Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

sabato 29 aprile 2017

Sentiero “Tranquillo Bianchi e dei Caduti lumezzanesi per la libertà” (tronco B)

Ai Caduti lumezzanesi per la libertà
Tutti accomunati
ritroviamo col pensiero,
i figli Caduti nostri
ricordati nel sentiero.
Possente il nostro grido
di Pace e Libertà;
dal vostro sacrificio
ispiriam l’umanità.

Il movimento della Resistenza partigiana in provincia di Brescia ha avuto varie espressioni che spesso si sono concretate in fatti d’arme veri e propri. Tutte le valli bresciane sono state teatro dell’insurrezione partigiana che avuto i propri epicentri attorno alla Corna Blacca e in Val Sabbia. Questo sentiero che viene proposto è dedicato a Tranquillo Bianchi, giovane partigiano lumezzanese catturato ed ucciso proprio a Binzago. Il sentiero è stato ripristinato grazie al lavoro volontario degli amici della montagna dei gruppi GEM e GEAR di Roncadelle.



Il sentiero Tranquillo Bianchi e Caduti per la Libertà lumezzanesi percorre i territori di due comuni: Agnosine nel versante sabbino e Lumezzane in quello triumplino della Val Gobbia. Il suo tragitto di 36 km non presenta difficoltà di rilievo ed è percorribile, nel suo itinerario completo, in 10-12 ore. Tuttavia, data la sua particolare dislocazione, è stato diviso in due tronchi; quindi l’escursione si può compiere anche in due tappe. Ogni tronco, lungo 18 km, richiede un cammino di 5-6 ore. Punto d’incontro dei due tronchi è la località Gabbiole, aggirando la quale, s’incontra una casa ricostruita ove è murata la lapide che ricorda lo scontro a fuoco del 13 maggio 1944 tra uno stremato gruppo di partigiani – in prevalenza russi – e uno di rastrellatori fa scisti, che da una notte teneva in stato d’assedio i “ribelli”. Due morti e due feriti tra i fascisti, un ferito tra i partigiani furono le perdite del combattimento.

La battaglia di Gabbiole
Sulle montagne di Agnosine e di Lumezzane, nel maggio 1944 era presente un gruppo di ex militari alleati, per lo piú russi, con qualche italiano. Si ricorda un certo Alberto di Ospitaletto. Il 13 maggio questo gruppo eterogeneo e armato, stremato da una lunga e faticosa marcia attraverso terreni impervi, giunse in località Gabbiole di Agnosine. Non parve vero a questi uomini braccati di trovare disabitato il “cascinotto” da caccia di Gabbiole, che sorgeva sul ciglio di una ripida vallata ricoperta di fitta boscaglia. Era quasi notte; gli uomini vi si rifugiarono, sprangando l’unica porta e si addormentarono pesantemente, senza preoccuparsi di porre una sentinella di guardia. Il gruppo era stato, evidentemente, già individuato e seguito dai fascisti. Nella stessa notte un plotone di ventun militi comandati da un ufficiale circondò il “casino” gridando: «figli di cani, siamo repubblicani» (testimonianza di Michele Ivanoff). Dall’interno, dopo ripetuti richiami, qualcuno rispose in lingua russa. Fu quello l’inizio, da parte dei fascisti, di una fitta sparatoria contro la porta, finestra e muri della cascina, diventata un fortilizio ermeticamente chiuso. Dal di dentro, attraverso la finestra con inferriate, nessuno sparava. L’unica via di salvezza per gli assediati era la porta, che si apriva sul breve piano spazzato dalle raffiche fasciste. Dopo alcune ore di tale situazione, verso l’alba, quando ancora le ombre della notte si confondevano col primo chiarore, gli assediati – dopo aver deciso concordemente il comportamento – tentarono il tutto per tutto per uscire da quella trappola. Stefano, un russo atletico, con una pedata spalancò la porta, dandoinizio a un fitto rosario di scariche di mitra contro i fascisti per coprire i compagni che, dietro di lui, sgattaiolavano velocemente. I fascisti, sorpresi da quel fuoco rabbioso, improvviso e violento, perdettero, nel primo disorientamento, una manciata di secondi. Ciò permise l’operazione salvezza. Solo Nicolino, un ragazzo russo, steso a terra poco fuori dalla porta, gemeva e invocava aiuto per una ferita che gli immobilizzava la gamba. In un battibaleno i compagni lo sollevarono e, sempre coperti dalmitra crepitante di Stefano, portarono il compagno in salvo dileguandosi verso la vallata. I fascisti, che in un primo momento si erano dispersi, ritornarono sul posto quando capirono che non c’era piú alcun pericolo. I russi intanto – che coi moschetti avevano improvvisato una barella per trasportare il compagno ferito – si diressero da fondovalle alle Coste di Lumezzane, sostando successivamente nella cascina “del Buco”, oltre la Corna del Sonclino, dove trovarono la provvisoria ospitalità dellafamiglia Paterlini.
Giuseppe Biati

