dal “Rifugio Pian delle Gorre” (1.000 m.) al “Rifugio Piero Garelli” (1.970 m.)
Appuntamento a casa di Danilo alle ore 6,00. I protagonisti di questa nuova vacanza sono:
-Fabio;
-Danilo;
-Flavio;
-Kiran;
-Lorenzo;
-Franco.
Con le nostre potenti autovetture entriamo nel “Parco Naturale Alta Valle Pesio e Tanaro” e le lasciamo nel parcheggio a pagamento (costo € 3,00) del rifugio Pian delle Gorre nel comune di Chiusa di Pesio (CN) all’altezza di 1.000 m.s.l.m..
Sono le 9,20, la trasferta è andata bene, salvo un po’ di coda per lavori sulla tangenziale torinese. Pensavamo occorressero almeno quattr’ore. Meglio così.
Per dare una più precisa collocazione, siamo nelle Alpi Liguri, comprese tra il Colle di Cadibona ed il Colle di Tenda.
Il protagonista di quest’anno sarà il massiccio del Marguareis ed il nostro scopo è di fare il tour del massiccio di questa bella montagna dolomitica con i suoi 2.651 m.. La vetta più alta del parco nonché delle Alpi Liguri, ultimo contrafforte delle Alpi Occidentali.
Alle ore 9,43 siamo operativi e ci incamminiamo, è fresco e nuvoloso ed ovviamente non attacchiamo la strada normale. La strada per il rifugio Garelli è a sinistra del rifugio Pian delle Gorre, dopo duecento metri si svolta a sinistra per il Pian del Creus. Si sale nel bosco di abete bianco del Buscaiè e si giunge al Pian del Creus (1.269 m.). Attraversiamo il pianoro, il ruscello e si prosegue nel vallone sino al Gias Madonna (1.653 m.).
Sin dalla partenza è stato nuvoloso ma qui il sole prende il sopravvento, caldo, rovente con un cielo incredibilmente terso. Sulla nostra sinistra si staglia il paretone grigio chiaro e verticale sottostante la Punta Bartivolera (1.957 m.). Piccola sosta per il ristoro e per le foto di rito.
Durante il conciliabolo si stabiliscono le mansioni dei componenti del gruppo:
-Fabio: direttore/capogita;
-Danilo: tesoriere, senza portafoglio;
-Kiran: paparazzo, photo-man, sveglia umana della mattina;
-Lorenzo: fotografo ufficiale;
-Flavio: portatore di zaini per chi va in crisi;
-Franco: narratore e relatore.
Preso atto e verificato che il percorso svolta a destra per giungere, dopo un lungo traversone e oltre il Gias della Costa, al Gias Soprano di Sestrera (1.842 m.), i formidabili sei si fiondano sulla destra entrando in un bel bosco di abeti. Arrancano su, lungo un percorso un po’ strano …. non più segnato dal segnavia …. con molto verde sul sentiero, rami e arbusti sempre più fitti ….. sino ad arrivare sul fianco della montagna in un bel prato verde verde a 1.820 m.. Qualcosa non quadra. Ma dove siamo finiti?
Abbiamo preso quota troppo in fretta e i segnavia non sono mai comparsi sin dall’attacco del sentiero. Abbiamo sbagliato clamorosamente strada?
Ufficialmente sì, in realtà siamo sul sentiero tratteggiato sulla cartina al punto denominato “Comba comune”. La guida alpina che incontreremo più tardi al rifugio Garelli ci spiegherà che anche seguendo quel sentiero ci saremmo ricongiunti più in alto al Gias della Costa ma, non avendo portato su gli animali dalla bassa valle, il sentiero non risulta più marcato, fagocitato adesso dalla fitta bassa vegetazione locale.
Optiamo per ritornare verso il punto di partenza o comunque sino all’ultima segnavia visto al Gias della Madonna, giù per 200 metri.
All’attacco iniziale del bel bosco compare il cartello con le indicazioni per il rifugio Garelli ovviamente con un nuovo sentiero.
Risaliamo il fianco ripido della montagna alla nostra sinistra addentrandoci in un nuovo bosco fitto e verdissimo. Adesso il sentiero è assolutamente marcato e netto. Passiamo la Croce di Sestrera e sul terrazzo prima del Gias della Costa non possiamo non fermarci ad ammirare lo spettacolo del Marguareis e del suo massiccio. Impressionati dalla sua imponenza con le sue pareti grigio chiaro in netto contrasto con il cielo di un intenso azzurro. E’ una montagna calcarea dai due “volti”. Su versante nord, il nostro, offre aspre pareti calcaree verticali, profondamente incise da ripidi canaloni. Comprendiamo ora l’appellativo di “piccole dolomiti”.
