Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 26 luglio 2009

da la Puneiga a Saley...sulle tracce dei walser

Oggi decidiamo di andare in Val Formazza, nell'estremo nord del Piemonte, per far conoscere a Franco, Luisa e Nadia i villaggi walser di Salecchio, in una traversata ricca di storia ma non solo..
Dalla SS33 del Sempione si prende l'uscita per Crodo, attraversiamo Baceno e dopo Passo frazione di Premia lasciamo un'auto nell'ampio parcheggio sulla sinistra, dove ha inizio la strada per Salecchio Inferiore. Caricati gli zaini sull'altra auto e stringendoci un po' riprendiamo a salire, dopo Rivasco si può scegliere se percorrere la vecchia strada o entrare nella nuova galleria, noi abbiamo optato per la vecchia strada, alla fine dei tornanti con una breve discesa arriviamo a Fondovalle 1220 m dove lasciamo l'auto nei pressi della diga, per chi proviene dalla galleria appena usciti girare a sinistra e poco dopo svoltare di nuovo a sinistra passando sotto alla galleria e arrivando in breve nel medesimo luogo. La giornata anche se soleggiata è particolarmente fresca, scendiamo di circa 200-300 m lungo la strada percorsa fino a incontrare sulla destra le indicazioni per Altillone. La mulattiera sale dolcemente costeggiando le cappelle della Via Crucis, purtroppo causa il logorio del tempo e qualche vandalo i dipinti all'interno sono ridotti davvero male!!! Costeggiando sulla sinistra un'enorme roccia (detta la Balena) residuo dell'ultima glaciazione arriviamo al grazioso laghetto, si racconta che un tempo era cosparso di splendide ninfee ma purtroppo nel 1929 causa lavori sotterranei per una condotta forzata scomparvero e non vi fecero più ritorno. Contornando il lago si prosegue fra una recinzione in sasso raggiungendo le case di Altillone 1249 m, sulla sinistra a poca distanza si giunge all'oratorio edificato nel 1644 e dedicato alla visitazione di Maria Vergine, abbiamo la fortuna di poter entrare rimanendo come incantati dalla sua bellezza...
Seguiamo il sentiero accanto alla chiesa che prosegue in un susseguirsi di saliscendi con angoli suggestivi e di rara bellezza, nei pressi di un cascata ci soffermiamo cercando di immortalare con la macchina fotografica i giochi che l'acqua forma tra le rocce. Riprendiamo a salire arrivando a incrociare la strada sterrata che da Chioso sale verso il piano di Vova, dopo la graziosa cappella dedicata a S. Antonio il sentiero scende leggermente fino ad arrivare a S. Antonio 1448 m dove ci dissetiamo alla fontana. Ignorando la prima deviazione sulla sinistra, proseguiamo verso il fondo della valle, arrivati all'Alpe Vova 1448 m alla palina segnavia svoltiamo a sinistra, attraversiamo il torrente e ci portiamo sul versante opposto della valle, passiamo accanto alle baite di Cangei, attraversiamo un tratto di bosco e dopo un traverso in leggera salita arriviamo a Case Francoli 1555 m (Frankohus) dove ci fermiamo per la pausa pranzo seduti sul muretto sottostante alle baite. Purtroppo il tempo vola e così ripresi gli zaini, scendiamo verso la fontana sottostante, dove l'acqua esce direttamente dalla roccia, una palina segnavia indica la direzione da tenere, dopo un traverso il sentiero scende leggermente e si cominciano a intravedere le prime case di Salecchio Superiore (Am obru Barg) 1510 m. Il villaggio è una vera meraviglia le case sono state perfettamente recuperate e ogni angolo è una delizia per gli occhi, dalla chiesa saliamo verso il crocifisso che sovrasta le case, una palina indica il sentiero per il passo del Muretto 2300 m antica via di comunicazione tra la valle Antigorio e la valle di Agaro. Seduti sulla panchina ammirando il panorama scattiamo la foto di gruppo, sotto di noi vediamo sventolare le bandiere del rifugio Zum Gorala, senza indugio andiamo a berci un caffè seduti sulla terrazza e parlando con il simpatico gestore. Il sentiero prosegue nel bosco, passiamo sotto al portico di una cappella, arrivando in breve a Salecchio Inferiore (Ufem undru Barg) 1322 m, accolti dalla chiesa di Santa Maria del XVII secolo e il cimitero con le croci gotiche. Dalla chiesa scendiamo tra le case arrivando alla palina segnavia, il sentiero prosegue nel bosco incrociando un paio di volte la strada e arrivando all'ingresso della galleria. Sulla destra indicata da un cartello scendiamo lungo la vecchia mulattiera gradinata che ripidamente scende lungo il versante roccioso della montagna fino ad arrivare sulla strada asfaltata. Scherzando e fermandoci ogni tanto ad osservare le varie cave disseminate nella valle arriviamo al parcheggio dove abbiamo lasciato alla mattina l'auto, con Franco ritorniamo a Fondovalle a riprendere la seconda auto. L'escursione si svolge in luoghi dove l'uomo ha vissuto per anni isolato dal mondo, vivendo di quello che la montagna può offrire, senza la frenesia della vita moderna...
Malati di montagna: Franco, Luisa, Danilo, Nadia, Deborah e Fabio

