Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto
Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern
martedì 27 gennaio 2015
Le dolomiti dimenticate
Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
Per non dimenticare!
Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi
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shoah
Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
domenica 25 gennaio 2015
Perché andare al rifugio Crosta...?!?
“È bello salire,
perché si dimentica la terra,
si ricorda chi si ama,
e si pensa al cielo.”
Giacomo Maffei
Perché quando i tuoi piedi stanchi arrivano in questo piccolo paradiso, trovi una grande pace, il vento ti parla, il freddo ti abbraccia e il silenzio sembra quasi la voce di Dio, gli occhi guardano il cielo che sembra così vicino che come d'incanto tutti i problemi per qualche ora svaniscono e non vorresti più ritornare laggiù.
Malati di Montagna: Angelo, Andrea, Kiran, Silvio, Pg, Danilo, Deborah e Fabio
semplicemente al Crosta da Marina e Enrico
in un ambiente strepitoso
dove non manca l'allegria
la compagnia
e la buona cucina
by Deborah
by Danilo
by Kiran
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Val Divedro
Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
venerdì 23 gennaio 2015
Italy the Extraordinary Commonplace
Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
domenica 18 gennaio 2015
Inverno in Val Grande...
Ma ti sbagli se pensi che le gioie della vita vengano soprattutto dai rapporti tra le persone. Dio ha messo la felicità dappertutto, è ovunque, in tutto ciò in cui possiamo fare esperienza. Abbiamo solo bisogno di cambiare il modo di guardare le cose. (C. J. McCandless)
nel film Into the Wild – Nelle terre selvagge
L'itinerario effettuato oggi raggiunge alcuni vecchi alpeggi di Vogogna,il loro abbandono da oltre quarant'anni ha contribuito alla scomparsa di molti sentieri, al degrado delle baite e alla cancellazione di esili fazzoletti coltivati. La neve e l'ambiente circostante particolarmente severo, la solitudine e il silenzio di queste montagne, sono ingredienti fondamentali per chi vuole ancora camminare assaporando il senso della scoperta...!!!
Nei mesi invernali è possibile trovare il terreno innevato, fare attenzione a non perdere la traccia del sentiero!
Dall'autostrada A26/Gravellona Toce, proseguiamo sulla SS33 del Sempione fino all'uscita di Piedimulera, per poi seguire le indicazioni per Vogogna. Superate un paio di rotonde e passato il fiume Toce, svoltiamo a sinistra attraversando una piccola galleria, proseguiamo ancora per qualche chilometro arrivando a Prata 231 m. Parcheggiata l'auto davanti alla chiesa imbocchiamo la via sulla destra entrando in paese, dopo qualche minuto lasciate alle nostre spalle le ultime case, iniziamo a salire verso sinistra raggiungendo una cappella. Con alcuni ripidi tornanti arriviamo all'alpe Sella 310, dove accanto a una fontana troviamo la prima palina segnavia, da questo alpeggio fino all'alpe Prasain seguiremo sempre il sentiero A28, La stradina diventa sempre più disagevole, fino a terminare all'alpe Pianezzo 420 m, con alcune baite ancora ben tenute. Dalla palina segnavia seguiamo ora la mulattiera sulla sinistra che in breve ci conduce all'alpe La Quana 450 m, Proseguendo possiamo notare sulla nostra destra alcuni terrazzamenti e qualche traccia che sale nella medesima direzione, che non bisogna assolutamente seguire. Dopo aver superato un recinto in legno, entriamo in un profondo vallone, arrivati a un bivio con un cartello in legno poco leggibile, tralasciamo il sentiero a sinistra che scende al torrente verso Pass Aut e proseguiamo a destra verso Prasain/Rigulun. Poco dopo