belle e interessanti dell'intera regione.




dettagli e traccia gpx


22 agosto 2014
Ponte Giaf 1040 m - Rifugio Giaf 1400 m (E)
Anello di Bianchi - Itinerario naturalistico dedicato alla memoria della guida alpina fornese Ugo Coradazzi detto 'Bianchi' (E)

Accesso stradale: dal Passo della Mauria scendiamo verso Forni di Sopra e, circa 2 km prima del paese in località Chiandarens, svoltiamo a destra seguendo le indicazioni per il Rifugio Giaf. Proseguiamo per circa un altro chilometro e mezzo fino al parcheggio prima del ponte sul torrente Giaf 1000 m, da qui in poi la strada diventa sterrata e il traffico è consentito solo al personale del rifugio.
Descrizione: oltrepassato il ponte iniziamo a salire percorrendo un lungo tratto ripido su di una massicciata di pietre cementate, al primo tornante seguiamo sulla destra il sentiero 346 che, risalendo lungo il torrente, in meno di un'ora conduce al rifugio Giaf 1405 m. La struttura sorge su un ripiano boscoso alla base del Coston di Giaf nell’omonima valle.
Dopo aver conosciuto i gestori del rifugio, decidiamo di iniziare a prendere confidenza con il Parco delle Dolomiti Friulane percorrendo l'Anello di Bianchi. L’itinerario è dedicato alla memoria del fornese Iginio Coradazzi “Bianchi”, guida alpina e pioniere dell’alpinismo fornese, al quale è stata anche dedicata una cima a NE del Monte Vallonut. Assieme a lui viene ricordata in questa occasione l’intera famiglia “Bianchi”, che per molti anni ha gestito il Rifugio Giaf.
Alleggerito lo zaino, ci dirigiamo verso il grosso chiodo da roccia in legno, che ricorda i 60 anni del rifugio (1947-2007), seguiamo il sentiero per un breve traverso nel bosco, per poi riprendere a salire su fondo sassoso verso la Forcella Scodavacca. Dopo pochi minuti giunti a un bivio abbandoniamo momentaneamente il 346 per continuare a destra seguendo l'indicazione "Anello Truoi di Bianchi" (l'itinerario è contrassegnato da una forma d'albero di colore rosso). Iniziamo a salire in diagonale e dopo un primo tratto martoriato da una valanga caduta durante l'inverno, entriamo in un bel bosco misto di conifere e latifoglie. Il sentiero inizia quindi a risalire le balze del Monte Boschet e anche se le nuvole coprono gran parte delle cime, lo spettacolo rimane ugualmente suggestivo. Arrivati ad un marcato costone, il tracciato guadagna quota con regolari tornanti raggiungendo un balcone naturale affacciato sulla valle di Forni di Sopra 1640 m. Riprendiamo il cammino e dopo aver attraversato una zona di pini mughi rientriamo nuovamente nel bosco, Con alcuni tornanti affrontiamo l'ultimo strappo arrivando sul pianoro detto del Cason dal Boschèt 1707 m, qui tra i larici si può notare un capitello molto caratteristico dedicato a Gildo Canova. Scendiamo verso sinistra, tralasciando i segnavia del sentiero 340, dopo un primo tratto nel bosco usciamo all'aperto e continuiamo in leggera discesa sul Coston dal Boschet lungo una piccola cengia dove bisogna porre un minimo d'attenzione. Oltrepassata una rudimentale panchina, percorriamo un lungo traverso e dove il bosco riprende il sopravvento sui mughi incrociamo nuovamente il sentiero 346 (possibilità di rientro al rifugio Giaf). Riprendiamo a salire fino a raggiungere il bivio successivo a circa 1660 m, purtroppo una pioggerella fastidiosa ci costringe ad aprire l'ombrello, senza demordere, abbandonato definitivamente il sentiero per la forcella Scodavacca svoltiamo a sinistra iniziando l'attraversamento in direzione Sud della zona denominata "Las Busas di Giaf". Una serie di infossature erbose ricche di fiori e piante di ogni specie. Giunti a un bivio seguiamo le indicazioni su un sasso piegando a sinistra (342), arrivando in breve a toccare il punto più alto dell’escursione a quota 1732 m. Iniziamo a perdere quota al margine di un esteso ghiaione, per poi continuare sotto le pendici della Torre di Forni, poco dopo incrociamo il sentiero 354 che dal rifugio Giaf sale direttamente alla forcella da las Busas, posta alla testata della val Monfalcon di Forni. Proseguiamo verso l'evidente intaglio in corrispondenza di uno spuntone roccioso che raggiungiamo in pochi minuti. Scendiamo affrontando con cautela il tracciato ricavato sul ripido pendio e attrezzato con un cavo metallico. Proseguiamo fra i mughi per poi immetterci sul sentiero 342 che sale verso la F.la Cason e Biv. Marchi Granzotto. Seguiamo il sentiero in discesa lungo un'infossatura giungendo a un bivio con una palina segnavia, ignoriamo il sentiero 361 a destra, con il quale faremo ritorno l'ultimo giorno (F.la Urtisiel - C.ra Val Binon) e continuiamo a scendere con una lunghissima serie di gradini in legno. Entrati nel bosco, dopo pochi minuti seguiamo un sentiero a sinistra, che in breve ci riporta al rifugio Giaf. A cena nel rifugio siamo solo quattro, due escursionisti tedeschi provenienti dalla Baviera e noi; come primo piatto ci vengono servite delle squisite tagliate condite con della ricotta affumicata, un tipico piatto della Carnia.