Le nuvole cominciano a risalire dalla bassa valle e, a tratti, coprire le cime circostanti.
Il panorama a 360 gradi è affascinante e rilassante. Il verde intenso della vegetazione, il grigio luminoso del calcare ed il cielo azzurro.
Sostiamo per un’altra piccola bevuta ma in realtà per immagazzinare le immagini del Marguareis che cambia il suo volto in continuazione. Superiamo il Gias della Costa e assaporiamo l’acqua fredda della fontana al Gias Soprano di Sestrera. D’ora in poi Fabio conia con “Bela Freska” l’acqua sorgiva e di fontana di tutte le prossime soste.
Sin da lontano il rifugio appare con la sua struttura particolare, tetto triangolare a tre altezze diverse e decrescenti. Pare quasi voler mantenere e rispettare il profilo del massiccio.
Alle 15,30 giungiamo al Rifugio Piero Garelli (1.970 m.).
Preso possesso della camerata, doccia con acqua calda. ….. ed inizia la lunga attesa della cena che verrà servita alle 19,30…. Una lunga attesa!
Vicino al rifugio c’è il parco botanico che a prima vista sembra di piccole dimensioni ma la sua visita vi farà cambiare idea.
Tra le note di colore si evidenzia il cortese saluto di una coppia di giovani in partenza dal rifugio che salutano con il “buon giorno” il nostro Danilo e con “ciao” me e Flavio. Ovviamente non possiamo mancare di sottolineare tale differenza a Danilo la cui reazione porta ad una serie di affermazioni che per motivi immaginabili non vengono riportate su tale onorevole relazione. La sua conclusione comunque è stata: “Ci manca solo che quando salgo sul metro si alzino per farmi sedere…”.
Durante i preparativi per la notte, io e Danilo sfoderiamo i nostri magnifici sacchi lenzuolo in seta, oltre alla fodera del cuscino. Oggetti che uomini rudi come Fabio non possono certo apprezzare.
A proposito di Fabio, da due settimane non si taglia più la barba. Più precisamente da quando ha terminato con me e Danilo l’Alta Via del Granito (Cima d’Asta).
La nota fastidiosa, dall’esclusivo punto di vista di chi scrive che ha la barba quasi bianca, è che la sua barba è completamente marrone senza peli bianchi mentre a causa della mia mi chiamano già nonno ed in inverno Babbo Natale!
Assatanati come delle locuste (siamo in giro dalle cinque del mattino), alle 19,20 ci accomodiamo a tavola. Menù:
-minestrone di verdure (due portate);
-pipette al pomodoro (tre portate);
-arrosto di carne con polenta e piselli (due portate);
-acqua del rubinetto, vino rosso (1 litro), birra (1 litro);
-macedonia o crostata o budino;
-grappa e genepy;
-caffè.
Cominciamo a ragionare… Dal tavolo possiamo osservare il Marguareis pulito, senza più nuvole e con mezza luna che pare volersi appoggiare sopra. Le nuvole alle 20,38 sono tutte sparite. Adesso il letto di nuvole si stende ai nostri piedi sopra la bassa valle e noi ci gustiamo il tramonto che indora tutte le cime circostanti e libere.
Una guida alpina al rifugio ci conferma che la struttura del rifugio è stata progettata da un architetto nel rispetto della linea delle montagne circostanti a seguito dell’incendio della precedente struttura. Sempre su indicazione della guida, progettiamo il tour di domani evitando di andare direttamente al rifugio Mondovì che dista a due ore circa.
Ore 22,00: tutti a nanna tranne Kiran e Lorenzo che stanno effettuando una serie infinita di esperimenti fotografici all’esterno per riprendere il tramonto, la luna, le stelle, il rifugio, tutto!
17 agosto 2010
dal “Rifugio Piero Garelli” (1.970 m.) al “Rifugio Mondovì – Havis de Giorgio” (1.761 m.)
Sveglia alle ore 6,30, colazione alle 7,30, partenza alle 8,30. Camosci vicino al rifugio, photo-man all’opera e tempo bello.
Dal Pian del Lupo risaliamo fino al Colle di Porta Sestrera (2.225 m.). Anziché seguire il sentiero che porterebbe in poco tempo al rifugio Mondovì, lungo la discesa da Porta Sestrera attacchiamo sulla destra il sentiero della Via Alpina per il Colle del Pas (2.342 m.), cui giungiamo alle 10,30 circa. Già da qui assaporiamo il bel panorama verso sud e verso nord.
Guardando verso sud, la punta del Marguareis è alla nostra destra con le più vicine cime “Cima Bozano” (2.564 m.) e “Cima Palù” (2.538 m.). Risaliamo il sentiero sulla sinistra che si inerpica sino alla “Cima Ballaur” (2.604 m.).
