Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

lunedì 8 dicembre 2014

Un fine settimana lontano da tutto e da tutti...

Turisti della domenica, alpinisti ed escursionisti, salgono al mattino e rientrano alla sera. Pochi ormai si servono del rifugio per passare la notte. Ed è un vero peccato! Una notte in un rifugio è un’esperienza unica che tutti, prima o dopo, dovrebbero concedersi. Basta scegliere il rifugio giusto...come il rifugio Pietro Crosta. La magia della sera che si fa notte, il fuoco nel camino, l’incontro con persone sconosciute ma amiche, farà rivivere lo spirito più antico del rifugio alpino, una piccola capanna al riparo dall'immensità, provvisoria, romantica, distante dal mondo.
Grazie Enrico e Marina, per la vostra passione e professionalità che mettete nel gestire il rifugio

7.12.2014
CALVARIO - CAPPELLA DI MARISCH 512 m - SAN DEFENDENTE 549 m - CRUPPI 545 m - ANZUNO 551 m - TAPPIA - ANZUNO 551 m - CROSIGGIA 402 m - CALVARIO
DREUZA 1000 m - ALPE SOLCIO / RIF. PIETRO CROSTA 1751 m

Per raggiungere la località di partenza, percorriamo l’autostrada A26 verso il confine di stato e usciti a Domodossola, seguiamo le indicazioni per il Sacro Monte Calvario 380 m. L'auto la lasciamo nel comodo parcheggio al coperto (gratuito nel periodo in cui siamo stati noi), dopodiché ci dirigiamo verso l'ingresso del complesso monumentale, oltrepassato il quale arriviamo nel piccolo spiazzo dove termina la strada S. Quirico-Calvario.
Seguendo le indicazioni sulla palina segnavia (San Defendente/Cruppi/Anzuno - sent. D0), iniziamo a salire su una bella mulattiera selciata che taglia diagonalmente la montagna, fino a intersecare la strada asfaltata, che abbandoniamo subito, per continuare sulla mulattiera che in leggera salita prosegue all'interno del bosco. Attraversato un piccolo rio su un ponte in legno, in breve incrociamo nuovamente la carrozzabile, che seguiamo verso sinistra arrivando dopo qualche minuto alla Cappella di Marisch 512 m. Lasciati sulla destra i sentieri D0 per Bognanco Terme (4.05 ore) e il D1 per il Moncucco (4.00 ore), riprendiamo a salire, raggiungendo l'oratorio di Cruppi (549 m) eretto nel 1633 e dedicata a San Defendente che si staglia netto su un dosso roccioso. Scendiamo fra le case del paese e dopo aver tralasciato a destra i segnavia bianco/rossi per La Quana, in breve giungiamo la palina segnavia con l'indicazione per Anzuno (545 m). Usciti dal paese, superiamo un profondo gradino scavato nella roccia, per poi arrivare a un dosso, dal quale scendiamo fino ad attraversare un ruscello, riprendiamo a salire per poi proseguire lungo un tratto pianeggiante, prima in mezzo al bosco e poi oltrepassati alcuni ruderi in una radura con bella vista sul fondovalle. In falsopiano dopo aver attraversato alcuni terrazzamenti arriviamo all'oratorio di Anzuno (551 m), dedicato.a Sant'Antonio da Padova (seconda metà del XVII sec.). Secondo la tradizione Anzuno deriva da Nessuno, poiché nessun abitante di questo paesino sopravvisse alla terribile epidemia di peste del 1630.
Tralasciato il sentiero a sinistra con il quale poi faremo ritorno, ci addentriamo fra le case del paese, subito a destra possiamo notare l'edificio che ospita l'antico torchio da uva (XVIII sec.). Raggiunta una palina segnavia, lasciamo a destra il sentiero per La Tensa/La Quana/Vallesone e poco prima d'uscire dal paese sulla sinistra possiamo vedere il vecchio forno per il pane ancora funzionante.
Scendiamo per un breve tratto su asfaltato, per poi risalire una ripida rampa a destra passando accanto a un gruppo di baite; attraversato un canale, proseguiamo su una pista pianeggiante che abbandoniamo quasi subito per seguire il sentiero a sinistra indicato da una palina segnavia.
Contorniamo il fianco della montagna, per poi entrare nella valletta percorsa dal torrente Anzuno, che attraversiamo poco dopo su un bel ponte in pietra, al di la del quale un pannello didattico ci informa che siamo nella zona dei vecchi mulini, appoggiate sul lato di una delle baite si possono vedere due macine in pietra usate un tempo per la macinazione dei cereali.
Riprendiamo a salire nel bosco di castagni, per poi proseguire in falsopiano, alcune passerelle e ponti in legno aiutano a superare un tratto molto umido. Attraversato un piccolo canale usciamo alla Cappella dell'Oro, eretta come atto di pacificazione tra le comunità rurali di Tappia e Vagna a conclusione di liti secolari per i diritti di sfruttamento della montagna. "Oro" non ha niente a che fare con il metallo nobile, ma italianizza il vocabolo dialettale òr col significato di "orlo, bordo".
La mulattiera prosegue in piano nel bosco fra antichi terrazzamenti e dopo un breve tratto in salita, torna in piano, attraversati alcuni ruscelli e costeggiato il vecchio cimitero in pochi minuti arriviamo alla chiesa di S. Zeno (inizi XVI sec.) a Tappia (637 m). La chiesa è ben visibile dal fondovalle, un tempo ospitava al suo interno la celebre e venerata "Madonnaa del tarlap", una statuetta lignea di origine sconosciute, ora custodita nella chiesa di Valpiana. Ci addentriamo fra le case, dove oltre al forno per il pane (1871), una macina per spremere l'olio di noci e un torchio da uva (1776), da quest'anno è stato inaugurato anche l'agriturismo "La Cantina di Tappia". Abbiamo il piacere di conoscere Corrado il proprietario che oltre a farci visitare il locale, ci mostra con orgoglio la sua cantina di vini, che lui stesso produce in loco, recuperando con duro lavoro insieme al padre, alcuni terrazzamenti. Ripercorriamo il tratto di sentiero fino ad Anzuno dove ci fermiamo per una pausa ristoratrice davanti all'oratorio, all'ombra del grande ippocastano, ammirando il panorama sottostante.
Dalla palina segnavia scendiamo a sinistra e dopo un paio di tornanti proseguiamo in falsopiano nel bosco. Dopo qualche minuto la mulattiera offre il suo tratto più bello, con una scalinata pressoché rettilinea e sollevata dal suolo con grossi muri di pietra. Proseguiamo in piano fino a incrociare una strada asfalta che seguiamo per un breve tratto e dopo un primo gruppo di baite; scendiamo a destra su una scala metallica, riprendendo il vecchio sentiero che con un ampio giro porta all'oratorio di Crosiggia, vicino al cimitero. Da qui, lungo la strada asfaltata torniamo al punto di partenza. Prima di ripartire consigliamo assolutamente una visita all'interno del complesso Monumentale del Sacro Monte Calvario.
Malati di Montagna: Kiran, Silvio, Danilo e Homo Selvadego