salendo al rifugio Giaf


sull'Anello Truoi di Bianchi


Inaugurato nel 1947, il Rifugio Giaf 1400 m appartiene al Comune di Forni di Sopra ed è stato affidato alla omonima Sezione del CAI. 
Un tempo sul luogo esisteva una malga; i lavori per la trasformazione in rifugio iniziarono nel 1938 ad opera della Guida Alpina Iginio Bianchi Coradazzi (che in quei luoghi faceva il pastore), con l'aiuto della moglie e dei figli. Nel trasporto del materiale dal fondo valle collaborarono anche alcuni volenterosi del paese di Forni di Sopra; ciò permise anche la costruzione della cappella votiva in memoria di Erminio Cella.


Le pitture murali dell’artista Paolo Zanussi, eseguite verso il 1970, rappresentando alcune situazioni tipiche della vita friulana di un tempo (l’osteria, la vecchia cucina friulana, la pigiatura dell’uva, la marcia degli alpini ecc.) rendono la sala un ambiente unico e originale.





23 agosto 2014
Rifugio Giaf 1400 m - Forcella Scodavacca o Giaf 2043 m - Rifugio Padova  1287 m (E)

Descrizione: Oggi le previsioni meteo non sono molto incoraggianti, per cui decidiamo di affrontare il percorso più breve del trekking, che ci condurrà  al rifugio Padova. Salutati i gestori, alle 8.00 iniziamo a incamminarci verso la forcella Scodovacca seguendo il sentiero 346, in parte già percorso il giorno prima. Dopo circa 40 minuti dalla partenza inizia a piovigginare, coperto lo zaino e aperto l'ombrello riprendiamo il cammino, seguendo sempre l'evidente sentiero. Nei rari momenti in cui le nuvole si diradano possiamo ammirare il suggestivo scenario delle pareti dolomitiche che ci circondano, a destra la rossa parete della Torre Spinotti e poco più avanti sulla sinistra la slanciata Torre Berti. Purtroppo la pioggia aumenta e con essa il rischio di scivolare sugli insidiosi sassi del sentiero. Ad accompagnarci per un lungo tratto come fortezze nella nebbia, le verticali pareti del Cridola e dei Monfalconi. Arrivati a un grande masso tralasciamo il sentiero dismesso a sinistra per Las Busas e proseguiamo seguendo le indicazioni sul masso (Forcella Scodavacca 346 - Biavacco Marchi Granzotto 354). Risaliamo alcuni ripidi ghiaioni detritici e tra le nuvole arriviamo alla Forcella Scodavacca 2043 m. Probabilmente uno delle forcelle più conosciute e frequentate, mette in comunicazione la Carnia con il Cadore, la valle del Tagliamento con quella del Piave. Il nostro programma originalmente prevedeva una deviazione alla Tacca del Cridola seguendo il sentiero 344, ma oggi viste le condizioni meteo è meglio proseguire per il rifugio Padova. Iniziamo a scendere nella Val Prà di Toro, dapprima moderatamente in un corridoio fra le rupi del Cridola e le frastagliate propaggini occidentali dei Monfalconi di Forni e poi più ripidamente fra i mughi, su terreno reso insidioso dalla pioggia. Arrivati a una palina segnavia tralasciamo a sinistra il sentiero 342  per la Val d’Arare, che percorreremo il giorno seguente e proseguendo a lato del torrente dopo pochi minuti giungiamo a un bivio, continuiamo a sinistra attraversando subito dopo il torrente. Entrati in un bel bosco dopo qualche saliscendi, arriviamo alla bucolica località Prà di Toro 1300 m, dove a poca distanza è adagiato il bellissimo rifugio Padova, col suo tetto rosso sembra quasi essere uscito da un libro di racconti dei fratelli Grimm. Visto il tempo e pensando alle fatiche che ci aspettano nella tappa successiva ci concediamo un pomeriggio di assoluto riposo, cioè un sonnellino pomeridiano. Dopo qualche ora scendiamo a controllare la situazione meteo, nulla è cambiato, pioviggina. Decido di aggiornare il diario di viaggio e nel frattempo ordino un tè caldo e una bella fetta di torta alle mele appena sfornata. La montagna non è solo fatica e sudore, ma anche momenti di relax in compagnia di persone che condividono la tua stessa passione, come il simpatico signore toscano che per le sue vacanze da molti anni decide di passare almeno una settimana in questo rifugio. Degni di nota i funghi porcini, apparsi come una visione nel tardo pomeriggio, bagnati e odorosi, appoggiati su un tavolo in attesa di essere puliti e naturalmente cucinati. Verso sera torna il sereno, non ci sono nubi e, poco prima che il sole sparisca, come un regalo inaspettato, gli Spalti di Toro vengono illuminati dal sole e per pochi minuti è come se prendessero fuoco, dopo tanti anni rimangono ancora stupefatto da tanta bellezza e penso che alla fine anche se abbiamo preso tre ore e mezza ore di pioggia, tutto sommato ne valeva la pena...