Panorama spettacolare a 360 gradi dal Mar Ligure a tutto l’arco alpino occidentale sino al Monviso, il Cervino ed il massiccio del Monte Rosa.
Pranziamo immersi in un mare di stelle alpine, un’infinità.
Si intravvede il mare ma da sud osserviamo anche il fenomeno delle nuvole che pare prender vita e risalgono dal mare e dalle basse valli.
Alle 12,00 scendiamo verso il Colle del Pas ove il vento forte porta su le nuvole che si dissolvono sopra le nostre teste. Fantastico.
Giunti al laghetto sottostante senza nome sostiamo ancora lungo il torrente, riparati dal vento, per goderci l’ambiente circostante, il sole e tutti i colori.
Prendiamo il sentiero che ci evita la ripetizione di parte di quello già fatto nella mattina sino a raggiungere la via principale per il Mondovì, poco prima dell’incrocio col sentiero del Lago delle Moie. Velocemente il sentiero conduce sopra il Lago Biecai (1.975 m.) che al momento è una simpatica distesa erbosa. Niente acqua. Per quanto apprendiamo, il lago si forma durante la stagione primaverile.
Superiamo le Rocche Biecai da cui si possono ammirare la “Cima delle Saline” (2.612 m.) che dal nostro lato ha un aspetto dolomitico, mentre dalla Cima Pian Ballaur ha tutte le sembianze di un “mammellone”, termine usato dalla guida.
Lorenzo ha qualche difficoltà a causa della lieve distorsione della sua caviglia destra.
Siamo quasi al rifugio e nel vederci arrivare lungo il sentiero un cane di razza beagle si blocca davanti a noi, più precisamente davanti a Fabio. Solo con l’arrivo della sua padrona ci supera, richiamato più volte dalla stessa. Io e Danilo ci chiediamo per quale motivo il cane si è fermato … ovvio, Fabio è davanti a noi e il suo aspetto da vero uomo rude con barba folta di due settimane inquieta pure il povero quattro zampe.
Adesso comprendiamo anche l’affermazione di Fabio ridacchiante che ci raccontava della signora incontrata prima sempre lungo il sentiero che ha mandato avanti il marito ….
Alle 14,30 arriviamo al “Rifugio Havis de Giorgio – Mondovì” (1.761 m.) da cui si può ammirare il Monte Mongioie (2.630 m.).
Doccia con acqua calda. Non c’è copertura di rete per il cellulare. Telefono pubblico.
Il rifugio è bello e ben tenuto. Dalle tre cornici appese al muro, apprendiamo che il rifugio è stato inaugurato il 7 luglio 1929 – Anno VII – alle sorgenti del fiume Ellero. Ore 10,30 di allora, Cerimonia di Inaugurazione e ore 12,00 Pranzo. Menù di quel dì:
-minestrone o antipasto;
-arrosto;
-frutta e formaggio;
-pane.
“Il custode fornirà vino a Lire 4,00 la bottiglia”. Così riporta la Scheda di Adesione del CAI – Sezione di Mondovì.
Ritornando nel 2010, alle 19,30 siamo ovviamente sul pezzo, cioè a tavola (mi chiedo perché nessuno ritarda mai …):
-antipasto: crostini al paté di olive;
-primo: pasta al sugo rosso e alla salsa di noci;;
-secondo: spezzatino con patate arrosto, zucchine e carote lessate;
-dolce: bonnet;
-caffè;
-grappa e genepy.
Qualità e quantità delle pietanze superiori al rifugio Garelli. Non manchiamo di ringraziare più volte il gestore che si dimostra cortese, affabile e simpatico.
Non ce ne accorgiamo quasi ma sono già le 22,15. Il tempo è volato e la serata a tavola è stata veramente piacevole. Tutti a dormire perché domani sarà veramente una lunga giornata.
18 agosto 2010
dal “Rifugio Mondovì – Havis de Giorgio” (1.761 m.) al “Rifugio Mongioie” (1.555 m.)
Questa è la giornata più tosta del giro perché il nostro programma prevede la variante dei laghi evitando il Passo delle Saline.
Siamo pronti e concentrati? No! E’ stata una nottata infernale per me e Fabio grazie alla “resegata” in Do maggiore di Flavio, Lorenzo, Kiran e Danilo, ovviamente alternata tra loro. Solo chi dorme nei rifugi può comprendere l’angoscia di una nottata quasi in bianco.
Conclusione, nemmeno l’Ipod è servito a coprire la sinfonia… Kiran, non contento, si è messo pure a parlare nel sonno per qualcosa che doveva fare, ma non si è capito cosa.
Partenza alle 8,15. Salutiamo il gestore e anche oggi il tempo è bello e ventilato. Solo qualche nuvola si affaccia dalla bassa valle.
