Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 4 maggio 2014

C'era una volta Nivolastro e Andorina...

La vita di un tempo a Nivolastro, raccontata da Lucia Anselmo, nata in una stalla a Nivolastro nel febbraio del '32 e vissuta qui fino all'età di 24 anni.
"Ce n'era di gente su a Nivolastro una volta, penso ventiquattro, venticinque famiglie. Tutte avevano mucche. La vita era dura, bisognava andare su in montagna tutte le mattine. Ci si alzava alle cinque, cinque e mezza. Bisognava badare alle mucche, poi colazione e poi si partiva per la montagna. Verso le sette eravamo già via, era lunga salire, un'ora buona di cammino, poi là si tagliava l'erba a mano. Si faceva seccare, era il fieno di montagna. Le mucche stavano sempre dentro, mangiavano quello che tagliavamo noi. Noi avevamo anche una capra. Mi ricordo sempre quella capra; una volta, io avevo credo 16 anni, siamo andati su a tagliare con mio fratello e gli ho detto: - Eh, oggi si che facciamo una bella mangiata -, perché avevamo una scatola di sardine. Abbiamo lavorato tutta la mattina, poi verso mezzogiorno, c'era un sole caldo, siamo andati a mangiare, poi abbiamo munto la capra. Di lì a un po' a mio fratello prende male, sia il caldo, sia il latte... E come fare?... Male, male, non poteva più camminare. L'ho preso in spalla e l'ho portato giù a Nivolastro. Gli abbiamo fatto delle tisane con le erbe e poi è stato meglio. 
Tutti facevamo quella vita, si partiva alla mattina e si stava via tutto il giorno. Mio papà faceva sempre la polenta alla mattina, si metteva dentro la mantila (una sorta di tovaglia). Era polenta dura, si tagliava a fette, si mangiava con toma, pomodori. La segale la coltivavamo noi e la portavamo giù a macinare da Geppe, al mulino di Ronco. A Nivolastro c'era solo un forno. Il pane lo facevamo fino in tempo di guerra, una volta al mese, poi è arrivato a Ronco e lo compravamo lì. Era duro, si tagliava col martello e, tac, andava un po' dappertutto, si prendeva su e si mangiava col latte. Non si facevano molte storie. Era tutto buono e c'era la salute, andavamo come delle lepri. C'erano dei vecchi, già proprio abbastanza vecchi, anche loro andavano su spediti.
Il prete veniva su e diceva messa, una volta la settimana. C'era la scuola, fino alla quarta. C'era Maria, non era una maestra, ma sapeva leggere e scrivere e ci insegnava. A maggio arrivavano gli uomini, c'erano tutti i lavori da fare, c'erano da mettere giù le patate. E se ne andavano in autunno, fino a maggio. Siamo poi andati in Francia, tutta la famiglia, io avevo 17 anni, perché papà era a Parigi. Mi ricordo il giorno, il 9 settembre, siamo partiti da Nivolastro a piedi con lo zaino. Siamo andati a piedi fino a Ivrea, Aosta, La Thuile. Poi con una guida siamo passati in Francia come clandestini. Poi dalla Francia abbiamo preso il treno, nessuno ci ha detto niente. A Parigi siamo rimasti così, perché era un cambiamento enorme... enorme. Siamo restati tutto l'inverno, a maggio siamo tornati. Mio fratello è rimasto a fare la scuola. Per tre anni d'inverno andavamo a Parigi per fare da mangiare a mio papà e mio fratello.
A Nivolastro avevamo il problema dell'acqua, bisognava andare a prenderla alle fontane, un po' lontano dal paese. L'acqua era preziosissima, per le mucche ce ne voleva tanta. Poi abbiamo fatto un acquedotto e siamo andati un po' meglio. Un altro problema era il - Mont del Trasi -, un posto pericoloso sul sentiero per scendere a Ronco. Un bambino che portava delle capre è stato spinto da una capra, è caduto giù ed è morto. E poi mi ricordo Bernard, un soldato... Era venuto su a Nivolastro in licenza e poi non voleva partire, diceva che gli facevano gli scherzi. Lui era timido, un bravo ragazzo, ma timido. Eravamo tutti a messa quel giorno, sono venuti su i carabinieri, l'hanno preso e l'hanno portato giù. Abbiamo poi saputo che arrivato a - Mont del Trasi - si è buttato nel burrone...
Ma parliamo di cose più allegre. Raccoglievamo tante fragole e mirtilli. Con i mirtilli facevamo un vino, buono, dolce. E poi le nocciole. Un anno abbiamo portato a Valprato nove quintali di nocciole. Ce n'era, ce n'era. Le portavamo a vendere da quello della corriera. Giuanin Corriera. Eh, anche di patate ne abbiamo portate giù quintali, sempre a Valprato. 
E poi dopo il lavoro, la sera nella mia stalla c'era sempre tanta gente. Prima cosa si diceva il rosario. Dopo una faceva una cosa, uno un'altra. Ognuno aveva il suo lavoro. Andavamo a dormire alle dieci, dieci e mezza d'inverno. C'era Vito che cantava. Era un'allegria. C'era molta unione."