Forcella Scodavacca o Giaf 2043 m
"La più visibile, la più conosciuta, la più frequentata delle forcelle. Oltre a collegare due rifugi, Giaf-Padova, due paesi (Forni di Sopra-Domegge) e due sistemi dolomitici (Cridola-Monfalconi) questo enorme, geometrico valico dirime due sistemi idrografici (Piave-Tagliamento) e due aree alpine (Carnia-Cadore). Una enorme finestra circondata da incredibili pareti, torri, guglie e campanili." 
(I monti dei Forni Savorgnani, di Alfio Anziutti “Timilin”, ed. Tamari)


Tanti sono i ricordi di questo trekking che mi porterò a lungo nel cuore, ma dopo che ha piovuto per tutto il giorno, poter ammirare gli Spalti di Toro illuminati dagli ultimi raggi di sole, è davvero qualcosa di unico...  


Il rifugio Padova sorge in una radura ai piedi della catena dei Monfalconi e Spalti di Toro a 1300 m.
È stato costruito nel 1910 dalla sezione del CAI di Padova. Costò 10 mila lire. Poi, nell’inverno del 1931 una valanga lo distrusse. La ricostruzione avvenne nella primavera e nell’estate dello stesso anno. 
Nel 1990 il sindaco Flaminio Da Deppo decise di acquistare il rifugio dalla sezione Cai di Padova. E così, dal 1990, il rifugio appartiene alla comunità di Domegge.


24 agosto 2014
Rifugio Padova  1287 m - Val d'Aràde - Forcella Montanaia, 2333 m - Forcella Cimoliana 2183 m - Biv. Giuliano Perugini 2060 m - Campanile Val Montanaia 2173 m - Val Montanaia - Rifugio Pordenone 1249 m (EE)