Velocemente tocchiamo la Gias Gruppetti ove però non vediamo alcun sentiero marcato oltre a quello che sale per il Passo delle Saline. Le informazioni assunte confermano i problemi per trovare il sentiero. Nel prato alla nostra sinistra vi sono delle tracce e ci inerpichiamo. A un certo punto scompaiono e saliamo lungo pendii erbosi. A quota quasi 2.000 m. troviamo dei tagli che seguiamo sino ad un torrente che funge da ampio letamaio delle mucche al pascolo. Poco a sinistra del torrente scorgiamo una malga la cui struttura, come quella di tutti gli altri che troveremo lungo il percorso, è ben lontana da quella delle Alpi orientali del Veneto e del Trentino – Alto Adige.
Proprio all’altezza del letamaio scorgo il segnavia bianco e rosso. Lo attraversiamo e da lì continuiamo a inerpicarci lungo il sentiero adesso ben marcato sino al Colletto della Brignola (2.330 m.) alle 10,30. Piccola sosta e poi giù verso il Lago della Brignola (2.131 m.).
Giornata incantevole, un piccolo paradiso. Sole caldo, aria fresca, cielo limpido e terso. Sostiamo lungo le rive del lago dall’acqua limpida e pieno di pesci che si affacciano in superficie.
Alle 11,50 saliamo verso il Bocchino della Brignola (2.256 m.).
Lorenzo, il nostro fotografo ufficiale, è incaricato di fotografare qualsivoglia animale si muova nella zona. Rane, rospi, raganelle, e poi marmotte a non finire. Povero, pensava di trascorrere qualche giorno di vacanza in un trekking normale e invece deve dare il massimo sia con la macchina fotografica sia con le proprie gambe.
Riscendiamo il sentiero nel prato marcato con paline “n. 5” sino a costeggiare sulla sinistra il Lago della Raschera (2.108 m.). Altra piccola sosta per ammirare la parete verticale del Mongioie che domina tutto il comprensorio dal suo versante nord con la statua della Madonna sul tratto sommitale. Affascinante e intrigante. Il Lago Raschera giace placido ai suoi piedi.
Crediamo che il Tour del Marguareis senza questa variante sia gravemente incompleto per il fascino, la maestosità dell’ambiente, la semplicità dei verdissimi pendii erbosi.
Alle 13,50 ripartiamo. Il cartello da’ il tempo in 50 minuti per l’arrivo al Bocchino dell’Aseo (2.292 m). Ne impieghiamo trenta. Siamo inseguiti da un intero sistema nuvoloso che però in prossimità della forcella perde la propria battaglia contro i venti risalenti dall’altro versante, quello sud. Al Bocchino dell’Aseo osserviamo il movimento delle nuvole. La cima del Mongioie al momento resta ben sgombra dalle nuvole e così decidiamo tutti insieme di salire per la Cima del Mongioie (2.630 m.). In 45 minuti siamo sulla cima, investiti dalle nuvole e da forti e freddi venti provenienti da sud. Durante la salita intravvediamo la statua della Madonna e impressiona il precipizio della parete sottostante che non molto tempo prima osservavamo dal basso lago.
Sosta in vetta. Purtroppo le nuvole corrono veloci ma le cime vicine impediscono di coprire il Piano Marchisio ove giace il Rifugio Mondovì da cui siamo partiti la mattina stessa.
In trenta minuti torniamo al Bocchino dell’Aseo e puntiamo il Rifugio Mongioie prevedendo di raggiungerlo per le ore 17.00.
Il Rifugio Mongioie è ubicato nell’Alta Val Tanaro al Pian Rosso, un grande pianoro in zona pascoliva posto sopra l’abitato della frazione Viozene (1.245 m.) ad un’ora circa dalla base della parete sud del Mongioie, nel gruppo omonimo.
Fabio è il primo a giungere al rifugio alle ore 16,50 (1.555 m.). Siamo assetati e affamati come se non mangiassimo da giorni. La cena della sera prima è stata bruciata già prima del Colletto della Brignola.
Ci sediamo a tavola alle 19,30, vergognosamente affamati. Il menù fisso della mezza pensione:
-primo: pasta al pomodoro (praticamente tre piatti a testa);
-secondo: scaloppine con peperonata;
-formaggio: Raschera con miele;
-dolce: crème caramel e bavarese al mirtillo.
Per chi facesse finta di non ricordare, rammento che al nostro secondo giro del primo, gli altri commensali erano al formaggio!
Il gestore è simpatico, disponibile e oltremodo gentile per tutto quanto ci ha servito.
Flavio conferma che il genepy del Mondovì era squisito. Come digestivo ordiniamo genepy e grappa al limone. Il primo è forte e buono, la grappa, mai assaggiata al limone, è molto gradevole (fatta in casa).