un'altro cartello in legno ci avverte che siamo a Mott du Tor (così chiamato, perché qui scendevano le mucche per incontrare il toro…), saliamo a sinistra iniziando a inoltrarci sempre di più nel vallone. Durante la salita iniziamo a calpestare la neve, che però per il momento non da particolari problemi. Usciti per un istante dal bosco arriviamo all'alpe Sasso Alto (Sass Aut) 620 m, con le sue baite in stato d'abbandono e con una bella fontana scavata nella pietra. Dalla palina segnavia, sormontata da uno strano e inquietante personaggio, lasciamo a sinistra il sentiero che prosegue verso l'alpe Rigulun e rientrando nel fitto bosco continuiamo a salire verso l'alpe Prasain.Ogni volta mi stupisco del silenzio e dell'atmosfera che si percepiscono in Val Grande, Dopo un lungo traverso, iniziamo a intravedere in alto sulla nostra destra le prime baite del alpe Prasain che in pochi minuti raggiungiamo 828 m. Dalla palina segnavia tralasciamo le indicazioni per l'alpe Morgagno e proseguiamo a destra verso l'alpe La Barca/Alpe Marona. Nel periodo invernale questo tratto di sentiero fino all'alpe Marona, potrebbe essere ricoperto dalla neve e causare problemi nella sua individuazione, consigliamo di percorrerlo con la dovuta attenzione, facendo molta attenzione ai rari segni di vernice. Saliamo fino all'alpe La Barca, per poi continuare a sinistra, iniziando a percorre un lungo traverso. Raggiunta la massima elevazione della giornata a circa 940 m, iniziamo a scendere a destra, per poi piegare a sinistra arrivando all'alpe Ruscà 910 m dove ci fermiamo per una breve pausa. Dalle baite scendiamo seguendo il sentiero a destra e dopo pochi minuti arriviamo a una sella con un ripetitore, da qui percorsi pochi passi arriviamo all'alpe Marona 880 m, posta su uno sperone panoramico, con alcune baite ristrutturate, infatti l'alpeggio è l'unico della zona ad essere ancora frequentato.Davanti alla fontana, scendiamo raggiungendo le baite sottostanti, oltre le quali continuiamo a scendere sulla sinistra fino a raggiungere una grossa cappella sulla destra. Da qui il sentiero inizia a scendere ripidamente sulla sinistra, arrivati a un primo bivio seguiamo il sentiero a destra e oltrepassata una baita, al bivio successivo scendiamo ripidamente a destra incrociando dopo pochi minuti la strada sterrata di servizio alla cava, che seguiamo. Dopo qualche tornante iniziamo a seguire una vecchia mulattiera contrassegnata da segni di vernice, che taglia in vari punti la strada. All'altezza di un tornante abbandoniamo definitivamente la strada e ci dirigiamo a destra verso alcune baite, per poi svoltare a sinistra dirigendoci verso la cappella sottostante. Da qui in poi scendiamo lunga la bella mulattiera fino a incrociare una strada asfalta, che attraversiamo per poi continuare a scendere a destra tra le strette viuzze di Case Pratini, fino a raggiungere il monumento allo scalpellino. Attraversato il torrente, in breve arriviamo alla chiesa e continuando a seguire la strada scendiamo fino a raggiungere un parcheggio con una palina segnavia. Per ritornare a Prata si può fare il gioco delle due auto, oppure come abbiamo fatto noi ritornare a piedi seguendo la strada poco trafficata, in circa 40/50 minuti. Diversi sono i punti d'interesse che si incontrano durante il tragitto, dopo qualche minuto poco oltre alla Chiesa di Loreto, sulla sinistra si può osservare una lapide romana e continuando alla destra del Toce, il Porto della Masone ex Cavalieri di Malta e il Ponte della Masone.
Malati di Montagna: Pg, Danilo e Fabio
Alpe Marona 880 m
Alpe La Barca
Una fotografia prima la senti, poi la vedi.
Fabrizio Guerra Fotografo
salire e poi... ancora salire...