Nivolastro




L'itinerario ad anello percorso oggi prende avvio da Ronco Canavese (940 m) in Val Soana, una delle valli piemontesi del Parco Nazionale Gran Paradiso, le due borgate toccate sono, Nivolastro (1423 m) e Andorina (1453 m),  in splendida posizione panoramica, non sono raggiunte da nessuna strada, ma da antiche mulattiere e sentieri, attraversando suggestivi boschi, dove il silenzio è rotto solo dal vento tra i rami...

Dall'autostrada A5 usciamo a Ivrea e proseguiamo in direzione di Castellamonte (SP565). Da Castellamonte continuiamo verso Cuorgnè per poi imboccare la Valle dell'Orco e, seguendo le indicazioni per Ceresole, arriviamo a Pont Canavese dove svoltiamo a destra per la Val Soana. Risaliamo la valle e oltrepassato Ingria arriviamo a Ronco Canavese 940 m. Lasciamo l'auto nell'ampio parcheggio davanti alla casa di riposo San Giuseppe.
Seguiamo via Vittorio Emanuele dietro la casa di riposo e, subito a destra insieme ai segni di vernice bianco/rossi, troviamo anche l'indicazione per Nivolastro. Lasciate le ultime case alle nostre spalle e attraversato un ponticello, imbocchiamo la bella mulattiera che sale costeggiando il torrente. Dopo pochi minuti pieghiamo a destra, guadagnamo quota con alcuni tornanti e giungiamo al "Mont del Trasi", un balcone naturale, formato da un grande pietrone, un assaggio dei panorami che oggi andremo a gustare. Continuiamo nel bosco di conifere incontrando sul nostro cammino alcune interessanti cappelle votive con porticato, costruite a protezione ed a riposo dei viandanti, testimonianza di quanto la fede fosse profondamente radicata nel mondo rurale della montagna.
Raggiungiamo una grande vasca in pietra (monolito) usata per abbeverare gli animali, in breve, proseguendo in leggera salita verso destra, raggiungiamo Nivolastro 1423 m, uno dei migliori esempi di architettura alpina della valle Soana. Arrivati alla chiesetta dedicata a San Grato, l'unica costruzione a presentare un buon livello di conservazione, ci concediamo una pausa, ammirando il panorama. Attraversiamo Nivolastro con le sue imponenti case e seguendo i segnavia continuiamo in piano sulla mulattiera fiancheggiata da muretti a secco, dopo pochi minuti tralasciato il sentiero a destra che scende a Chiapetto, entriamo in un bel bosco di larici, faggi e aceri. La traversata presenta diversi saliscendi, passiamo senza problemi un primo valloncello, ma arrivati in prossimità del successivo, troviamo a sbarrarci la via un grosso nevaio che copre il torrente sottostante. Franco con cautela passa per primo constatando la tenuta e poi man mano lo attraversiamo tutti. Dopo pochi minuti il sentiero perde quota velocemente verso una gola rocciosa. Dopo alcuni gradini in ferro arriviamo nei pressi del ponte in legno che purtroppo è parzialmente crollato, al suo posto sono state collocate delle corde fisse che aiutano a non scivolare sulle rocce bagnate (cautela). Riprendiamo a salire arrivando in breve ad Andorina 1453 m, consigliamo di effettuare una deviazione sul pianoro sovrastante le case, da dove si ha una vista splendida sulla testata della valle e sulla Rosa dei Banchi.
Per la pausa pranzo sostiamo sul sagrato della chiesa parrocchiale dedicata a San Silverio martire. Il paese ormai si anima solo d'estate, quando la gente sale quassù per festeggiare san'Antonio, protettore del paese e al quale si riferisce una leggenda che si ritiene abbia dato origine alla festa.

