Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

venerdì 27 gennaio 2012

Giornata della Memoria…per non dimenticare!

lunedì 23 gennaio 2012

ciao Mario...


Mario, perchè? Lettera di Agostino Da Polenza
Caro Mario, l’altra sera prima di andarmene dal “Camoscio” ho accarezzato la tua bara e ti ho bussato. Sono sicuro che hai sentito e che hai fatto spallucce.
Perché man mano che stavo lì con te, nella sala da pranzo del tuo “meublè”, ascoltando il mantra dei padre nostro e dei l’eterno riposo, la mia rabbia andava aumentando.
Lo so che non mi hai risposto perché avevi paura che te ne potessi dire quattro . Te le dico ora!
MA CHE CI FACEVI SULLO SCAIS quella notte? Intanto era il 17 e porta sfiga , faceva un freddo becco, non si vedeva nulla perché non c’era nemmeno la luna. Che ci faceva lì uno con la tua esperienza di montagne, la tua scarsa attitudine alla competitività, la tua vita da montanaro e alpinista senza ambizioni da jet set cittadino, la tua prudenza, la poca attitudine alla sofferenza senza senso , seppur sportiva, e visto che non te l’ho mai detto prima te lo posso dire ora che hai quasi 50 anni, con la saggezza acquisita dal tuo girovagare per monti. Che ci facevi?
Capisco che la bella e dolce Mireia era a Barcellona. Ci fosse stata lei a casa la notte l’avresti dedicata di sicuro a qualcosa di meglio che salire per i sentieri e i canali neri del Redorta e dello Scais in compagnia di Paolo. Ma anche così…
Lo so, non hai voluto rispondermi e se l’avessi fatto mi avresti detto semplicemente che “facevi come volevi”.
Che dirti allora? Che ti ho ereditato dal Patrizio, che era tuo padre era quasi uno zio per me, alpinisticamente parlando. Tu però eri da sempre il figlio coccolo della Luigina. Non è mai capitato , nemmeno una volta, che ci siamo incontrati senza parlare della Luigina.
Sei diventato un bravo alpinista. Quasi un atto di contrappasso nei confronti di Dino, il tuo fratello più bravo e bello che era in gioventù anche un ottimo sciatore, ma senza antagonismo alcuno: lui era bravo prima , tu ora. Una cosa semplice, una cosa delle nostre montagne.
Sei diventato un uomo gentile, grande e grosso, con due mani larghe fatte per lavorare e arrampicare, non sugli appiglietti dei free, ma sulle montagne di tuo padre e quelle vere che vanno diritte verso il cielo dell’Himalaya.
Sei un uomo generoso di cose e sentimenti, che distribuiva sorrisi, risate e compagnia.
Sei diventato un uomo intelligente, non perché non lo fossi anche prima ma perché abbiamo impiegato tempo a scoprire i tuoi pensieri, l’equilibrio dei ragionamenti che a volte pur contrastava con la rudezza montanara.
Sei diventato un amante e marito gentile per Mireia, una donna che hai trovato tra cielo e terra in Himalaya , che ti ama disperatamente, ricambiata.
A lei, lo so, rispondi quando accarezza il legno che ti protegge. Continua a farlo.
A me un po è passata… so che stai ridendo!
Ciao, Agostino

domenica 22 gennaio 2012

Per chi suona la campana...sul Bronzone...???