Lapide Romana
Testimonia la costruzione e la ristrutturazione
della strada ossolana durante il consolato
di C. Domizio Destro e L. Valerio Massala Thrasea,
che furono in carica nel 196 d.C. sotto Settimio Severo
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Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
venerdì 16 gennaio 2015
Felice Bonaiti
Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
domenica 11 gennaio 2015
Sulle cime più panoramiche della sponda occidentale del Lago di Como
Su questi monti oltre a passare la "Via dei Monti Lariani" (bellissimo percorso escursionistico che da Cernobbio collega località disseminate lungo le montagne della sponda occidentale del lago di Como, giungendo fino a Sorico, dopo un tragitto di 125 km), vi sono anche importanti opere militari appartenenti al sistema difensivo alla Frontiera Nord, zona Comasco intelvese.
Dall'autostrada A9 usciamo a Como Nord e proseguiamo seguendo la stalle 340 Regina verso Menaggio. Arrivati ad Argegno saliamo a sinistra imboccando la provinciale 13 della Valle d'Intelvi, che seguiamo fino a San Fedele Intelvi, da qui seguiamo le indicazioni a destra per Pigra (Largo IV Novembre, Via Blessagno). Giunti a Pigra, all'inizio del paese seguiamo a sinistra Via Militare, una stretta strada asfaltata (attenzione alle auto che eventualmente si incrociano), fino a raggiungere l'Alpe di Colonno, dove lasciamo l'auto nell'ampio parcheggio proprio di fronte all'omonimo rifugio 1320 m, per chi vuole accorciare il tragitto può continuare fino al rifugio Boffalora.
Vista la splendida giornata decidiamo di allungare ulteriormente il percorso salendo verso la croce che si trova su un colle dietro alla chiesetta degli alpini alle spalle del rifugio. Dopo un primo assaggio dei panorami che andremo a vedere, dalla croce scendiamo a destra raggiungendo due grosse pozze d'acqua ghiacciate, da qui volgendo verso destra seguiamo una traccia a mezzacosta entrando poco dopo in un fitto bosco. Proseguiamo lungo il versante nord della Cima della Duaria fino a scendere sulla strada asfaltata che seguiamo per un breve tratto, arrivando all'alpe Boffalora 1234 m, con l'omonimo rifugio. Continuando sulla strada dopo qualche minuto arriviamo a un bivio, tralasciamo a sinistra le indicazioni per l'alpe di Ponna e il Monte Tellero e continuando diritti, arriviamo all'alpe di Ossuccio. Dall'ultima baita in prossimità della curva abbandoniamo la strada asfaltata e seguendo il sentiero a destra ci dirigiamo verso un grosso cartello giallo della Via dei Monti Lariani. Continuando a salire incrociamo nuovamente la strada asfalta, che attraversiamo, per poi proseguire l'ascesa sugli ampi pascoli verso la cima del Monte di Lenno. Rimanendo più o meno verso destra raggiungiamo la cresta, dopo aver oltrepassato un'asta e una bandiera italiana in metallo, arriviamo in cima 1589 m. Un forte vento gelido ci accoglie, per poi accompagnarci per tutto il giorno, scattate alcune foto sul sottostante Lago di Lugano, iniziamo a scendere sul lato opposto percorrendo un ripido sentiero che ci conduce alla sottostante bocchetta di Lenno con l'omonimo alpeggio 1495 m. Dopo aver percorso alcuni metri sulla strada, in prossimità dell'ultima baita, abbandoniamo la strada , iniziando a seguire una traccia, causa il forte vento desistiamo nel proseguire lungo la cresta e ripiegando a destra proseguiamo a mezzacosta raggiungendo l'ampio sentiero proveniente dal rifugio Venini, Continuando a salire in pochi minuti raggiungiamo l'ampia cima del Monte Galbiga 1698 m, con una sorta di chiesa all'aperto e con una grande croce. Scendiamo dal medesimo percorso da cui siamo saliti, per poi proseguire verso un piccolo osservatorio astronomico, costruito dal Comune di Lenno e