Digressioni:
-il gruppo è formato da sei persone di sesso maschile;
-due under trenta anni;
-tre under cinquanta anni;
-uno over cinquanta anni.
Un coniugato, un separato e quattro singles.
Il nostro paparazzo ha brevettato il reggicalze da montagna grazie all’ausilio della spilla da balia che ferma i pantaloni arrotolati.
Danilo ha il naso rosso come un peperone perché si è dimenticato di mettere la crema.
Ci chiediamo ancora cosa urlava il malgaro con i suoi tre cani alle sue vacche durante la discesa al Lago della Brignola. Premesso che pareva camminare nel vuoto, in realtà era su una piccola cengia di una ripida parete grigia, Fabio, Danilo ed io siamo convinti che mandasse a “fanculo” le proprie mucche nell’intento di raggrupparle.
…. Anche Fabio ha la fronte scottata.
E’ giunta l’ora dei timbri dei rifugi del Piemonte, un classico dell’occupazione serale nell’attesa di coricarci…… Kiran mette il timbro al contrario … scopriamo anche che il “Premio Fedeltà ai Rifugi” è diviso tra il Piemonte del nord e del sud, dieci timbri per parte.
19 agosto 2010
dal “Rifugio Mongioie” (1.555 m.) al “Rifugio don Umberto Barbera “ (2.079 m.)
Dopo l’ennesima notte pesante per chi non russa, grazie ai nostri compagni russatori professionisti, facciamo colazione verso le 7,30 ed alle 8,20 siamo in marcia.
Non vogliamo arrivare al Rifugio Don Barbera nelle quattro ore e mezza previste dalla segnaletica, ragion per cui procediamo lentamente con abbondanti soste.
Teniamo anche presente che il giorno precedente abbiamo fatto 1.300/1.350 metri in salita e circa 1.000 metri in discesa. Il rifugio che stiamo lasciando è dominato, da destra verso sinistra, dal Monte Rotondo (2.497 m.), dal Mongioie (2.630 m.), dalla Cima delle Colme, dalle inferiori Cime delle Colme (dai 2.330 metri ai 2.400 m.), dalle Rocce del Manco a 2.200 metri circa.
Lasciato il Piano Rosso arriviamo all’altezza della Grotta delle Vene a 1.481 m. sotto le Rocce del Manco. A ridosso della parete verticale c’è la risorgiva delle Vene che origina un bel torrente attraversabile con un ponte sospeso e di recente costruzione.
Seguiamo il sentiero immerso nel fitto bosco sino alla Colla del Carnino (1.592 m.) per giungere sino ai Tetti delle Donzelle. Ci troviamo nel nuovo Vallone del Carnino.
A dieci minuti, il cartello segnala il Rifugio Ciarlo Bossi (1.526 m.).
O meglio, il Rifugio Carlo Ciarlo Giorgio Bossi, ubicato ai piedi della bastionata della Rocca delle Donzelle (1.881 m.), all’estremità delle Rocce del Manco sopra Carnino Inferiore, nel gruppo del Mongioie. Il rifugio è chiuso, approfittiamo comunque per una breve sosta.
Scendendo lungo il sentiero nel bosco, tocchiamo Carnino Inferiore (1.370 m.), un antico paesino montano, molto piccolo con abitazioni in pietra molte delle quali in fase di ristrutturazione.
Sostiamo davanti alla Chiesa “Madonna delle Vene” nel paese di Carnino Superiore (1.397 m.). Piccola colazione e si riparte. Poco fuori dell’abitato, un po’ più sviluppato del precedente e con caratteristici angoli e vie dei paesini montani, superato il ponte di legno sopra un vigoroso torrente, troviamo un sentierino che sale sulla destra del sentiero per giungere alla cascata del torrente alla cui base si trova una grande vasca d’acqua scavata nella roccia chissà dopo quanti secoli.
Fabio in pochi secondi è con i piedi in acqua, che ovviamente è “bela freska”!
Dalla lettura della pianta dettagliata, apprendo che quel torrente è formato dalla confluenza di altri due torrenti, che sorgono sotto la Cima degli Arpetti, e dalle acque della Sorgente della Soma.
Ci appollaiamo nuovamente sul roccione levigato sotto il bel sole caldo. A proposito del tempo! Sin dalla partenza il tempo è stato soleggiato, già caldo, umido e con velature nuvolose in quota.