Un giorno di giugno un bimbo assai piccolo, di appena cinque anni, mentre era al pascolo nei dintorni di Andorina, fu avvicinato da un uomo che si diceva fosse un mago. Egli, non si sa come, riuscì a convincere il bambino ad allontanarsi dalle sue mucche e a seguirlo in un luogo appartato. Lo portò dietro ad alcune rocce, ma, quando cerco di toccarlo, si accorse che era protetto come da una barriera invisibile, poiché portata al collo una medaglietta di sant'Antonio. Il mago cercò di convincere il bambino a togliersi la medaglietta, ma ottenne un rifiuto. Tentò allora di togliergliela con dei bastoni, ma anche questo tentativo risultò vano. Intanto nella frazione erano iniziate le ricerche del bambino, invocando l'aiuto di sant'Antonio. Dopo qualche tempo il piccolo venne ritrovato, singhiozzante ma illeso, e raccontò del suo cattivo incontro con il mago. I paesani, felici per lo scampato pericolo, decisero di passare il giorno seguente a festeggiare e ringraziare il loro santo protettore. 

Andorina




Per il ritorno si può scendere a Chiapetto con il sentiero che inizia dalla chiesa, oppure, come abbiamo fatto noi, seguire i segnavia tra le case e una volta raggiunto un grosso masso, seguire il sentiero che scende a sinistra indicato da una freccia e dalla sigla "V". Fare attenzione a non seguire quello con la sigla "Reg" che sale verso monte per poi proseguire in piano verso la testata della valle.
Questo itinerario permette di scendere in un fitto ma bellissimo bosco di faggi e abeti, percorretelo con calma, ascoltandolo, sarà in grado di darvi sensazioni indimenticabili. Facendo attenzione ai segnavia arriviamo alla fine del sentiero tra il bivio per Chiesale e il cimitero di Valprato.
Seguiamo la strada provinciale verso valle e oltrepassate le case di Valprato Soana, dopo pochi minuti, svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Zurlera.
Al di là del ponte, poco prima di raggiungere le case, svoltiamo a destra seguendo una labile traccia che scende tra i prati, poco dopo su un sasso un segnavia rosso/bianco ci conferma che siamo sul sentiero. Entrati nel bosco proseguiamo in falsopiano rimanendo a lato del torrente raggiungendo le case di Scandosio. Dal paese saliamo a sinistra arrivando alla bella chiesa restaurata, dove si celebra ogni anno la festa di Sant'Anna, le passiamo sul lato destro uscendo dal paese, arrivati a un ponte in legno lo attraversiamo, per poi continuare in discesa sulla stradina asfaltata. Al bivio svoltiamo a sinistra entrando tra le case di Cernisio, giunti alla chiesetta svoltiamo a destra e seguendo le indicazioni per Ronco su un cartello in legno, imbocchiamo il sentiero contrassegnato dai segni di vernice bianco/rossi. Poco dopo tralasciata una pista agricola che sale a sinistra, attraversiamo un prato per poi entrare nel bosco. Il sentiero all'inizio è stretto e prosegue alto sul torrente che scorre tumultuoso. Con un continuo saliscendi giungiamo a un bivio, tralasciamo le indicazioni per Tiglietto e scendiamo a destra percorrendo un ripido sentiero scalinato. Arrivati in fondo continuiamo in piano verso sinistra fino al ponte in legno che attraversiamo, sul lato opposto seguendo a destra la strada asfaltata in breve arriviamo al parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto al mattino.
Malati di Montagna: Giuseppe, Patrizia, Silvio, Franco, Andrea, Danilo, Pg, Deborah e Fabio

Giuseppe, Patrizia, Danilo, Franco, Andrea
Fabio, Pg, Deborah e Silvio


a noi basta poco per esser felici...!!!


le nostre guide vigilano attente sul percorso...
corde fisse in alternativa al ponte in parte crollato


by Patrizia





by Danilo





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