utilizzato saltuariamente da gruppi astrofili, accanto si possono osservare i resti di alcune postazioni militari, appartenenti al sistema difensivo italiano alla Frontiera Nord verso la Svizzera. Pochi passi e arriviamo al rifugio Venini Cornelio 1576 m, noto anche con il nome di Rifugio Calbiga, costruito lungo il costone che collega il Monte Galbiga con il Monte di Tremezzo. Di fronte al rifugio è piazzato un pezzo d'artiglieria costruito alla Breda e datato 1938, lasciato a ricordo delle passate guerre. Dopo una breve pausa, riprendiamo il cammino e seguendo le indicazioni sulla palina segnavia (Appostamento Colle di Tremezzo/M. Tremezzo/M. Crocione), ci incamminiamo in falsopiano lungo l'ampia strada militare. Consigliamo di approfittare di quest'occasione per osservare alcune opere difensive della Linea Cadorna costruite sul lato ovest del Monte di Tremezzo. Un esempio sono una serie di postazioni d'artiglieria in ottimo stato di conservazione, le bocche da fuoco sono nascoste da un semicerchio gradinato che permette di sparare solo con un alzo di 45° o maggiore, l'opera venne costruita per alloggiare quattro mortai 210/8, in grado di lanciare ad 8 km una granata da 100 kg. Proseguendo in leggera salita, all'altezza di un tornante svoltiamo a sinistra, tralasciando momentaneamente la stradina sterrata, da dove poi faremo ritorno. Dopo alcuni minuti seguendo le indicazioni imbocchiamo il sentiero a destra, che risalendo l'ampio crinale conduce sulla cima più evidente della sponda occidentale del Lario, il Monte Tremezzo 1700 m, sormontato da una Madonnina.
Per il suo grandioso il panorama sulle Prealpi lombarde, le Grigne, il Legnone, le Alpi Retiche, il Monte Disgrazia e poi ancora verso ovest il Monte Rosa e gli imponenti 4000 vallesani. è anche soprannominato la sentinella del Lario.
Scendiamo sul versante opposto e oltrepassati i ruderi dell'alpe Tremezzo, riprendiamo a salire arrivando in pochi minuti all'ultima cima della giornata il Monte Crocione 1641 m, siamo a picco sul lago di Como e oltre ai già citati panorami, da questo pulpito naturale si ha anche una splendida visuale su Bellagio, conosciuto come “la Perla del Lago”,
L'aria gelida ci costringe a ritirarci verso l'alpe Tremezzo dove ci fermiamo per una più che meritata sosta. Per la via del ritorno optiamo per un percorso alternativo, leggermente più lungo, ma che evita la risalita al M. Tremezzo, lasciata l'alpe alle nostre spalle, proseguiamo in direzione di un ripetitore, percorrendo un sentiero a mezzacosta. Oltrepassato il ripetitore in breve arriviamo all'alpe Mezzegra, da qui seguendo la strada sterrata ci ricongiungiamo col percorso già fatto. Ritornati al rifugio Venini, scendiamo lungo la stretta strada asfalta e ripercorrendo il tratto fatto al mattino ritorniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto.
Malati di Montagna: Pg, Danilo e Fabio
chiesetta degli alpini all'alpe Colonno 1320 m
Monte di Lenno 1589 m
Monte Galbiga 1698 m
Monte Tremezzo 1700 m
Monte Crocione 1641 m
Prime ore del mattino...
sulla via del ritorno...
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Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
martedì 6 gennaio 2015
Con un poco di Zughero il Camoscio va giù...!
Dall'autostrada A26 usciamo a Baveno e alla rotonda seguiamo le indicazioni a destra per Baveno/Stresa. Arrivati a Baveno ci dirigiamo verso la parte alta del paese raggiungendo la località Tranquilla, con l'omonimo campeggio. L'auto la si può lasciare nei pressi del campeggio o poco più avanti vicino al ristorante "La Griglia" (chiuso), oppure proseguire seguendo la stretta e ripida Via Tranquilla, fino a raggiungere le ultime villette, dove in uno spiazzo sulla sinistra si può parcheggiare (max 3 posti).