Costeggiamo la sinistra orografica del Vallone del Carnino, ai piedi della Cima degli Arpetti (2.418 m.) che fa da avamposto alla Cima Pian Ballaur ed alla Cima delle Saline (2.614 m.). Fa caldo, siamo sotto il sole a picco di mezzogiorno e non c’è un filo di vento. In compenso è pieno di mosche, mosconi, moschini, e tafani di considerevoli dimensioni. Spesso ci ritroviamo avvolti da nuvole di farfalle azzurre. Giungiamo al Piano Ciucchea a 1.660 m. circa e sulla destra si staglia la Cima di Piaggia Bella sotto cui si inerpica il sentiero per il Passo delle Mastrelle (2.023 m.) che la segnaletica da’ in un ora.
Noi invece proseguiamo per il tratto fonale del Vallone Carnino sino alla Gola della Chiusetta (1.800 m.). Da qui il paesaggio cambia completamente, ritornando alle rocce calcaree ed ai pendii erbosi e verdi. Finalmente a casa. Superiamo il primo vallone dove è situata la “Fontana del Cilinass” e, arrivati, a quota 1.990 m. circa, troviamo i ruderi del rifugio Selle di Carnino.
Entriamo nella “Valle dei Maestri” sovrastata alla nostra destra dalla Cima Palù (2.541 m.) ed alla sinistra dalla Cima Pertega (2.404 m.).
Alle 15,00 siamo al Rifugio don Umberto Barbera (2.079 m.), ubicato vicino al Colle dei Signori (2.111 m.), importante valico di transito tra la Valle Pesio, Vermenagna, Roja e Tanaro, oltre a essere il punto divisorio confinale italo-francese.
Per la cronaca, non è più quel rifugio riportato dai vari libri con 16/18 posto letto. Quel rifugio c’è ancora ma è abbandonato.
La proprietà del Parco Naturale alta Valle Pesio e Tanaro ne ha fatto costruire uno tutto nuovo, modernissimo e architettonicamente affascinante.
Cena alle 19.30, affamatissimi come sempre, con menù fisso servono:
-antipasto: crostini;
-primo: minestra di verdure e pipette con sugo;
-secondo: polenta e formaggio, salsiccia, funghi e polenta, wurstel e crauti;
-dolce: torta della casa ben guarnita e servita;
-grappa e genepy;
-caffè.
Entrando nel rifugio non o potuto non osservare la presenza di un cuoco, vestito da cuoco. Il suo nome è Pietro e si rivelerà semplicemente mitico.
Il gestore ci mostra il rifugio. L’ambiente è confortevole, nuovo, moderno e molto pulito.
Oltre al gestore, che ci lascia subito dopo, e a Pietro, si danno il turno due giovani fanciulle che paiono attirare l’attenzione di qualcuno dei nostri gregari…
Al rifugio non c’è copertura per il cellulare, occorre quindi spostarsi bel al di sopra verso il parcheggio delle auto. Casualmente Lorenzo ha dovuto telefonare proprio nello stesso momento in cui una delle nostre rifugiste si è allontanata per lo stesso motivo. Scomparsi nella nebbia ai piedi del Marguareis … sono tornati subito dopo!
Alle 22.00 a letto per addormentarci profondamente sino all’alba del nuovo giorno le cui previsioni metereologiche sono pessime.
20 agosto 2010
“Rifugio don Umberto Barbera” (2.079 m.)
Oggi Franco deve rientrare verso casa, per cui si alza mezz’ora prima per salire sulla Cima del Marguareis e poi tornare al Pian delle Gorre dov’è parcheggiata l’auto.
Purtroppo la giornata non è particolarmente bella, il cielo è carico di nuvole gonfie.
Dopo la colazione, alle 7,50 ci incamminiamo seguendo le indicazioni poste sulla palina segnavia. Il paesaggio è carsico con rocce calcaree, spaccature, anfratti che subito fanno pensare all’imbocco di grotte (la zona è il paradiso degli speleologi). Dopo circa venti minuti incontriamo Franco, già sulla via del ritorno. Ci racconta che purtroppo si è fermato sulla via diretta a m. 2.480 a causa della pioggia e le rocce di quel tratto sono decisamente scivolose. Dopo un caloroso saluto, procediamo sperando nella clemenza del tempo. Quasi immediatamente dobbiamo metterci il copri-zaino e aprire gli ombrelli. Fortunatamente si tratta solo di quattro gocce per cui proseguiamo. Il sentiero presenta numerosi segnavia permanenti. Arrivati al colletto decidiamo di seguire la via normale tralasciando la via diretta sulla sinistra. Ci abbassiamo leggermente nel vallone per poi riprendere la salita. Alzando lo sguardo notiamo sulla cresta alla nostra destra un primo gruppetto di camosci, subito seguiti dall’intero branco, almeno trenta camosci. Nel frattempo Kiran sente il caratteristico verso di un rapace e scorge un’aquila che volteggia sopra di noi. Spettacolo sublime.