Dall'autostrada A4 direzione Venezia usciamo a Ponte Oglio e seguiamo a sinistra le indicazioni per Sarnico-Lovere, arrivati a Tavernola una strada a tornanti con bella vista panoramica sul lago e su Montisola sale fino a Vigolo 616 m. Il piccolo paese è adagiato su di un terrazzo morenico e risale all'epoca medievale, lasciata la macchina nell'ampio parcheggio sottostante la chiesetta di S. Rocco, risaliamo la strada attraverso l'abitato fino ad incontrare sulla destra la mulattiera con segnavia 704, che ben conserva la pavimentazione originaria.
Dopo circa una decina di minuti oltrepassata una strada asfalta, continuiamo a salire sulla sinistra seguendo i segnavia, percorriamo un primo tratto con il fondo in cemento per poi proseguire sull'antico e ben conservato selciato dove si ha veramente l'impressione di fare un viaggio a ritroso nel tempo, sensazione accentuata dalla apertura vegetale a cupola dei noccioli che ombreggiano il cammino.
La mulattiera ben presto cede il passo ad un sentiero dal fondo roccioso che si inoltra nella folta pineta che copre le pendici del monte Cremona e del Mandolino, per sbucare dopo pochi minuti in un'ampia sterrata. In leggera discesa proseguiamo a sinistra fino alla deviazione a destra che porta al Colle Cargadura, indicata da una palina segnavia, il sentiero si inoltra da subito in un fitto bosco di conifere e con un ricco sottobosco costituito principalmente da felci. Raggiungiamo il Cargadura dove incrociamo la sterrata proveniente dalla Bratta che porta in breve alla Cascina sommitale 1064 m, abbandonata la sterrata proseguiamo verso sinistra seguendo le indicazioni poste su una palina segnavia per il colle Dedine segnavia 701 (Sentiero Flavio Tasca). Ad un bivio proseguiamo in leggera salita verso destra, tra splendidi scorci verso il lago d'Iseo e Montisola, il sentiero si immette in una stradina pianeggiante asfalta del TPC (Trans Padano Centrale) che in pochi minuti ci accompagnerà al Colle Dedine 1021 m. Dal colle seguendo le indicazioni poste su una palina segnavia percorriamo un lungo traverso nel bosco pervenendo al Gombo Alto 1195 m, la sella che precede la cima. Con un ultimo sforzo, calpestando qualche traccia di neve sul versante nord, raggiungiamo la vetta del Monte Bronzone 1334 m, dove possiamo grazie ad una meridiana spaziare la vista a 360° dagli Appennini al Monviso, alla catena del Rosa, alle Grigne, alle Orobie, alla Presolana. Ci sembra di riconoscere anche l’Adamello, mentre la Corna Trenta Passi ed il Gölem (M.te Guglielmo) sono più facilmente identificabili e dietro è ben riconoscibile anche il Monte Baldo, mentre in basso sono ben visibili le torbiere di Iseo e i rilievi della Franciacorta e della Valcalepio, impossibile rinunciare ad un bello scampanio...!!!
Come da programma per il rientro a Vigolo seguiamo il sentiero 701 che scende lungo il versante calcareo della montagna, al primo bivio proseguiamo a destra e dopo un lungo traverso arriviamo ad una palina segnavia, svoltiamo a sinistra arrivando ad un cascinale da dove seguendo una sterrata in breve giungiamo a La Rolla 970 m. Seguendo il 701 in pochi minuti arriviamo al Colle La Rola 939 m, da qui scendiamo al sottostante roncolo per poi riprendere il sentiero sottostante (sent. 701), volendo si può anche raggiungere il vicino colle di Oreggia e seguire poi il medesimo sentiero, arrivati su un bel ripiano panoramico troviamo una palina segnavia con le indicazioni per Vigolo, noi contrariamente decidiamo di seguire il sentiero che segue la dorsale della montagna e che avevamo già fatto un tratto qualche anno fa' scendendo dal Corno Buco. Tralasciata la deviazione sulla destra, proseguiamo in falsopiano seguendo i rari segnavia 729 sulle piante, dopo una breve salita iniziamo a perdere quota velocemente nel fitto bosco, arrivati in fondo allo stretto vallone proseguiamo alla destra del torrente in secca, usciti dal bosco in breve scendiamo fino a incrociare la strada  intercomunale Vigolo-Branico. Continuiamo verso sinistra e oltrepassate le località Camerina e Capolerone giungiamo nei pressi di un'azienda agricola da dove seguendo le indicazioni poste sulla palina segnavia ci avviamo verso la Valle delle Tombe (sent. 727), il nome è dovuto ad alcuni ritrovamenti di insediamenti preistorici, attraversato un vecchio ponte in pietra in breve saliamo a Vigolo dove abbiamo lasciato l'auto.
Itinerario che porta alla scoperta di un territorio tra i più interessanti dell'area del basso Sebino, straordinario il panorama dalla cima del Monte Bronzone.
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

ecco chi ha suonato la campana...!!!