Un cartello all'inizio della via avvisa che il sentiero per il monte Camoscio è interrotto per uno smottamento, in effetti il percorso principale non è agibile, ma è stato riaperto un sentiero poco più in basso che aggira l'ostacolo. Ci incamminiamo e all'inizio della strada sulla destra su un cartello giallo troviamo indicati le mete che si possono raggiungere e i tempi di percorrenza (Sent. M3 - M. Camoscio 1.30 ore). Dopo un breve tratto di strada sconnessa, con la quale passiamo al di sopra dell'autostrada, in breve arriviamo di fronte all'edificio dell'acquedotto, da dove imbocchiamo l'ampia mulattiera a destra che si inoltra nel bosco. Poco prima di un tornante, abbandoniamo la mulattiera e seguiamo il sentiero a destra che ripidamente inizia a guadagnare quota (indicazioni su un albero). In pochi minuti arrivati a un bivio, tralasciamo il sentiero a sinistra (M3/A), con il quale poi faremo ritorno e continuiamo a salire verso il M. Camoscio/M. Zughero. Seguendo i segnavia rosso-bianco-rosso guadagniamo quota velocemente all'interno di un fitto bosco e dopo aver attraversato un paio di torrenti, finalmente la pendenza inizia a diminuire. Superato un breve passaggio scalinato su roccia, arriviamo in pochi minuti a un bivio, tralasciamo momentaneamente a sinistra il sentiero per la Baita A.N.A. “Rifugio Papà Amilcare” e in breve con facile salita su fondo roccioso, raggiungiamo la croce del M. Camoscio 890 m, qui una pausa è quasi d’obbligo per godere del panorama mozzafiato sul lago Maggiore e le sue isole. Ritornati al bivio proseguiamo verso il rifugio, dal dove seguendo le indicazioni sulla palina segnavia affrontiamo un facile passaggio su roccette, raggiunto un pianoro lo attraversiamo e oltrepassata una solitaria quercia iniziamo a scendere perdendo quota per poche decine di metri. Riprendiamo a salire sul versante a nord, alternando tratti in falsopiano, arrivati davanti alla ripida parete del M. Crocino lo aggiriamo sulla sinistra passando dal versante Sud. Giunti a una sella, abbandoniamo momentaneamente il sentiero e seguendo una traccia, con un minimo d'attenzione saliamo in cima al M. Crocino 1023 m, altro punto panoramico. Ripreso il sentiero principale iniziamo dopo qualche minuto nuovamente a scendere fino a raggiungere un palina segnavia, da qui seguendo le indicazioni arriviamo all'alpe Vedabia 879 m, con alcune baite ancora in buono stato. Dalla palina segnavia iniziamo ora a seguire una strada sterrata verso destra e percorsi alcune decine di metri sulla sinistra troviamo un'ulteriore palina segnavia, sulla quale è indicato il sentiero che andremo a percorrere al ritorno per chiudere l'anello (M2 - Baveno). Continuando arriviamo a un trivio, saliamo a destra seguendo le indicazioni per il M. Zughero/Alpe Nuovo (Baita CAI)/Mottarone (sent. M3). La salita si svolge sulla vecchia strada sterrata che serviva la cava di granito, ormai abbandonata, del M. Zughero. Arrivati in prossimità della cava, proseguiamo seguendo il ripido sentiero che si stacca a sinistra (palina segnavia), durante l'ascesa possiamo osservare alcune strane forme di roccia, come un museo d'arte moderna a cielo aperto, il cui artista è nientemeno che madre natura. Giunti a una selletta, tralasciamo il sentiero che scende verso l’Alpe Nuovo (Baita CAI Baveno) e continuando verso destra in breve arriviamo in vetta al M. Zughero 1230 m, sormontato da una croce eretta dalla sez. CAI di Baveno in ricordo dei soci defunti. Su questo splendido balcone naturale ci fermiamo a riposare, la giornata è talmente splendida che non vorremmo più scendere!