Alle nostre spalle avanzano minacciose le nubi gonfie di acqua, color grigio scuro. A circa venti minuti dalla cima ci ritroviamo nella nebbia, nel bel mezzo delle nuvole. Giungiamo finalmente in cima al Marguareis a m. 2.651 ancora asciutti. Nulla si vede, ma viviamo l’emozione di essere arrivati sulla cima più alta delle Alpi Marittime. Dopo aver firmato il libro di vetta e scattato le foto di rito cominciamo la discesa sempre nella nebbia. Inizia a piovere. Anche se in modo lieve. A circa dieci minuti dal rifugio veniamo investiti dal temporale e, nonostante l’equipaggiamento, giungiamo al rifugio un bel po’ bagnati. Vista la pioggia, decidiamo di pranzare al rifugio con zuppa di legumi, lonza al vino bianco (apprezzata da Lorenzo) e fagiolini.
Viva Pietro!
*** *** ***
Ma Franco che fine ha fatto?
Franco in prossimità della cima sulla via diretta ha cercato di battere sul tempo le nuvole. Ai primi goccioloni che hanno reso scivolose come saponette le rocce vivide della salita si è girato e dal mare e dal lato francese ha visto un nero pazzesco che si stava sempre più addensando sulla propria testa. La cima stava per essere coperta….il sentiero del ritorno segna cinque ore sino al Pian delle Gorre. Conclusione: cinque ore sotto l’acqua? Via!!!
Vicino al rifugio incontro tutti i compari, li saluto con grande dispiacere nel lasciarli, breve ristoro al rifugio, due chiacchere con Pietro ed alle 8,30 mi incammino. Sconsigliabile, anche per coloro che son del posto, il tratto di sentiero dal Passo di Scarasson sino al Passo del Duca quando ci sono le nuvole basse, e quella era proprio la giornata giusta per non percorrerlo.
Le nuvole sono ancora alte, entro in territorio francese percorrendo il sentiero ad ovest della cima del Marguareis. Ai Mont de Carsen supero ed evito il Passo di Scarasson per giungere alla Capanna Morgantini e rientrare in Italia.
Qui le nuvole si sono già fatte basse e la visibilità da qui in poi sarà dai dieci ai trenta metri massimo. Praticamente entrato in un tunnel che terminerà giù al Pian delle Gorre, tre camosci fanno rotolare delle rocce lungo il sentiero per poi dileguarsi in prossimità del Castel Chevolail. Alle 9,45 sono alla Capanna Morgantini ed inizia il diluvio. Niente sosta per tutto il tragitto e gambe in spalla. Ottima giornata! Lungo il percorso in un tunnel di nuvole grigie e scure mi trovo camosci ostili, mucche sulla strada infastidite della mia presenza che non si spostano e cani pastore anch’essi decisamente poco cordiali verso gli sconosciuti che appaiono … dal nulla. Il tutto contornato dal vigoroso acquazzone che, per fortuna senza temporale, mi accompagnerà sino alla macchina. So, perché tanto non la vedo, di costeggiare la base della Cima della Fascia per giungere al Gias dell’Ortica a 1.885 metri. Seguo l’indicazione per il Passo di Baban, altre strade sembrano impraticabili viste le condizioni del tempo e le nuvole attaccate alla montagna. Attenzione per chi dovesse passare su questo sentiero sotto la pioggia. E’ dannatamente scivoloso e il sentiero pare tagliare punti ripidi, anche erbosi. Costeggio la base della Cima Baban per giungere al Gias Fontana. Da qui si prosegue sino al Pian delle Gorre costeggiando e passando su bei ponti sopra il torrente Pesio.
Alle 12,17 giungo alla macchina bagnato fradicio e proprio in quel momento esce il sole splendente e tremendamente caldo. Incredibile. Recupero gli asciugamani, mi cambio e mi concedo un ottimo pranzo al rifugio. Lì apprendo che delle quaranta persone programmate in partenza per il rifugio Don Barbera, poche vi pernotteranno ed automaticamente il pensiero va al cuoco Pietro che stava preparando la cena e la torta per oltre quaranta persone per quella sera.
*** *** ***
Ritorniamo ai nostri baldi giovani che sono al Rifugio Don Barbera….
Alcuni squarci azzurri nel primo pomeriggio ci inducono a sperare in un rapido miglioramento. Infatti il sole ricompare insieme alla Cima del Marguareis. Danilo, Fabio e Lorenzo, rimessi gli scarponi, si avviano verso il Colle delle Selle Vecchie. Il sentiero inizia a poca distanza dal rifugio e procede aggirando la Cima Pertega, un grosso panettone. Il sentiero è panoramico e corre sulla linea di confine con la Francia. Dopo il primo tratto in costa, scendiamo al Colle delle Selle Vecchie a 2.099 metri. Proseguiamo e raggiungiamo il Colle Vescovo, m. 2.158. Dal fondo valle le nuvole avanzano e decidiamo di ritornare sui nostri passi. Una volta al Colle delle Selle Vecchie scendiamo sulla sottostante strada napoleonica, l’antica via del sale. Anche se in stato di abbandono, la strada è ancora percorribile dai veicoli. Di tanto in tanto, negli squarci delle basse nuvole si possono ammirare i valloni sottostanti.