Descrizione: la mattina è splendida e il cielo momentaneamente è privo di nuvole, dopo l'abbondante colazione alle 8.00 siamo già in cammino, la temperatura durante la notte è scesa, permettendoci così di poter camminare queste prime ore senza dover sudare troppo. Ripercorriamo il sentiero 346 fatto il giorno prima, farlo senza pioggia sembra quasi di percorrere un sentiero completamente diverso. Ci riscaldiamo i muscoli percorrendo un primo tratto in leggera ascesa in un suggestivo bosco di faggi, dopo un tratto in cui la pendenza aumenta giungiamo al bivio incontrato il giorno precedente. Proseguiamo a destra seguendo i segnavia 342 per la Forcella Montanaia, gradualmente il bosco lascia il posto ad una rada boscaglia, arrivati al bivio successivo, tralasciamo il sentiero a sinistra per il bivacco Marchi-Granzotto (eventuale alternativa) e proseguiamo verso la forcella Montanaia e il bivacco Perugini seguendo il segnavia 353. La vegetazione ben presto finisce e ci ritroviamo in un ambiente severo, dove la vegetazione cede il posto a massi e ghiaioni che scendono dai canaloni circostanti. Cominciamo a risalire il ghiaione tra la Cima Both e i Monfalconi di Montanaia, il primo tratto sale senza eccessiva pendenza, ma una volta entrati nel canalone la situazione cambia radicalmente. La traccia quasi scompare e la salita diventa ad ogni passo sempre più ripida, negli attimi in cui prendiamo fiato attorno a noi ci sono solo pareti rocciose frastagliate e guglie che si innalzano verso il cielo che per ora rimane azzurro. Il nostro consiglio è di rimanere il più possibile verso destra, accostati alle rocce, in modo tale da poter avere più stabilità sotto i piedi e avere qualche punto in cui appigliarsi. Gli ultimi 150 m di dislivello sono i più duri, i bastoncini servano a poco e conviene riporli nello zaino, riprendiamo la traccia di salita e giunti a un grosso monolite, voltandoci dietro possiamo godere di un bel panorama sulla Val Domegge. Pochi passi ancora ed eccoci finalmente alla Forcella Montanaia 2333 m, purtroppo le nuvole ricoprono il Campanile di Val Montanaia, ma poco importa la soddisfazione d'essere arrivati fin qui e l'ambiente che ci circonda ripagano la tanta fatica. Iniziamo a scendere alla sinistra del ghiaione e dopo pochi minuti abbandoniamo la traccia che scende verso il bivacco Perugini e seguendo alcuni ometti rimaniamo in costa fino a raggiungere la Forcella Cimoliana 2183 m, un altro intaglio dolomitico che mette in comunicazione la Val Montanaia con la Val Monfalcon di Cimoliana. Una targa metallica indica l'inizio a sinistra del sentiero attrezzato dedicato a Piero Taiariol, pioniere dell'Alpinismo Pordenonese, attualmente il sentiero risulta essere stato dismesso e senza manutenzione. Iniziamo ora la discesa verso il bivacco seguendo labili tracce, su ghiaioni instabili, scendendo le nuvole si diradano offrendo ai nostri occhi la spettacolare visione sul Campanile di Val Montanaia. Giunti sul sentiero che sale verso alla forcella Montania in pochi minuti arriviamo al Bivacco Perugini 2060 m, dove a poca distanza possiamo osservare la maestosa guglia di selvaggia e spettacolare bellezza del Campanile di Val Montanaia, simbolo del Parco delle Dolomiti Friulane. Un caso quasi unico, si erge solitario al centro di un circo erboso, ben isolato dalle cime circostanti, alto più di 300 metri e con una base di 60. Ci fermiamo per qualche minuto al centro del grandioso palcoscenico dolomitico formato dalle guglie e i torrioni degli Spalti di Toro, Cima Emilia, le creste del Monfalcon di Montanaia e Croda Cimoliana. Seguiamo il sentiero a sinistra, passiamo sotto alla parete sud del campanile e dopo qualche tornante arriviamo al bivio con il sentiero alpinistico Luciano Micheluz che lasciamo a sinistra, per continuare con ampie svolte su comodo sentiero rinforzato da tronchetti, mentre a destra possiamo ammirare le maestose pareti degli Spalti di Toro. Dopo un tratto risistemato con sassi a formare dei gradini, arriviamo al tratto in cui bisogna porre un minimo d'attenzione a qualche tratto esposto con ghiaino, si tratta di un ripido e incassato canale roccioso, dove scorre un torrente. Ci voltiamo per ammirare per l'ultima volta il Campanile, per poi scomparire dietro alle pieghe della montagna. Raggiunto il solco ghiaioso della Val Montanaia, iniziamo a ridiscenderlo seguendo gli ometti, il primo tratto è caratterizzato da ghiaie instabili, per poi proseguire su detrito grossolano che nonostante l’apparenza risulta abbastanza stabile. Arrivati alla palina segnavia, proseguiamo seguendo il sentiero 353, entrando in un bel bosco di abete rosso, abete bianco e faggio. Compiendo alcune svolte su comodo sentiero rinforzato e gradinato giungiamo finalmente al rifugio Pordenone 1249 m, c'è parecchia gente arrivata dal vicino parcheggio e compiendo poi una breve camminata, fortunatamente verso sera se vanno tutti lasciando il rifugio nel silenzio delle montagne.

dalla Forcella Montanaia
il Cridola si erge poderoso sulla selvaggia Val d'Arade


Il bivacco Giuliano Perugini sorge a 2060 m circa, su un dosso erboso a nord del Campanile di Val Montanara. Eretto nel 1961 dalla Società Alpina delle Giulie e dalla sezione XXX Ottobre del CAI di Trieste sotto il patrocinio della Fondazione Antonio Berti, dedicato alla guida friulana Giuliano Perugini perita l’anno prima in montagna (posti letto 9).


È “il monte più illogico” di Compton, “il Santuario delle Alpi Clautane” di Hübel, “la pietrificazione dell'urlo di un dannato” di Cozzi, “il mostro roccioso” di Bleier, “il campanile più bello del mondo” di Casara.