che cosa offre oggi il menu


gennaio...mi sa che c'è qualcosa che non va...


un piccolo quadretto...

mercoledì 18 gennaio 2012

aria sottile di Jon Krakauer


Il 10 maggio 1996 una tempesta colse di sorpresa quattro spedizioni alpinistiche che si trovavano sulla cima dell'Everest. Morirono 9 alpinisti, incluse due delle migliori guide. Con questo libro, l'autore, che è uno dei fortunati che riuscirono a ridiscendere "la Montagna", scrive non solo la cronaca di quella tragedia ma intende anche fornire importanti informazioni sulla storia e sulla tecnica delle ascensioni all'Everest. Offre inoltre un esame provocatorio delle motivazioni che stanno dietro alle ascensioni ad alta quota, nonché una drammatica testimonianza del perché quella tragedia si poteva evitare.
Quello che mi ha colpito di più dell'intero libro è il il messaggio diffuso su Internet il 14 ottobre 1996 nell'ambito di un forum sull'Everest organizzato in Sudafrica, che Krakauer ha posto in epigrafe al suo libro, direi molto opportunamente:

Sono l'orfano di uno sherpa. Mio padre è rimasto ucciso sulla seraccata del Khumbu [tra il campo base e il campo uno], mentre faceva da portatore per una spedizione verso la fine degli anni Sessanta. Mia madre è morta poco più a valle di Pheriche, quando il suo cuore ha ceduto sotto il peso del carico che stava trasportando per un'altra spedizione, nel 1970. Tre dei miei fratelli sono morti per vari motivi, mia sorella e io siamo stati inviati presso famiglie adottive in Europa e negli Stati Uniti. Non sono mai tornato nel mio paese perché sento che è maledetto. I miei avi giunsero nella regione del Solo-Khumbu per sfuggire alle persecuzioni nelle pianure, e là trovarono asilo all'ombra di 'Sagarmathaji', la 'dea madre della terra' [la divinità dell'Everest]. In cambio ci si aspettava da loro che proteggessero dagli estranei il santuario della dea. 
Invece il mio popolo si è rivolto nella direzione opposta, aiutando gli estranei a insinuarsi in quel santuario e a violare ogni parte del suo corpo montandovi sopra, gettando grida stridule di trionfo, insozzando e profanando il suo seno. Alcuni di essi sono scampati per il rotto della cuffia, oppure hanno offerto altre vite in vece loro... Quindi credo che anche gli sherpa siano da biasimare per la tragedia del 1996 su 'Sagarmatha' [l'Everest]. Non rimpiango di non essere tornato, perché so che la popolazione della zona è condannata, e lo sono anche quegli stranieri ricchi e arroganti che credono di aver conquistato il mondo. Ricordatevi del Titanic. Anche l'Inaffondabile affondò, e cosa sono degli stupidi mortali come Weathers, Pittman, Fischer, Lopsang, Tenzing, Messner, Bonington, al cospetto della 'Dea Madre'? 
Pertanto ho giurato di non tornare mai in patria, per non prendere parte a quel sacrilegio.

domenica 15 gennaio 2012

Sull’altopiano del sole...alla Cima di Tisa

L'inverno sembra qualcosa di molto lontano qui sull'altopiano alle pendici del monte Cavlera, basta qualche raggio di sole e mentre in valle dominano freddo e nebbie, l’aria si intiepidisce tra i prati che si stendono come morbidi tappeti in questo angolo dell’alta Valle Seriana.