Salecchio Superiore 1509 m

case walser a Salecchio Superiore


un particolare a Case Francoli


Franco - Danilo - Deborah - Luisa e Nadia


una rinfrescante cascata

domenica 19 luglio 2009

Conquistato il Castore 4221 m con tanta, tanta determinazione

...venerdì 17 luglio, nel tardo pomeriggio mentre sono a casa dei miei genitori mio padre mi dice che alla televisione hanno appena dato la notizia di di tre alpinisti morti sul Monte Rosa e un quarto ricoverato nell'ospedale di Aosta... Arrivo a casa e dopo cena mentre finisco i preparativi della partenza controllo su internet che cosa è veramente accaduto, mentre leggo un brivido mi corre per tutta la schiena, la sciagura è accaduta proprio sulla via normale al Castore causa cattive condizioni meteorologiche, sulla medesima via che dobbiamo fare noi domenica...
Durante la notte il forte vento e il pensiero di quelle tre vite volate via come foglie al vento non mi fa dormire, credo che se ho dormito mezz'ora è già tanto!!! Mi sveglio alle 6.30 del 18 luglio è un sabato strano, fuori l'aria è tersa e non fa certo caldo per essere in estate, caricato lo zaino e l'attrezzatura in macchina passo a raccogliere i miei compagni, per poi dirigerci al punto di ritrovo prefissato, appena arrivato noto sui volti dei partecipanti qualche preoccupazione sulle condizioni meteo, ma soprattuto per la tragedia successa il giorno prima. Mentre transitiamo sull'autostrada A4 in direzione Torino notiamo come sia abbastanza terso il cielo, al contrario invece il massiccio del Monte Rosa sia coperto dalle nuvole come se ci fosse un lungo mantello bianco che lo ricopre... Dall'uscita Pont-Saint-Martin seguiamo le indicazioni per la Valle di Gressoney, dopo Gressoney la Trinité 1633 m raggiungiamo la frazione Staffal 1823 m dove lasciamo la macchina nel grande parcheggio ai piedi degli impianti di risalita. Scesi dalla macchina ci ritroviamo il Rosa completamente ricoperto dalle nuvole, durante la notte in quota ha sicuramente nevicato, lo notiamo sia dalla velatura che ricopre le montagne circostanti sia dai fiocchi svolazzanti nell'aria, certo che l'inizio non è certo entusiasmante... Ma purtroppo non è finita arrivano notizie che gli impianti per il forte vento sono chiusi e non si sa nemmeno se riaprono...che cosa si fa? Chiediamo informazioni in biglietteria sul da farsi, ci viene comunicato che il primo tratto di funivia fino a Sant'Anna (8 euro) è funzionante mentre la seggiovia fino al colle Bettaforca rimarrà chiusa si presume per tutto il giorno, la decisione viene presa velocemente e senza indugi fino al colle ci si può arrivare e poi si vedrà se continuare. Siamo a 2170 m, sulla nostra sinistra a poca distanza la chiesetta di Sant'Anna che domina su tutta la valle, soffia un forte vento gelido, con un buon passo ci incaminiamo sulla strada sterrata di servizio agli impianti, passiamo accanto ad alcuni laghetti mentre davanti a noi le nuvole insistono a non volere lasciare il Rosa come se qualcosa le tenesse attaccate. Arrivati al Colle Bettaforca 2672 m antico valico tra la valle di Gressoney ed Ayas, decidiamo di fare una sosta e di mangiare qualcosa, dopo una breve riunione si decide di provare a salire ancora almeno da arrivare fino al Passo Bettolina. Seguiamo il sentiero n. 9 sempre ben segnato, mentre saliamo qualcosa sta cambiando, le nuvole si stanno diradando e alcuni raggi del sole finalmente riescono anche ad arrivare fino a noi, il terreno è oramai quasi privo di vegetazione solo roccia e qualche timido fiore alpino. Eccoci al Passo Bettolina a 2905 m siamo nel punto in cui dobbiamo decidere se procede verso il rifugio o tornare a casa, rincuorati dalle ampie aperture di sereno, si decide senza ombra di dubbio di procedere. Siamo sopra i 3000 metri e la neve è ancora abbondante, attraversiamo senza indugio alcuni tratti ripidi