Il Rifugio Pordenone sorge a 1249 m, alla confluenza tra la Val Montanaia e la Val Meluzzo sul promontorio boscoso alle pendici di Cima Meluzzo, nel gruppo degli Spalti di Toro-Monfalconi.
Il 3 ottobre del 1928, il Consiglio Direttivo della Sezione di Pordenone, deliberò la costruzione di un rifugio in località Pian Meluzzo in fondo alla stretta e tortuosa Val Cimoliana nelle Alpi Clautane.
Con il passare degli anni la viabilità della valle venne migliorata con la costruzione della nuova strada della Val Cimoliana, che portò a un incremento notevole dell’afflusso di automezzi e di alpinisti che frequentavano i monti attorno al rifugio. La vecchia capanna divenne presto insufficiente ad accogliere tutti e si iniziò a considerare l’ipotesi di un ampliamento del rifugio per poter soddisfare le nuove esigenze.
L’8 ottobre del 1961 ebbe luogo l’inaugurazione e fu ancora la signora Pia Tallon Baschiera a fare da madrina alla nuova struttura.




25 agosto 2014
Rifugio Pordenone 1249 m - Val Postegae - Val di Guerra - Cason della Valle dell'Inferno 1791 m - Passo del Mus 2063 m - Truoi dai sclops (Sentiero delle Genziane) - Forcella Fantulina Alta 2107 m - Forcella dell'Inferno 2175 m - Forcella Val di Brica 2088 m -  Praterie di Canpuros - Forcella Urtisièl 1990 m - Ponte Giaf 1040 m (EE)

Descrizione: dal Rifugio Pordenone partiamo alle ore 8.15 circa, purtroppo constatiamo che le previsioni meteo sono sbagliate, anche Marika che gestisce il rifugio rimane alquanto sorpresa. Salutati i due simpaticissimi gestori, scendiamo seguendo le indicazioni per Meluzzo, arrivati sulla strada sterrata proseguiamo a sinistra (a destra in breve si arriva al parcheggio). Ci inoltriamo nell'ampia Val Meluzzo seguendo un tratturo, dopo qualche minuto oltrepassata l'omonima casera 1169 m, attraversiamo un torrente in secca, per poi proseguire in un boschetto oltre il quale in breve raggiungiamo un bivio. Tralasciamo il sentiero a sinistra per Caseruta dei Pecoli 361 e per la casera Val Binon (valida alternativa in caso di brutto tempo) e continuiamo seguendo il sentiero 362 per la Val Postegae/Val Infern/Val de Guera, Passo del Mus (362), F.la Pramaggiore (362-366). La stradina quasi sparisce in mezzo alle ghiaie portate giù dalle piene, ma il percorso è comunque intuibile e alcuni omisi ne danno sempre la giusta direzione, dopo pochi minuti riappare la stradina per poi terminare poco più avanti. Imbocchiamo il sentiero a sinistra che sale nel bosco (362), per poi proseguire alternando tratti in piano a tratti in leggera salita, rimanendo alti sul torrente che scende dalla Val dell'Inferno, formando alcune belle pozze cristalline. Scesi sul greto sassoso il sentiero inizia a risalire ripidamente nel bosco lungo la Val dell'Inferno, per poi piegare a sinistra risalendo la Val di Guerra. A termine del bosco, in corrispondenza di una palina segnavia tralasciamo il sentiero 366 che sale a destra verso la forcella Pramaggiore e continuiamo a seguire il 362. Risaliamo la valle costellata da enormi massi e racchiusa tra alte pareti che spariscono tra le nuvole, tralasciata una traccia a sinistra, proseguiamo percorrendo un ripido traverso su pietraie, arrivando finalmente al Passo del Mus 2063 m. Anche se le nuvole avvolgono le cime circostanti, il panorama attorno è davvero molto suggestivo, sia sul canalone che scende ripido verso la Val di Suola e al rifugio Flaiban Pacherini, che sul vicino Torrione Comici (2260 m) sul quale si sviluppa l'ardita Ferrata Cassiopea. Dopo una doverosa pausa contemplativa, riprendiamo il cammino seguendo il sentiero per la F.la dell'Inferno sent. 369, immettendoci ora sul Truoi dai Sclops (Sentiero delle Genziane), un lungo sentiero naturalistico in alta quota che congiunge il Rif. Flaiban Pacherini con il Rif. Giaf. Contorniamo la base della P.ta del Mus, oltrepassato un ripido pendio friabile, dove occorre porre un minimo d'attenzione e arrivati in cresta, in breve giungiamo alla poco marcata Forcella Fantulina Alta 2107 m. Tralasciato un ulteriore sentiero che scende verso la Val di Suola, riprendiamo a salire e con un ultimo strappo su terreno instabile arriviamo alla Forcella dell'Inferno 2175 m, situata tra alcuni suggestivi torrioni rocciosi, iniziamo ora a scendere verso l'alta Val di Brica, ed ecco che all'improvviso le nuvole si diradano facendo apparire il gruppo dei Monfalconi. Scendiamo verso il caratteristico spuntone del Mus di Brica, oltrepassato il quale giungiamo a un bivio, lasciato a sinistra il sentiero che scende verso Cason di Brica set. 379, continuiamo percorrendo un traverso in falsopiano, al termine del quale ricominciamo a salire, prima leggermente e poi ripidamente in mezzo ai mughi fino ad arrivare alla F.la Val di Brica 2088 m, dominata da un caratteristico torrione ritorto, sul lato opposto dal quale siamo arrivati possiamo ammirare il ripiano prativo del Camporosso. Lasciata anche questa forcella alle nostre spalle scendiamo prima su ghiaie e poi per rado bosco verso Camporosso, che raggiungiamo dopo qualche minuto 1945 m. Tralasciato il sentiero a destra per la F.la Lavinal set. 367, attraversiamo i pascoli e in falsopiano raggiungiamo la soglia inferiore, da dove scendiamo giungendo a un bivio con palina segnavia, tralasciamo il sentiero che scende verso Caserut Pecoli/C.ra Meluzzo, proseguiamo a destra verso la F.la Urtisiel/rif. Giaf set. 369. Il sentiero prosegue fra i mughi e dopo un lungo traverso in moderata ascesa arriviamo in un conca erbosa, rimontiamo il pendio con alcuni tornanti fino a raggiungere tra le nuvole la F.la Urtisièl 1990 m, iniziamo ora la ripida discesa su ghiaie, prima con stretti tornanti e poi man mano su sentiero più agevole. Arrivati al bivio da cui siamo transitati il primo giorno percorrendo l'Anello di Bianchi, ripercorriamo il medesimo sentiero fatto fino ad arrivare al parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto. Per non affrontare dopo questa lunga giornata il viaggio di ritorno, approfittiamo dell'ospitalità di Nadia, la figlia di Danilo che da anni ormai vive in Friuli insieme a Noris per trascorrere la notte. Un trekking entusiasmante, in ambienti severi, dove bisogna avere una buona condizione fisica e dimestichezza nell'affrontare sentieri non sempre agevoli, ma che alla fine arricchisce e fa capire quanto siano splendide e meravigliose queste "Dolomiti dimenticate…"