DESCRIZIONE
Seguire l'autostrada A4 fino all'uscita di Ospitaletto, per poi proseguire sulla SP19 verso Concesio/Valcamonica/Paderno/Lumezzane. Oltrepassato Concesio si continua sulla SPBS345 e dopo aver superato Sarezzo si continua a salire sulla SP3 verso Trento/Lago di Garda/Vallesabbia. Attraversato Lumezzane, si segue la SP79 fino ad arrivare al Passo del Cavallo (742 m).
Lasciata l'auto nel parcheggio antistante la chiesetta dedicata al “Cristo dei Monti”, si attraversata con attenzione la provinciale e si risale la stradina asfaltata per circa 500 metri (tratto comune con il percorso 3V - CAI 370). Giunti a un bivio, si abbandona la strada asfalta da dove poi si farà ritorno e si imbocca a destra la strada sterrata che conduce in località Campi Boni (797 m).
Tralasciato a sinistra il sentiero 370, si seguono le frecce tricolore verso Gabbiole/M. Prealba. Si prosegue scendendo prima su stradina sterrata e poi su ampio sentiero verso sinistra fino a raggiungere il letto del torrente Serpendolo. Attraversato il torrente si tralascia una stradina sterrata a sinistra e si continua a seguire il sentiero scavato nel terreno e contrassegnato dal tricolore che inizia a risalire all'interno del bosco. Arrivati in località Levertino (765 m) si scende sulla ex  mulattiera, ora trasformata in strada, fino alla località Gabbiole. Dopo un tratto in piano, si abbandona la strada e si imbocca il sentiero a sinistra indicato da una palina segnavia che inizia a salire ripidamente costeggiando il M. Scipione. Seguendo il crinale dopo un breve tratto ripido,  si raggiunge il Dos de Roca (1015 m), da questa prima cima si può già vedere il lungo ma spettacolare percorso che si dovrà affrontare. Si scende sul versante opposto arrivando brevemente a un bel roccolo, si riprende nuovamente a salire ripidamente raggiungendo la seconda cima il M. Coca (1077 m). Continuando a seguire la dorsale dopo aver superato sulla destra le Cime di Carnè si arriva alla Passata delle Crocette, posto di caccia caratterizzato dalla presenza di un bel prato e una piccola casetta.
Aggirato l'edificio, si continua in falsopiano per pochi minuti fino a una selletta, tralasciato a sinistra il sentiero per il M. Prealba, si piega a destra arrivando alla successiva palina segnavia, sotto allo sperone roccioso, sul quale sorge la chiesetta di San Vigilio. Piegando a destra, dopo aver raggiunto un pannello didattico, si inizia a risalire il ripido pendio, intersecando poco più a monte l'altro sentiero più agevole che inizia dalla palina segnavia. Senza particolari problemi si arriva all'antico Eremo di San Vigilio, circondato da alti e centenari faggi, che lo rendono particolarmente suggestivo (1120 m). Ritornati alla palina segnavia, tralasciato il sentiero a sinistra da cui si è arrivati e quello a destra, si inizia a risale la cresta raggiungendo il Dos Pelat (1136 m). Proseguendo in cresta, dopo aver superato il posto di caccia del Caricatore, il sentiero si inerpica sulla dorsale tra facili salti di roccette, fino a raggiungere la cima del M. Prealba, con una grande croce metallica e un piccolo altare in ferro (1270 m). Splendido il panorama a 360° che spazia dalle vicine montagne bresciane, alla Pianura Padana, fino alla catena degli Appennini. Dalla palina segnavia si scende sul crinale opposto alla sottostante forcella di Prealba (1196 m), tralasciato il sentiero a sinistra 3V, con il quale poi si farà ritorno, si continua a seguire la dorsale fino a raggiungere un primo bivio. Si può proseguire a destra in piano, oppure continuare lungo la cresta e riallacciarsi sul sentiero poco più avanti. Arrivati al secondo bivio, si tralascia il sentiero a destra per il Passo della Brocca da cui poi si farà ritorno e si inizia a salire un ripido sentiero fino a raggiunge la Punta Camoghera (1240 m), splendido anche da qui il panorama su tutta la Valgobbia e parte della Valtrompia. Seguendo con un minimo d'attenzione il crinale, dopo alcuni minuti si scende a destra intersecando il sentiero proveniente dal Passo della Brocca. Prima di proseguire verso destra, ritornando al bivio successivo, volendo si può raggiungere il vicino passo della Brocca (1163 m), dove c’è una lapide che ricorda la cattura e la fucilazione il 16 ottobre 1944 dei lumezzanesi Narcisio Ghidini e Giovanni Faustino Zubani. Ritornati alla forcella di Prealba, si inizia a scendere verso destra, seguendo i segnavia azzurro/bianco/azzurro del 3V e il tricolore del sentiero Tranquillo Bianchi. Si perde rapidamente quota sul versante lumezzanese, passando dal Dosso Giallo (1080 m), per poi arrivare alla Passatina. Dopo aver raggiunto il roccolo Cipriani e aggirato alcuni versanti erbosi, si entra in un bel bosco di vecchi castagni, carpini e betulle. Arrivati nei pressi di una casa, si inizia a scendere lungo la strada, alternando tratti cementati e sterrati, fino a incrociare la strada asfalta che si segue verso destra ritornando al Passo del Cavallo e chiudendo questo lungo ma spettacolare giro ad anello.
Malati di Montagna: Lorenzo, Silvio, Danilo e l'homo selvadego