Dall'autostrada A4 direzione Venezia prendiamo l'uscita per Bergamo, seguendo poi le indicazioni per la Val Seriana percorriamo la SS671 fino al paese di Vertova dove parcheggiamo in Piazza Vittorio Veneto.
Dal parcheggio seguendo le indicazioni poste sul cartello del CAI di Bergamo (sent. 518) percorriamo via Brini per poi proseguire per il Vicolo Vallorcio, raggiungendo in breve una scalinata che ci porta a incrociare nuovamente la strada asfaltata. Svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per il M.te Cavlera, sino a incontrare una santella dove svoltiamo a destra per Via San Patrizio, oltrepassate le ultime case continuiamo su una stretta stradina sterrata che in seguito si trasforma in mulattiera arrivando al magnifico Santuario di S. Patrizio, uno degli monumenti più noti di tutta la valle Seriana. Secondo la tradizione, il santuario risalirebbe all’anno 1166. In origine una semplice chiesetta fatta erigere da soldati inglesi che, scampati agli eserciti del Barbarossa, avevano trovato rifugio proprio a Vertova. Questo spiegherebbe anche l’inconsueta dedica a San Patrizio, santo irlandese.
Lasciato il santuario proseguiamo lungo la strada in salita che porta a Bondo, fino a raggiungere una cappella dove imbocchiamo la mulattiera per i Piani di Rezzo 740 m. Il tracciato sempre ben segnato continua lungo una mulattiera attraverso prati e boschi, oltrepassata un’altra edicola votiva seguiamo la carrareccia che conduce alla località Unì, dopo alcune decine di metri l'abbandoniamo per seguire il sentiero sulla sinistra che conduce alle baite di Ortel. Continuiamo su una stradina per circa una decina di metri fino a una casa detta La Palazzina, il sentiero prosegue in salita arrivando al roccolo Messina 1.175 m, situato su un costone panoramico. Dopo una breve pausa riprendiamo il cammino e salendo a sinistra del roccolo arriviamo ad una palina segnavia, dalla quale seguiamo il sentiero sulla destra, il percorso dopo un primo tratto pianeggiante attraverso un’abetaia, inizia a salire raggiungendo il crinale settentrionale della Cima di Tisa, nei pressi di una pozza decidiamo di proseguire sulla destra arrivando in pochi minuti sulla cima del M.te Cavlera 1320 m, suggestiva la visione sull'Alben. Ripercorriamo il percorso appena fatto e seguendo la cresta giungiamo alla croce del M.te Tisa 1.317 m, splendido il panorama sulle creste e sulle vette della valle del Riso che fanno da quinta ai massicci dell’Alben e dell’Arera. Dalla cima seguiamo il sentiero che scende velocemente fino a incrociare la strada sterrata, proseguendo a sinistra ritorniamo al roccolo Messina, da dove ripercorriamo il medesimo itinerario fino al parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto. Prima di tornare a casa consigliamo un giretto tra gli stretti vicoli del paese.
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

Cima Tisa 1317 m


che dire...


la croce con l'Alben alle spalle


siamo sicuri di essere a gennaio...!?!


il bosco visto da sotto...


la Presolana

domenica 8 gennaio 2012

Camaggiore...suggestioni d'altri tempi...