Ritornati in prossimità dell'alpe Vedabua, imbocchiamo il sentiero a destra (M2), dopo un primo tratto tranquillo in un bosco di faggi, il sentiero inizia bruscamente a perdere quota lungo un costone, fino a raggiungere un bivio. Svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Baveno (loc. Tranquilla) - M3/A, dopo aver guadato un torrente, continuiamo per un tratto in falsopiano, per poi proseguire alternando tratti in salita e discesa, nel periodo in cui siamo stati noi abbiamo dovuto con attenzione superare alcuni alberi caduti. Ritornati al bivio incontrato al mattino, ripercorriamo il medesimo itinerario fino alla macchina.
Malati di Montagna: Danilo, Pg e Fabio
Un cartello all'inizio della via avvisa che il sentiero per il monte Camoscio è interrotto per uno smottamento, in effetti il percorso principale non è agibile, ma è stato riaperto un sentiero poco più in basso che aggira l'ostacolo. Ci incamminiamo e all'inizio della strada sulla destra su un cartello giallo troviamo indicati le mete che si possono raggiungere e i tempi di percorrenza (Sent. M3 - M. Camoscio 1.30 ore). Dopo un breve tratto di strada sconnessa, con la quale passiamo al di sopra dell'autostrada, in breve arriviamo di fronte all'edificio dell'acquedotto, da dove imbocchiamo l'ampia mulattiera a destra che si inoltra nel bosco. Poco prima di un tornante, abbandoniamo la mulattiera e seguiamo il sentiero a destra che ripidamente inizia a guadagnare quota (indicazioni su un albero). In pochi minuti arrivati a un bivio, tralasciamo il sentiero a sinistra (M3/A), con il quale poi faremo ritorno e continuiamo a salire verso il M. Camoscio/M. Zughero. Seguendo i segnavia rosso-bianco-rosso guadagniamo quota velocemente all'interno di un fitto bosco e dopo aver attraversato un paio di torrenti, finalmente la pendenza inizia a diminuire. Superato un breve passaggio scalinato su roccia, arriviamo in pochi minuti a un bivio, tralasciamo momentaneamente a sinistra il sentiero per la Baita A.N.A. “Rifugio Papà Amilcare” e in breve con facile salita su fondo roccioso, raggiungiamo la croce del M. Camoscio 890 m, qui una pausa è quasi d’obbligo per godere del panorama mozzafiato sul lago Maggiore e le sue isole. Ritornati al bivio proseguiamo verso il rifugio, dal dove seguendo le indicazioni sulla palina segnavia affrontiamo un facile passaggio su roccette, raggiunto un pianoro lo attraversiamo e oltrepassata una solitaria quercia iniziamo a scendere perdendo quota per poche decine di metri. Riprendiamo a salire sul versante a nord, alternando tratti in falsopiano, arrivati davanti alla ripida parete del M. Crocino lo aggiriamo sulla sinistra passando dal versante Sud. Giunti a una sella, abbandoniamo momentaneamente il sentiero e seguendo una traccia, con un minimo d'attenzione saliamo in cima al M. Crocino 1023 m, altro punto panoramico. Ripreso il sentiero principale iniziamo dopo qualche minuto nuovamente a scendere fino a raggiungere un palina segnavia, da qui seguendo le indicazioni arriviamo all'alpe Vedabia 879 m, con alcune baite ancora in buono stato. Dalla palina segnavia iniziamo ora a seguire una strada sterrata verso destra e percorsi alcune decine di metri sulla sinistra troviamo un'ulteriore palina segnavia, sulla quale è indicato il sentiero che andremo a percorrere al ritorno per chiudere l'anello (M2 - Baveno). Continuando arriviamo a un trivio, saliamo a destra seguendo le indicazioni per il M. Zughero/Alpe Nuovo (Baita CAI)/Mottarone (sent. M3). La salita si svolge sulla vecchia strada sterrata che serviva la cava di granito, ormai abbandonata, del M. Zughero. Arrivati in prossimità della cava, proseguiamo seguendo il ripido sentiero che si stacca a sinistra (palina segnavia), durante l'ascesa possiamo osservare alcune strane forme di roccia, come un museo d'arte moderna a cielo aperto, il cui artista è nientemeno che madre natura. Giunti a una selletta, tralasciamo il sentiero che scende verso l’Alpe Nuovo (Baita CAI Baveno) e continuando verso destra in breve arriviamo in vetta al M. Zughero 1230 m, sormontato da una croce eretta dalla sez. CAI di Baveno in ricordo dei soci defunti. Su questo splendido balcone naturale ci fermiamo a riposare, la giornata è talmente splendida che non vorremmo più scendere!