cartina con indicato il sentiero


vita da crinale






Monte Prealba 1270 m
da "pietra bianca": tale è il colore delle rocce carbonatiche affioranti sulla cima



la croce in ferro del "Gma" e degli alpini di Bione


discesa lungo il crinale opposto verso la...




Eremo di San Vigilio 1120 m
Il santuario ha origini antichissime, posto a mille metri di quota, è circondato da faggi secolari.







Genziana di Clusius (Gentiana clusii) 
Caratteristica pianta alpina, la genziana di Clusius è caratterizzata da una corolla di un celeste intenso, punteggiata all'interno. Ama le praterie magre, i luoghi sassosi e le rocce.


La segnaletica sempre presente garantisce una buona percorribilità del percorso




martedì 25 aprile 2017

Possa il mio sangue servire di Aldo Cazzullo

«La Resistenza è un patrimonio che appartiene alla nazione. Forse è arrivato il momento di raccontare la grande storia attraverso le piccole storie»: sono queste le parole di Alzo Cazzullo, inviato ed editorialista del Corriere della Sera, che spiegano il senso del suo nuovo libro, intitolato «Possa il mio sangue servire»


Con il ritmo incalzante di un romanzo e il rigore di un saggio, l’autore svela storie di case che si aprono nella notte, di feriti curati nei pagliai, di ricercati nascosti in cantina, di madri che fanno scudo con il proprio corpo ai figli. E, ancora, le storie delle suore di Firenze, Giuste tra le Nazioni per aver salvato centinaia di ebrei; dei sacerdoti come don Ferrante Bagiardi, che sceglie di morire con i suoi parrocchiani dicendo «vi accompagno io davanti al Signore»; degli alpini della Val Chisone che rifiutano di arrendersi ai nazisti perché «le nostre montagne sono nostre»; dei tre carabinieri di Fiesole che si fanno uccidere per salvare gli ostaggi; dei 600 mila internati in Germania che come Giovanni Guareschi restano nei lager a patire la fame e le botte, pur di non andare a Salò a combattere altri italiani. Un nuovo lungo racconto per salvare la memoria di quel periodo drammatico della storia del Paese.
dal Corriere della Sera

lunedì 24 aprile 2017

Tra le nuvole nel fantastico mondo di Chemp

Si parte da Nantay con il grigiore di una giornata d'autunno, ma poco importa oggi non si deve raggiungere nessuna cima. Giunti a Lillianes con la sua bella chiesa parrocchiale di San Rocco e lo storico ponte unico in Valle d'Aosta, in quanto poggia su quattro arcate, si inizia a risalire un'antica e ripida mulattiera all'interno di un suggestivo bosco di vecchi castagni. Lungo il percorso si attraversano vecchi villaggi fino ad arrivare a Chemp, incastonato su un promontorio roccioso modellato dai ghiacciai. Sembra un villaggio abbandonato, ma se si osserva bene e con calma, si vedrà che è abitato da tanti personaggi, certamente non umani, ma nel silenzio e con un po' di immaginazione tutto diventa animato e il villaggio riprende a vivere....!!!

Dall'autostrada A5 si esce al casello di Pont-Saint-Martin, per poi proseguire a destra seguendo le indicazioni per Gressoney. Entrati nell'abitato di Pont-Saint-Martin si svolta a destra iniziando a risalire la strada regionale della Valle del Lys. Poco prima d'arrivare a Lillianes, si svolta a sinistra seguendo le indicazioni per Marine/Chamioux/Nantey. Subito dopo aver attraversato il torrente Lys, ultimo grande tributario della Dora Baltea, si parcheggia l'auto nello spiazzo sulla destra, in prossimità della strada che sale e termina a Nantay (in caso non ci fosse posto, si può lasciare l'auto nel parcheggio sulla destra, all'inizio della discesa).