su neve alternati da tratti su roccia, la fatica inizia a farsi sentire, dovuta soprattutto al peso dello zaino e alla notte passata in bianco, mantengo un passo lento ma costante il gruppo si è ormai allungato e davanti a noi i ghiacciai si stanno lentamente avvicinando. Raggiunto un crinale a circa 3490 m ci aspetta ora il tratto più spettacolare di tutto il percorso effettuato oggi, una lunga aerea cresta rocciosa, resa sicura da una grossa fune a cui ci si può attaccare, il ponticello in legno sul vuoto sottostante è particolarmente suggestivo.... Finalmente eccoci sul ripiano dove sorge il rifugio Quintino Sella 3585 m, una strana euforia mi pervade per tutto il corpo, mi sento emozionato avevo circa 13-14 anni quando per la prima volta salivo proprio qui in questo luogo a cui sono particolarmente legato, quanti ricordi e quanto tempo è passato... Il rifugio sorge sul dosso del Fèlik la nuova struttura è stata inaugurata nel 1982 e può ospitare 140 persone, gli si affianca il vecchio rifugio costruito quasi interamente in legno, la sua fondazione risale al 1885. Siamo stanchi lo si vede dalle nostre facce, appena ci danno le stanze molti di noi vanno a dormire quasi praticamente vestiti, per la cena ci è toccato il secondo turno quello delle 8.00, sembra che non mangiamo da giorni, senza praticamente parlare divoriamo tutto quello che ci viene servito... Fuori dal rifugio lo spettacolo è da rimanere senza respiro si vedono le luci delle città sottostante, mentre le ultime luci si spengono allungano sopra il ghiacciaio le ombre della notte.
Domenica 19 agosto la sveglia suona alle 4.30 pian piano nei locali del rifugio si iniziano i preparativi per l'imminente salita, corde, moschettoni, zaini, la gente è tutta indaffarata per prepararsi, si fa colazione velocemente e poi si esce fuori per preparare le cordate, strano ma non fa particolarmente freddo. Con Danilo e Franco i miei due compagni di cordata ci prepariamo e dopo aver fatto i nodi a palla e allacciati i ramponi iniziamo la salita, sono le 5.45 e le prime luci dell'alba fanno scintillare di mille colori il ghiaccio del Fèlik, sopra le cime sono coperte dalle nuvole ma le previsioni meteorologiche sono ottime. Si inizia tenendo un buon ritmo e risalito un ripido pendio si affronta una crestina dove bisogna davvero avere la massima attenzione, siamo a quota 4061 m al Colle di Fèlik ora fa veramente freddo non sento quasi più le punta delle dita della mano. Si piega a sinistra risalendo i ripidi pendii della parte iniziale della cresta, raggiunta la prima cima Punta Fèlik a 4176 m si continua a saliscendi, alcuni tratti aerei richiedono sempre attenzione e finalmente eccoci sul Castore 4221. Ci stringiamo le mani siamo al settimo cielo e quasi come per magia una folata di vento spazza le nuvole regalandoci uno dei panorami più belli che abbia mai visto, da ogni parte che mi giro vedo le montagne più famose dell'intero arco alpino dal lontano Monviso, al Gran Paradiso e ai più vicini Monte Bianco e Cervino, tanto per elencarne qualcuno ma credetemi il cielo è talmente limpido e terso che lo sguardo corre davvero verso l'infinito. Scendiamo sul medesimo percorso, siamo contenti ed euforici, ma sappiamo che l'attenzione nel scendere deve essere ai massimi livelli, ritornati al rifugio ci fermiamo a riposare e a mangiare qualcosa per la lunga discesa, poco prima di arrivare al Colle Bettaforca ecco alcuni camosci saltellare da una roccia a l'altra. Oggi la seggiovia funziona e senza indugio ne aproffittiamo, durante la discesa mi rilasso talmente tanto che quasi mi addormento...
Prima di riprendere l'auto un'ultimo sguardo al Rosa e un pensiero ai tre alpinisti che hanno lasciato la loro vita su questa montagna. Due giorni in alta montagna dove l'uomo si sente piccolo, piccolo, di fronte a tanta grandezza....