Torrione Comici - Torre Pacherini


TRUOI DAI SCLOPS
Questo spettacolare percorso riassume molte delle caratteristiche più interessanti delle Dolomiti Friulane: dalle pareti verticali del gruppo del Pramaggiore e dei Monfalconi di Forni alle tranquille praterie alpine, dalla vegetazione dei boschi di fondovalle ai fiori rari o endemici delle alte quote, dagli incontri con stambecchi e camosci ai segni che l’uomo ha lasciato su questi monti.




martedì 19 agosto 2014

Il più basso quattromila del Monte Rosa: la punta Giordani

Nonostante le condizioni avverse di questo agosto, decidiamo di andare a fare un giro in quota. Prendiamo l'autostrada in direzione Gravellona Toce e successivamente in direzione Genova per uscire a Romagnano Sesia. Proseguiamo in direzione Alagna Valsesia fino a raggiungerne il posteggio. Prendiamo gli impianti di risalita dapprima fino a Cimalunga successivamente fino al passo dei Salati (valico tra la Valsesia e la valle di Gressoney) e infine raggiungiamo punta Indren (3275 mslm).
Usciti dagli impianti raggiungiamo il ghiacciaio e successivamente ci prepariamo calzando i ramponi, imbragandoci e legandoci in due cordate. Seguiamo l'ampia traccia che risale il ghiacciaio d'Indren in direzione NE. Arrivati a circa 3500 mslm la traccia piega a sinistra e successivamente a destra al fine di evitare un bastione roccioso con sovrastante un seracco. Si arriva, a questo punto, sul tratto più ripido dell'itinerario. Si prosegue su un lungo traverso andando verso destra fino a raggiungere la cresta nevosa pianeggiante. Mancano ormai propri metri al raggiungimento della Madonnina presente sulla vetta. Si scavalcano alcune roccette e si raggiunge la cima (4046 mlsm). Attenzione al versante sopra Alagna, in quanto molto esposto.
Le condizioni del ghiacciaio sono ottimali.

Attrezzatura necessaria: ramponi, imbrago, corda, picozza
Difficoltà: F+
Tempi di salita: 2/3 ore

Malati di Montagna: Alessandro, Davide, Simone Simeone


Arrivo della nuova funivia di Punta Indren

Difronte la Piramide Vincent sulla destra la Punta Giordani

Spettacolare visione del ghiacciaio di Bors: sulla destra la punta Vittoria sulla sinistra la Cresta del Soldato

Il seracco sotto la Piramide Vincent e sulla destra la Punta Giordani

L'ultimo traverso

L'ultimo tratto dell'itinerario prima della vetta

La cresta della Giordani: da dx a sx Punta Gnifetti, Parrotspitze, Ludwigshoe; Schwarzhorn

La cima della Giordani con la Madonnina

Foto di gruppo

domenica 17 agosto 2014

Mont Vertosan quasi un 3000 da togliere il respiro...!!!