Seguendo la superstrada SS36 Milano-Lecco-Colico prendiamo l'uscita per Dervio e in pochi minuti arriviamo alla chiesa dei SS. Quirico e Giulitta (campanile romanico risalente al XI secolo) dove parcheggiamo sulla via di fronte.
A sinistra della chiesa imbocchiamo Via ai Monti, una palina segnavia indica tempi e destinazioni delle varie località, la mulattiera nel primo tratto sale ripidamente e con alcuni tornanti raggiungiamo la località Pianezzo 380 m, dopo qualche minuto usciti dall'abitato notiamo l'indicazione per Mai/Castelvedro, (10/15 minuti) di comune accordo decidiamo di fare questa piccola deviazione, una volta arrivati sul poggio dove rimangono solo alcuni resti di quello che era una volta il castello, il panorama che si apre davanti ai nostri occhi è meraviglioso. Ritornati al bivio riprendiamo il cammino e alla seguente palina svoltiamo a destra, seguendo il tracciato lungo la magistrale serpentina di stretti tornanti che ci fanno guadagnare quota costantemente, raggiungiamo dapprima le baite ben ristrutturate di Monte Basso 585 m, con un singolare albero di natale fatto con delle zucche, poi Cangiago 634 m e quindi Monte Alto 755 m. In questo tratto di percorso costeggiamo un allegro torrente che qua e là forma piccole cascatelle e pozze d'acqua cristallina, arrivati ad un bivio (perno centrale dell'anello), dalla palina segnavia svoltiamo a sinistra raggiungendo le Cascine di Pratolungo 870 m, passiamo alti sopra le baite. per poi deviare a destra costeggiando un recinto in legno, facendo attenzione deviamo sulla sinistra risalendo i prati che ci portano in breve all'alpe di Pratolungo. Oltrepassate le baite, causa la neve abbiamo avuto qualche difficoltà nell'individuare il sentiero, l'importante è comunque raggiungere il largo crinale erboso sulla destra, arrivati su una strada sterrata la seguiamo in leggera salita raggiungendo l’altopiano della Casera di Camaggiore 1210 m. Dal grande stallone continuiamo sulla sterrata scendendo in pochi minuti alla chiesa di S. Girolamo 1201 m, il panorama è eccezionale sui due rami del Lario e sul lago di Lugano, dopo una pausa davanti a tanta bellezza continuiamo seguendo la stradina fino alle vicine case di Camaggiore, dal centro del paesino proseguiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Noceno. La mulattiera perde quota tra il fitto bosco toccando le baite abbandonate di Busè, pieghiamo verso destra e in breve arriviamo nel piccolo paesino di Noceno. Dalla chiesa proseguiamo seguendo il sentiero che lambisce sulla destra il muro del cimitero, iniziamo ora un lungo percorso a mezza costa con diversi saliscendi e con belle e suggestive vedute sul lago, arrivando di nuovo sul sentiero di salita alle Baite di Pratolungo. Da qui in poi ritorniamo a Dervio sul medesimo percorso dell'andata, ma poco prima di arrivare a Pianezzo decidiamo di far ritorno a Castelvedro seguendo un sentiero sulla sinistra segnalato da una palina segnavia notata durante la salita, seduti sul poggio panoramico rimaniamo ammaliati dal sole che tramontando si specchia nelle acque del lago…
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

camminare su antiche mulattiere...


...ascoltare il borbottio di fresche cascatelle...


...rimanere a osservare in silenzio splendidi panorami...


...sotto allo sguardo di due fratelli Legnoncino e Legnone...


...seduti a bere una tazza di tè caldo a Camaggiore...


...e rivivere luoghi ormai abbandonati...




lunedì 2 gennaio 2012

Un uomo al suo posto


Stringere la mano a Giuseppe e salutarlo dopo aver scambiato anche solo poche parole è come vivere un proprio sogno...
come raggiungere l'alpe Sattal:

domenica 1 gennaio 2012

sul Trè Tapàs o Corna Trentapassi

Dall'autostrada A4 direzione Venezia prendiamo l'uscita Rovato, alla rotonda svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per la Val Camonica. Percorriamo la SS510 fino all'uscita per Zone, la strada prosegue in salita per qualche chilometro, oltrepassiamo il bellissimo paese per poi seguire le indicazioni a sinistra per Cusato 689 m che raggiungiamo in pochi minuti, l'auto la si può lasciare nel piccolo parcheggio.
Iniziamo a salire tra le case del paese e seguendo le indicazioni per la Corma Trentapassi (sent. 229) arriviamo alla mulattiera selciata che lentamente risale la valle, oltrepassato l'acquedotto comunale raggiungiamo la cascina Coloreto 900 m. Dalla palina segnavia svoltiamo a sinistra e in pochi minuti guadagniamo la Forcella Occidentale Trentapassi 964 m, da qui si ha già una buona visione sul lago d'Iseo, proseguiamo seguendo le indicazioni sulla palina segnavia iniziando così a salire la ripida cresta sassosa. Ad un bivio tralasciamo l'evidente sentiero che prosegue verso il Forcellino di Zuf e proseguiamo a destra seguendo l'erto pendio fino a incrociare nuovamente il sentiero a poca distanza dall'anticima orientale che raggiungiamo. Abbandonata la cima e dopo aver perso leggermente quota risaliamo alla croce della Corna Trentapassi 1248 m, oltre al vastissimo panorama sul Sebino, a occidente possiamo ammirare i monti bergamaschi fra i quali spicca la regina delle Orobie "la Presolana", dopo aver firmato il libro di vetta e sorseggiato un buon bicchiere di tè caldo iniziamo la discesa percorrendo il sentiero che transitando sotto all'anticima orientale arriva al Forcellino di Zuf.
Dalla palina segnavia pieghiamo a destra (sent. 229) iniziando così a percorrere la cresta rocciosa, in questo primo tratto i segni bianco rossi sono ben evidenti, in un paio di passaggi bisogna prestare un minimo di attenzione a dove appoggiare i piedi e le mani, oltre ad alcuni splendidi scorci sul sottostante lago d'Iseo possiamo anche ammirare sulla nostra sinistra la verdissima valle con Cusato e Zone sovrastate dal Gölem (M.te Guglielmo). Arrivati alla base di un pendio erboso tralasciamo il sentiero sulla sinistra per Cusato indicato dalla palina segnavia e proseguendo in breve giungiamo sul Dosso Tondo, rimanendo prevalentemente sul crinale dopo qualche minuto perdiamo leggermente quota e piegando a sinistra continuiamo in piano a pochi metri sotto la cresta. Oltrepassato un breve tratto di sentiero invaso dalla vegetazione,  risaliamo un tratto roccioso dopo il quale facendo molta attenzione alla traccia svoltiamo a destra e in breve arriviamo in cima al Monte Vignole 1095 m. La vista spazia a 360° e si può osservare il percorso appena fatto, ora però dobbiamo affrontare il tratto più insidioso dell'intero giro, il sentiero anche se segnalato è da intraprendere con cautela, essendo molto ripido e su terreno poco stabile. Arrivati alla selletta proseguiamo in discesa sul lato orientale della Punta del Cunicolo, dopo aver perso circa 300 m di dislivello pieghiamo a sinistra iniziando il lungo traverso in falsopiano a valle rispetto alla sovrastante cresta appena percorsa, oltrepassati alcuni valloncelli il sentiero entra in un bel bosco e in breve incrocia una sterrata che ci riconduce a Cusato.
Prima di tornare a casa decidiamo di visitare la Riserva Regionale "Piramidi di Zone", partiamo da Cislano, frazione del comune di Zone dove lasciamo l'auto in un comodo parcheggio con accanto un parco giochi.
Il sentiero si snoda in un bosco, è ben segnalato con vari punti di sosta per osservare da vicino le piramidi di terra e ricco di tabelle didattiche che illustrano la formazione di questo fenomeno geologico dovuto alle caratteristiche del terreno morenico e all’erosione dell’acqua piovana. La più grande di queste piramidi raggiunge 30 m. di altezza, ha un diametro alla base di circa 8 m. ed è sormontata da un masso dal diametro di circa 4 m.
Un 2012 iniziato davvero molto bene...speriamo che continui su questa strada...o sentiero...
Malati di Montagna: Danilo e Fabio

Primo scorcio sul Lago d'Iseo


Anticima Orientale della Corna Trentapassi


...verso la cima...


panoramica verso il Gölem (M.te Guglielmo)


Corna Trentapassi 1248 m


Lago d'Iseo con Monte Isola (la più grande isola lacustre d'Europa)


dal M.te Vignole 1095 m la cresta percorsa



Piramidi di Zone