Ritornati in prossimità dell'alpe Vedabua, imbocchiamo il sentiero a destra (M2), dopo un primo tratto tranquillo in un bosco di faggi, il sentiero inizia bruscamente a perdere quota lungo un costone, fino a raggiungere un bivio. Svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Baveno (loc. Tranquilla) - M3/A, dopo aver guadato un torrente, continuiamo per un tratto in falsopiano, per poi proseguire alternando tratti in salita e discesa, nel periodo in cui siamo stati noi abbiamo dovuto con attenzione superare alcuni alberi caduti. Ritornati al bivio incontrato al mattino, ripercorriamo il medesimo itinerario fino alla macchina.
Malati di Montagna: Danilo, Pg e Fabio
Monte Camoscio 890 m
Monte Crocino 1023 m
Monte Zughero 1230 m
direttamente dal museo di arte moderna!
quella montagna la sotto mi sembra di conoscerla...
niente neve nemmeno sulle cime della Valgrande...
...ma che panorami!!!
ci stiamo abituando troppo bene...!!!
Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
domenica 4 gennaio 2015
Il Mont’Orfano in compagnia con tanti amici...
Il Mont’Orfano è alto appena 794 m, il suo nome lo deve al fatto che si erge solitario all’imbocco della Val d’Ossola, sopra la pianura alluvionale di Fondotoce, che divide il lago di Mergozzo dal lago Maggiore. Proprio per questo motivo offre da ogni suo lato panorami di prim'ordine.
Per la sua posizione strategica, a partire dai romani, la sua storia è sempre stata segnata. Soprattutto durante la prima guerra mondiale, la montagna fu fortificata a scopo di difesa, con casermette e mulattiere militari, che facevano parte di quella grande opera di fortificazione delle Alpi, conosciuta come “Linea Cadorna”. Oggi grazie a queste opere si possono fare alcuni bellissimi itinerari escursionistici, con splendidi panorami sul lago Maggiore, sulle cime che circondano la piana ossolana e del Parco Nazionale della Val Grande.
Dall'autostrada A26 Voltri/Gravellona Toce usciamo a Verbania, per poi proseguire sulla SS34. Dopo aver attraversato il fiume Toce, svoltiamo a sinistra verso Mergozzo e oltrepassata una curva a destra (inizio sentiero), continuiamo ancora per alcune centinaia di metri fino a un'ampio spiazzo sulla sinistra dove parcheggiamo l'auto (località Pratomichelaccio).
Ripercorriamo a ritroso la strada da dove siamo arrivati e in prossimità della curva, poco prima di una casa cantoniera, imbocchiamo sulla sinistra il sentiero indicato da una palina segnavia (Linea Cadorna/Polveriera/Mont'Orfano), sul lato opposto un cartello metallico del CAI di Omegna ci informa che stiamo per percorre la mulattiera sulla parete Sud del Montorfano (205 m).