Partiamo da Vétan dessus seguendo un sentiero pieno di sorprese, oltre allo splendido colpo d'occhio sulla Grivola 3969 m ed il ghiacciaio del Rutor, ad accompagnare i nostri passi  una serie di sculture lignee fanno bella mostra di loro. Ben presto arriviamo al rifugio Mont Fallère adagiato nella bucolica conca  tra il Mont Fallère e il Monte Rosso di Vertosan. Una nuova struttura che rispecchia le tipiche baite di montagna, per la sua costruzione, sia all'esterno che all'interno sono stati usati legni vecchi dismessi. La cura nei particolari e le opere d’arte di Siro Viérin, lo rendono unico nel suo genere. Abbandoniamo momentaneamente questo luogo di serenità per inerpicarci fino al col Fenêtre, da dove con un ultimo sforzo raggiungiamo il Mont Vertosan. Il panorama che si apre davanti a noi ha qualcosa d'incredibile, sul versante settentrionale possiamo ammirare il gruppo del Bianco sino al Gran Combin e poco più in là il Cervino...che spettacolo...!!!

Dall'uscita autostradale Aosta proseguiamo sulla statale 26 fino a Saint-Pierre, per poi deviare a destra per Saint-Nicolas. Dopo circa 15 km arriviamo a Vétan dessus 1769 m. La macchina la si può lasciare nel comodo parcheggio poco prima dell'Hotel Notre Maison  Il sentiero prende avvio dalla palina segnavia vicino all'hotel (13-13A-13B).
Dopo un breve tratto ripido usciamo all'aperto tra i campi, con bella vista sul ghiacciaio del Rutor, qui incontriamo la prima scultura lignea, tutto il percorso fino al rifugio Mont Fallère è costellato di piccole e grandi sculture in legno, bisogna solo aprire gli occhi...!!! Pieghiamo subito a destra costeggiando il corso di ru tra i pascoli, seguendo le frecce gialle arrivati a un bivio teniamo la sinistra fino all'alpe Thoules. Iniziamo a guadagnare quota e attraversato un torrente in pochi minuti arriviamo all'alpeggio di Grandes Arpilles 2090 m, dove incrociamo la strada sterrata proveniente da Véttan. Seguendo le indicazioni sulla palina segnavia andiamo verso destra contornando le pendici erbose della Punta Leysser. Entrati nel vallone di Verrogne, dopo un lungo tratto in falsopiano, arrivati alla fine della strada sterrata, proseguiamo a sinistra entrando in un bel bosco. Con alcune svolte guadagniamo rapidamente quota e usciti dal bosco risaliamo un ripido costone, sino a incrociare nuovamente la strada sterrata, in alternativa poco prima d'arrivare sulla sterrata si può seguire sulla destra un sentiero poco frequentato ma comunque segnalato con delle frecce gialle (scultura in legno raffigurante una pecora). Questo tratto è da percorrere con calma ammirando le varie sculture che si incontrano, alcune talvolta nascoste! La strada sterrata dopo alcuni tornanti arriva al rifugio Mont Fallère, nei pressi dell'alpe Crottes 2386 m. Lasciato alle spalle il rifugio raggiungiamo una palina segnavia, seguiamo le indicazioni a destra TMF (Tour Mont Fallére), Col Fenêtre. Oltrepassata una stalla il sentiero sale ripido verso destra, dopo qualche minuto arriviamo a un bivio poco evidente, entrambi i sentieri conducono al colle. Noi abbiamo seguito il sentiero a sinistra in salita, poco segnalato ma comunque intuibile e al ritorno l'altro, compiendo in questo modo un piccolo giro ad anello. Raggiunta la conca superiore con una piccola pozza d'acqua, dove alcune mucche pascolano beatamente, arriviamo alla base del colle. Con una lunga diagonale verso sinistra, alternata da alcune svolte, rimontiamo il ripido pendio sino a raggiungere il Col Fenêtre 2729 m. Dal colle imbocchiamo la dorsale a sinistra e dopo alcuni minuti lasciato a destra un muretto risaliamo la pietraia fino a raggiungere la cima del Mont Vertosan 2821 m, indicata da un grosso ometto. Vasto il panorama sul gruppo del Bianco sino al Gran Combin, con il Cervino che gioca a nascondino dietro al Mont Fallére. Per il ritorno seguiamo il medesimo itinerario, consigliamo una sosta al rifugio per assaggiare i suoi ottimi dolci e non solo...
Malati di Montagna: Silvio, Pg, Danilo, Deborah e Fabio

Rifugio Mont Fallère. 2385 m


Col Fenêtre 2729 m


ometto in cima al Mont Vertosan 2821 m


panorama sul gruppo del Bianco
a destra il Dente del Gigante 4014 m e la Grandes Jorasses con P.ta Walker 4208 m


...hai visto che Grivola...!!! 


attenzione pungo...!!!


guarda bene...