Pietro questa sera ci ha proprio viziati e per l’ora di cena ci propone:
-primo: pasta al ragù e un’ottima zuppa di legumi;
-secondo: ottimo pollo, di cui non è avanzato nemmeno il sughetto (forse le ossa) accompagnato dai fagiolini;
-dolce: la vera chicca della giornata, torta al cioccolato ripiena di crema pasticcera in quantità spropositata grazie alle numerose assenze!! (con somma invidia di Franco);
-grappa e genepy;
-caffè.
Quando Pietro è uscito dalla cucina, il suo regno, per scambiare quattro chiacchere c’è stata una vera ovazione con applausi scroscianti.
21 agosto 2010
dal “Rifugio don Umberto Barbera” (2.079 m.) al “Rifugio Pian delle Gorre” (1.000 m.)
Ultimo giorno e, come sempre in queste occasioni, emerge un velo di tristezza per la fine del trekking. Ieri Franco è rientrato a casa e oggi tocca a noi. La giornata è splendida anche se un po’ ventosa. Salutiamo lo staff del rifugio dove abbiamo trascorso due giorni davvero splendidi; fatta la foto di gruppo ci incamminiamo verso il vicino Colle dei Signori a m. 2.112. La tappa di oggi è piuttosto lunga ma con poco dislivello in salita. Attraverseremo gli spettacolari altopiani carsici delle Carsene per poi scendere al Pian delle Gorre dopo aver compiuto in discesa i 1.350 metri di dislivello . Dal Colle seguiamo la strada sterrata ex militare che collega Monesi con il Colle Tenda, seguendo le indicazioni poste sulla palina segnavia per la Capanna Morgantini. Proseguiamo seguendo la rotabile in territorio francese per circa due chilometri. Arrivati al Pian Ambroi abbandoniamo la sterrata svoltando a destra, attraversiamo i prati per poi proseguire sulla mulattiera. La vecchia strada cantoniera sale fino a un colletto a 2.250 metri sotto la rocciosa Punta Straldi. Proseguiamo in leggera discesa sull’altopiano carsico degli Scevolai, sembra di stare su un altro pianeta. Inghiottitoi, rocce levigate, pozzi e fessure, siamo esterrefatti e al tempo stesso incuriositi. Senza nemmeno accorgerci arriviamo alla Colla Piana di Malaperga a 2.219 m., tra Roja e Pesio tra Francia e Italia. A poca distanza c’è la capanna Morgantini, rifugio speleologico del CAI di Cuneo. Dopo una pausa iniziamo la discesa lungo la vecchia strada militare attraversando la selvaggia conca delle Carsene ai piedi delle rocce della Fascia. Dopo aver tralasciato a sinistra il sentiero per il Colle del Carbone, arriviamo a Gias Ortica a 1.856 m., dove troviamo una palina segnavia con le varie indicazioni. Iniziamo a salire verso il Passo del Duca; con alcuni saliscendi raggiungiamo l’intaglio roccioso a 1.989 m. Da qui il sentiero inizia a scendere con bella vista sulla valle Pesio, dopo pochi minuti arrivati al Colle del Prel Superiore a 1.946 m., lasciando a destra il sentiero per il Rifugio Garelli, proseguiamo a sinistra seguendo la vecchia strada militare che con lunghi tornati scende dolcemente. Entrati nel fresco bosco di faggi arriviamo a Gias degli Arpi a 1.435 m. dove ci dissetiamo ad una fontana la cui acqua (bela freska) scende ad intermittenza …..
Al seguente bivio tralasciamo il sentiero a sinistra e continuiamo sull’ampia mulattiera che, effettuando un ampio semicerchio verso destra, arriva alla Cascata del Salto. In breve siamo sulla strada sterrata che ci conduce al Pian delle Gorre, la nostra avventura è finita e sui nostri volti la soddisfazione è grande. Un gran bel gruppo che ha ammirato e vissuto questo angolo di paradiso, poco conosciuto ma davvero unico. Ci rimane solo il pranzo da consumare al rifugio per poi tornare tutti a casa.
Al prossimo tour!
Relazione scritta magistralmente da Franco
Bellissimo il racconto del giro Marguareis,ovvero come vivere e ammirare a 360°la montagna......Bravi!!!
RispondiEliminagrazie a te per aver letto il post...ciao e buona montagna
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