Dopo un breve tratto pianeggiante, svoltiamo decisamente a destra e oltrepassato un tratto con alcuni massi franati, iniziamo a guadagnare quota sulla mulattiera, ancora in buone condizioni che sinuosamente con ampi tornanti risale il fianco scosceso della montagna. Da sotto sembra quasi impossibile che abbiano potuto costruire una mulattiera su questo versante, un'opera d'ingegneria davvero notevole. Dopo un ripido tratto entriamo nel tratto più suggestivo, un'enorme grotta naturale detta "Occhio del Montorfano", all'inizio della quale ci si può dissetare a una fontanella. Usciti da questo affascinante anfratto la mulattiera compiendo lunghi tornanti con moderata pendenza esce dal vallone, fino a portarsi a un ripiano roccioso. Senza raggiungere la palina segnavia proseguiamo in piano verso destra arrivando in breve allo spiazzo dove sorge una casermetta a due livelli, addossata alla parete rocciosa (507 m), poco più avanti si apre l'entrata alla polveriera, completamente scavata nella montagna e visitabile con l'utilizzo di una pila o una frontale (con un angusto passaggio sopra un muretto si accede ad un cunicolo verticale con una scala a pioli in ferro, con la quale è possibile riguadagnare l’esterno sbucando sul vecchio poligono di tiro). Dopo aver ammirato lo splendido panorama sul Lago Maggiore, da questo balcone naturale, ritorniamo alla palina segnavia. Lasciato a sinistra l'ampia strada militare da dove poi faremo ritorno, proseguiamo in salita e dopo un paio di tornanti giungiamo in uno spiazzo, dove ancora si intravedono le solette delle cisterne interrate utilizzate al tempo per raccolta dell’acqua. Continuando in piano imbocchiamo nuovamente la mulattiera che riprende a salire all'interno del bosco, la pendenza non è mai eccessiva e permette senza troppa fatica d'arrivare dopo circa 30/40 minuti sulla tondeggiante cima del Montorfano.
In breve raggiungiamo il segnale trigonometrico dell’IGM collocato sul punto culminante del pianoro sommitale 794 m, da questa straordinaria posizione panoramica si possono ammirare in lontananza i 4000 del Sempione e le cime che circondano l'Ossola.
Dopo una doverosa sosta, ripercorriamo la mulattiera fatta in salita fino alla palina segnavia, da dove iniziamo a scendere lungo la strada militare ancora in buono stato (A58 - Casermette/Cave Granito/Verde/Mergozzo), Perdiamo quota moderatamente lungo il versante occidentale, durante il tragitto possiamo osservare le opere ancora ben conservate, costruite per lo scolo e l’incanalamento dell'acqua. Arrivati a un bivio con una palina segnavia svoltiamo a sinistra verso Pra Michelaccio, in breve raggiungiamo una postazione fortificata, costituita da due edifici ad unico livello costruiti a ridosso di un torrente e visitabili tramite un ponticello in cemento.
Proseguiamo attraversando un bel ponte in pietra ad arco e dopo circa una mezz'oretta arriviamo a ridosso delle case di Prà Michelaccio, da qui scendiamo lungo una stradina asfalta fino a incrociare la strada, dalla quale proseguendo a sinistra arriviamo allo spiazzo dove avevamo lasciato l'auto.
E per concludere degnamente la giornata tutti a far merenda da "Donna Francesca" all'Antica Osteria di Cossogno...!!!
Malati di Montagna
Lorenzo, Silvio, Andrea
Danilo, Fabio, Deborah, Pg
angoli suggestivi...
...
si cresce anche a testa in giù...!!!
panorami mozzafiato!
La mulattiera nel canalone del versante sud era stata progettata dai militari del genio
come strada di servizio per la polveriera, al riparo da attacchi nemici.
Alla sua realizzazione negli anni dal 1912 al 1915,
hanno contribuito con un duro e impareggiabile lavoro abili muratori
e scalpellini della zona, la cui maestria ha conferito al percorso i connotati
d'una vera opera d'arte, ancora oggi visibile dopo oltre novant'anni.
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28802 Mergozzo VB, Italy
Vivere la montagna, come una passione che va al di là dell'aspetto sportivo, ricercando quelle emozioni nascoste dentro di noi...
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