Vedere tramontare il sole dal rifugio
non ha prezzo...



La via dei torchi e dei mulini
È un itinerario escursionistico che su snoda a mezza costa
da Villadossola al Sacro Monte Calvario e prosegue fino a Bognanco.
È un viaggio a piedi che percorre antiche strade di pietra e permette
di leggere il paesaggio agrario sulla montagna.
Un tuffo nel passato a due passi dalle città per ritrovare il piacere
di camminare nella natura e scoprire un'antica civiltà di cui siamo tutti figli.






Agriturismo "La Cantina di Tappia"



Il Sacro Monte Calvario di Domodossola,
luogo d'arte di rara bellezza, divenuto patrimonio mondiale
dell'umanità nel 2003, offre ai visitatori la possibilità 
di ripercorrere luoghi e sentieri della cultura e della tradizione
alla scoperta delle antiche civiltà rurali.
Un viaggio nel passato per conoscere il presente.





Rifugio Pietro Crosta



Via dei torchi e dei Mulini



8.12.2014
RIF. PIETRO CROSTA 1751 m - DREUZA 1000 m
PONTE DI OSSO / MARMITTE DI CROVEO 797 m
BACENO 655 m - CHIESA MANUMENTALE SAN GAUDENZIO sec. X - ORRIDO DI URIEZZO "SUD" - MAIESSO / MARMITTE DEI GIGANTI 552 m - BACENO

Vedere sorgere il sole dal rifugio
alle 7.00 di mattina con 0° con un vento fortissimo
non ha prezzo...