Si risale la strada e in breve si arriva nel villaggio di Nantay (578 m), dalle ultime case a monte del paese si inizia a seguire il segnavia 4 verso destra (questo sentiero ci accompagnerà per gran parte del giro ad anello). Lasciato alle spalle una "grihe", ossia un essiccatoio per le castagne, riconoscibile per la sua sagoma quadrangolare, simile a una casa torre, si prosegue a mezzacosta seguendo la mulattiera. Tralasciato poco dopo il sentiero a sinistra per Chemp da cui poi si farà ritorno, si continua in falsopiano in un bel bosco, passando accanto a vecchie case e dopo aver attraversato un ponticello in legno con una bella cascatella, si raggiunge in pochi minuti le prime abitazioni di Lillianes. Seguendo la strada asfalta si raggiunge in breve il cimitero, con accanto la chiesa parrocchiale di S. Rocco e lo storico ponte in pietra. Oltrepassato il parcheggio si imbocca a sinistra una strada senza via d'uscita, all'inizio della quale si trova una palina segnavia con indicato il percorso "Lungo i vigneti e i castagneti" che si inizia a seguire. La mulattiera sale ripidamente intersecando in alcuni punti la strada asfaltata. Raggiunta la cappella della frazione Russy (844 m), si tralascia il sentiero che prosegue a sinistra e si continua a salire ripidamente oltrepassando una zona rocciosa, in alcuni tratti il percorso è protetto da un parapetto in legno. Raggiunte le case di Piatta (1031 m), la mulattiera prosegue fino alla bella chiesetta di S. Pietro a Riasseu (1130 m). Attraversato il villaggio si arriva a un bivio, tralasciato il sentiero che sale ripidamente verso destra, si scende a lato delle abitazioni, arrivando in breve alla palina segnavia in prossimità del parcheggio, dove termina anche la strada asfaltata. Volendo si può arrivare fino a qui anche seguendo la strada sterrata che scende dalla chiesetta. Subito dopo il parcheggio si prosegue a destra seguendo una stradina asfalta che all'inizio perde leggermente quota, per poi proseguire in piano per alcuni minuti. Si riprende a salire e dopo alcuni tornanti la strada termina nei pressi della chiesetta dei SS. Filippo e Giacomo a Varfey (1189 m), sulla dorsale che divide i comuni di Perloz da Lillianes. Poco prima della chiesetta si imbocca la mulattiera a sinistra contrassegnata con il n. 5. Si inizia a perdere quota con una serie di svolte e oltrepassate le baite di Miotcha (1035 m) si arriva a una palina segnavia. Tralasciato il sentiero a destra che sale verso Derbellé, si continua a scendere arrivando poco dopo a Cretaza (978 m). Continuando a seguire le frecce gialle, si passa sotto a un suggestivo arco in pietra di una grande abitazione, arrivando subito dopo sulla strada asfalta. In prossimità di una curva, sulla sinistra si riprende a seguire il segnavia n. 4 che scende intersecando poco più sotto nuovamente la strada. Si riprende il sentiero e ritornati sulla strada la si segue per poche decine di metri arrivando a Chemp 828 m. Si consiglia di visitare il villaggio curiosando tra le case, tra cui un gremire del XVI sec., adibito alla conservazione delle riserve alimentari e rimessa degli attrezzi, un bellissima casa a più piani con archi in pietra e la bianca cappella del 1670. Ma il cuore pulsante del villaggio sono le splendide opere create dallo scultore Pino Bettoni. Grazie anche alla collaborazione di altri artisti, ha creato un percorso museale a cielo aperto di grande suggestione, le opere sono realizzate secondo la tradizione valdostana, in legno o in metallo fuso dalla fonderia artistica di Verrès, con l’antica tecnica a cera persa. Dietro alla chiesetta si riprende a scendere seguendo la mulattiera, che dopo poche decine di metri piega a sinistra passando sotto a una balza rocciosa. Tra ruderi, castagni e terrazzamenti abbandonati si arriva su una dorsale, per poi abbandonarla scendendo verso sinistra e riprendendo nuovamente la mulattiera a tratti selciata. Incrociato nuovamente il sentiero fatto all'andata, si ripercorre il medesimo percorso ritornando a Nantay.
Malati di Montagna: Pg, Danilo e l'homo selvadego