...un'aquila


...per favore un po' di privacy...!!!


by Deborah




giovedì 14 agosto 2014

Punta Tre Vescovi in solitaria...

Ci sono montagne che gli fai la corte per anni e poi un giorno decidi che forse è ora di conquistarne la cima, è il caso della Punta Tre Vescovi che prende il nome dalle tre diocesi di Aosta, Novara e Biella. L'ascesa alla cima è da considerarsi EE, sia per il notevole dislivello che per il tratto di cresta con alcuni passaggi dove viene richiesto un minimo d'attenzione.

Per arrivare in Valle del Cervo percorro l'autostrada A4 verso Torino, dall'uscita di Carisio seguendo le indicazioni arrivo fino a Biella. Proseguo ora sulla provinciale SP100 Biella-Piedicavallo e oltrepassata Rosazza in breve arrivo a Piedicavallo 1037 m. L'auto la lascio nel comodo parcheggio che si raggiungere seguendo in discesa  la strada a sinistra, poco prima d'arrivare in paese.
Mi incammino raggiungendo la sovrastante chiesa parrocchiale di San Michele: risalente al XVIII sec., e seguendo le numerose indicazioni risalgo la scalinata sulla destra (E60). Proseguo tra le strette viuzze del caratteristico borgo raggiungendo un bel lavatoio datato 1876, lasciate le ultime case alle mie spalle entro in un ombroso bosco. La mulattiera in questo primo tratto prosegue a lato del torrente Mologna, oltrepassata un cappella diroccata la pendenza aumenta, fino a raggiungere le case della frazione Montà 1250 m. Man mano che proseguo il bosco si dirada, lasciando spazio alla valle che si allarga sempre più. Lasciati a sinistra i pascoli delle Piane inizio a guadagnare quota con lunghi tornanti a mezza costa, verso l'evidente edificio abbandonato del ristoro Olimpia. Passato sotto a questo edificio arrivo in pochi minuti all'alpe Anval 1634 m, dalla palina segnavia tralascio il sentiero a sinistra per il Colle della Mologna Piccola (E65), per continuare verso l'alpe Lavazzey e il rifugio Rivetti (E60). Con ripide svolte salgo al sovrastante pianoro sul quale sorgono i resti dell'alpe Pianel 1743 m da questo punto è ben visibile il rifugio Rivetti a sinistra su una bancata rocciosa. Da qui in poi inizia il tratto più faticoso, attraversato il torrente Mologna, con innumerevoli tornanti risalgo il versante destro orografico, oltrepassata una sorgente, tralascio a destra la ripida scorciatoia che sale al rifugio e rimanendo sul sentiero principale arrivo sul ripiano erboso dell'alpe Lavazei 2048 m. Proseguo ora a mezza costa in leggera salita fino a raggiungere il Rifugio Rivetti 2201 m. Dopo una breve pausa salgo a sinistra del rifugio raggiungendo la vicina piazzola dell'elicottero, da qui seguendo l'evidente sentiero con una lunga diagonale tra grossi massi mi porto sotto all'evidente intaglio della bocchetta. Con alcuni ripidi tornanti arrivo al cospetto del grosso ometto, sormontato da alcune bandiere di preghiere tibetane che segnala l'arrivo al Colle della Mologna Grande 2364 m, il più alto delle Alpi Biellesi. Tralasciato il sentiero GTA che scende nel versante gressonaro, seguo l'evidente traccia a destra contrassegnata da alcune frecce gialle che risale la cresta SW della Punta Tre Vescovi. In breve arrivo a un bivio, una traccia a sinistra conduce verso un salto roccioso non facile, molto più agevole invece il sentiero di destra che abbassandosi leggermente verso la Val Cervo, taglia a mezza costa il ripido pendio aggirando l'ostacolo. Riprendo a salire in maniera più decisa sul costone, prima fra rocce rotte e poi su percorso più evidente fino a raggiungere la Punta Tre Vescovi 2501 m. Splendido il panorama sui laghi dell'alta Val Sorba, sulla Valle di Gressoney con i suoi laghetti e naturalmente sulle montagne biellesi.
Malati di Montagna: Fabio


Colle della Mologna Grande 2390 m


Punta Tre Vescovi 2501 m


Rifugio Rivetti 2150 m di proprietà della Sezione CAI di Biella, eretto nel 1935 in sostituzione di un precedente edificio spazzato via da una valanga. Ricorda Alfredo Rivetti e Giovanni Edelmann, scialpinisti morti in questa valle nel 1911.