Croveo le streghe e il prete viperaio
Durante gli anni bui dell’Inquisizione, quaranta donne di Croveo 
furono processate per atti di stregoneria. La maggior parte di esse morì 
nelle carceri del vescovo di Novara o sul rogo. Il fenomeno delle streghe di Croveo 
forse risaliva alla sopravvivenza di riti arcaici con il culto di dei celtici. 
Forse a baluardo contro le pratiche di stregoneria fu costruita la grande chiesa 
di Croveo, dedicata a Santa Maria con la grande porta in legno scolpita 
che teneva lontani antichi riti pagani. La chiesa fu costruita tra il 1618 e il 1641 
con il denaro inviato dagli emigranti stabilitisi a Roma.


Don Amedeo Ruscetta, il prete che dedicò la sua vita alla cattura delle vipere 
da spedire ai laboratori sieroterapici, istruendo i paesani sul come conoscere 
e catturare questi rettili e facendo di Croveo il paese dei viperai.


Chiesa monumentale di San Gaudenzio a Baceno (sec. X)
Con la sua severa geometria, spicca contro il cielo rialzata sopra uno sperone roccioso, 
dominando la forra di Silogno. La chiesa dedicata a San Gaudenzio, 
primo vescovo di Novara, è costituita da 5 navate divise da 4 serie di colonne, 
particolare curioso ha un pavimento in salita formato da lastroni di serizzo.
Dal sagrato seguendo le indicazioni sulla sinistra
si può accedere agli Orridi di Uriezzo.




L'ultima glaciazione (chiamata "Wurm"), è iniziata circa 120.000 anni,
e durata fino a circa 15.000 anni fa. In questo punto confluivano il ghiacciaio
della valle Devero e quello della Valle Antigorio, formando una linga ghiaciale
della larghezza di circa sei chilometri ed uno spessore di circa 1300 metri!
Tra i 20.000 e i 10.000 anni fa il riscaldamento climatico portò ad una rapida
fusione dei ghiacciai e al loro ritiro.
Di questi ghiacciai restano importanti segni della loro antica presenza nelle forme
del paesaggio (morene, massi erratici, rocce montonate) e i alcuni interessanti 
fenomeni morfologici, come gli Orridi e le Marmitte dei Giganti.


Le Caldaie del Diavolo di Croveo
Alessandro Malladra, geologo di fama internazionale e direttore
dell'Osservatorio vesuviano, ben conosceva il territorio ossolano,
dopo anni d'insegnamento a Domodossola al Collegio Mellerio Rosmini.
In una nota di commento a "Il Bel Paese. Conversazioni sulle bellezze naturali,
la geologia e la geografia fisica d'Italia dell'abate Antonio Stoppani, cosi scrisse; (1908)

"Io non credo vi sia nelle Alpi una regione più classica, per ammirare e studiare
le marmitte delle cascate della valle del Devero nell'Ossola.
Le caldaie di Croveo rappresentano più marmitte consociate, della profondità
di forse trenta metri, mirabilmente lisciate dall'acqua che si precipita
nel vuoto sotto un arco naturale, formato da due enormi macigni che
si sorreggono a vicenda al di sopra dell'abisso..."


Orridi di Uriezzo 
Sono profonde incisioni scavate nella roccia, provocate
dai torrenti che un tempo scorrevano sul fondo del ghiacciaio 
che occupava interamante la Val Formazza. La peculiarità degli orridi 
di Uriezzo consiste nel fatto che il torrente che li ha modellati non percorre 
più queste strette incisioni, così oggi è possibile camminare al loro interno.
Gli orridi sono contraddistinti da una serie di grandi cavità subcircolari
separate da stretti e tortuosi cunicoli. Le pareti sono tutte scolpite 
da nicchie e scanalature prodotte dal moto vorticoso e violento di cascate
d'acqua e in certi punti si avvicinano a tal punto che dal fondo non 
permettono la vista del cielo.




Non sporgetevi dal ponte: attenzione al Rampign!
In luoghi "pericolosi", come ponti, canali o gole, è legata una leggenda
tramandata dagli anziani del paese, forse nata per incutere nei bambini
un senso di timore e per allontanare il rischio di cadere. Si racconta
di un'entità malvagia, il "rampign", che vive in questi luoghi pericolosi e che,
se non si sta attenti o ci si sporge troppo, trascina di sotto l'incauto allungando
improvvisamente un "rampino".

A/R Rifugio Pietro Crosta

2 commenti:

  1. Come non condividere le tue riflessioni su una notte in rifugio! esperienza unica, Bellissime foto Fabio ,-)

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    1. Ciao Flavio, è solamente quello che penso...poi ognuno di noi porta nel proprio zaino esperienza diverse a volte belle e a volte un po' meno...ma forse dipende anche da chi gestisce il rifugio, in questo caso due brave persone con cui si è creato un legame indissolubile...mandi, mandi

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