C'era una volta Chemp....

....un villaggio abbandonato


camminando si sente bisbigliare a ogni angolo



poi ecco apparire una bambina con lunghi capelli e un cuore in mano


capisco allora di non essere solo


tutto all'improvviso si anima...

un direttore d'orchestra da inizio allo spettacolo...!!!


ed ecco che un bambino salta con il suo sacco...


...un'altra bambina gioca con l'aquilone


da un'angolo vedo sbucare anche un volpe


che furbamente sta osservando una vecchia signora...


...e le sue galline


da una bella fontana con una testa d'aquila...


....mi sciacquo la faccia e vedo un pastore 
con una sua pecora che si era smarrita...


proseguo verso la chiesetta


dove incontro una bimba con una bella signora


capisco allora di essere arrivato in un luogo magico dove tutto è possible....

...un sogno portato dal vento...



alcune opere disseminate tra le case





Lillianes
Un suggestivo ponte in pietra costruito nel 1733, l’unico a quattro arcate in Valle d’Aosta, conduce alla chiesa parrocchiale dedicata a San Rocco, edificio che risale ai primi del ‘600, il cui campanile adiacente è del ‘400 ma rialzato due secoli dopo.



la mulattiera che sale da Lillianes



da Chemp a Nantay



Nantay
sulla destra si può notare una "grihe"


Asphodelus macrocarpus, asfodelo bianco, grande liliacea che per le dimensioni e l’infiorescenza particolare spicca su tutti i fiori di montagna e una volta incontrata è facile da riconoscere anche quando non è fiorita.