La cordata dei malati di montagna: Fabio, Danilo e Franco
Gli altri malati componenti della spedizione: Simeone, Flavio e Kiran

domenica 12 luglio 2009

Da Carcoforo alla bocchetta Badile passando per il rif. Massero

Dall'Autostrada A26 (Genova/Gravellona Toce) si esce al casello di Romagnano Sesia, alla rotonda si svolta a sinistra seguendo la S.S. 299 per Alagna, dopo Varallo Sesia arrivati a Balmuccia si gira a destra seguendo la strada per la Val Sermenza, arrivati a Rimasco prendiamo il bivio sulla destra, arrivando in breve a Carcoforo, premiato come villaggio ideale d'Italia da Airone nel 1994. Dall'ampio parcheggio di Carcoforo 1304 m ci dirigiamo verso il ponte sul torrente Egua, dove si possono osservare alcuni pannelli informativi. Il sentiero che si deve seguire per il rifugio Massero è il 113, il percorso è anche costellato da pannelli didattici sulla flora e fauna del parco. Dopo aver passato il nuovo villaggio di Selva Bruna arriviamo nei pressi di un ponte in cemento, tralasciamo il sentiero 117 sulla destra da cui scenderemo per il ritorno e superato il rio Massero proseguiamo sulla strada sterrata che in breve si trasformerà in un bel sentiero. Si inizia a salire gradatamente in un rado bosco di larici, arrivati all'alpe Chignolo 1530 m osserviamo come le valanghe quest'inverno siano state davvero disastrose per l'ambiente circostante. Usciti dal bosco zigzagando lungo il ripido pendio arriviamo sui vasti pascoli dell'alpe Fornetto 1926 m, la salita diventa più piacevole e dopo aver risalito un pianoro vediamo sventolare la bandiera del rifugio. Superato un torrente eccoci all'alpe Massero 2082 m, dove si trova in splendida posizione il rifugio del Parco Naturale Alta Valsesia, ristrutturato nel 1980 e successivamente ampliato nel 2004, dispone di 20 posti letto (Tel. 0163 95650-Cell. 347 0398237). Mangiamo e ci riposiamo sotto ai timidi raggi del sole, all'esterno ci sono parecchi persone che aspettano di entrare per mangiare e a sentire il profumino fanno certamente bene. Bevuto il caffè chiedo informazione al gestore sulle condizioni del sentiero che dobbiamo percorrere, usciti ci incaminiamo passando a monte del rifugio, in breve si arriva al bivio segnalato su un sasso e lasciato sulla sinistra il sentiero per il Colle della Bottiggia 2607 m, svoltiamo decisamente sulla destra seguendo il sentiero 116. Essendo il percorso particolarmente esposto non è consigliabile transitarlo quando il terreno è gelato o in caso di cattivo tempo, dopo l'ultimo traverso in cui bisogna porre attenzione dove mettere i piedi, arriviamo alla bocchetta del Badile 2300 m. Sotto di noi intravediamo il rifugio mentre dalla parte opposta osserviamo il selvaggio vallone di Giovanchera da cui dobbiamo scendere. Deborah e Danilo salgono per un breve tratto sulla cresta del Cengio del Badile, poi scattate le varie foto iniziamo a scendere sull'esile traccia, alcuni segni di vernice comunque ne danno sempre la giusta direzione. Arrivati alle baite abbandonate dell'alpe Badile 1998 m facciamo una breve sosta, poco prima dell'alpeggio su un grosso sasso sono indicate le varie deviazioni da seguire. Si piega decisamente a sinistra scendendo lungo un canalone dove scorre il rio Badile (Beil), si possono notare sulla sinistra tra le rocce rossastre alcune gallerie scavate nella roccia testimonianza di un'infruttuosa ricerca mineraria. Durante la discesa ci soffermiamo a parlare con un pastore che sta curando le sue mucche, nel frattempo Deborah fa amicizia con una mucca di nome Nelva, la quale contraccambia leccandogli la mano, sulla destra si vedono le baite dell'alpe Busacca del Badile 1867, costruite sulla soglia rocciosa. Continuiamo attraversando vasti pascoli e arrivando all'alpeggio Giovanchera Bella 1703 m in piena attività, con le baite ottimamente ristrutturate, poco più sotto sulla sinistra riprendiamo il sentiero che si inoltra nel bosco. Arrivati all'alpe Sulla Selva 1597 m con una serie di tornanti scendiamo velocemente arrivando ben presto alla baita dell'alpe Pasquè 1434 m con accanto alcuni grossi frassini, in breve ritorniamo sulla strada sterrata percorsa al mattino. Il dislivello fino alla bocchetta del Badile è di circa 1000 m, il sentiero fino al rifugio Massero è privo di difficoltà, mentre la salita e la prima parte della discesa dalla bocchetta vanno effettuati con la dovuta attenzione e soprattutto in condizioni meteorologiche buone, l'ambiente montano circostante è davvero notevole e ripaga senz'altro la fatica della salita. L'escursione si svolge nel territorio del Parco Naturale Alta Valsesia l’area protetta più alta d’Europa
Malati di montagna: Danilo, Deborah e Fabio

sulla sinistra la bocchetta Badile 2300 m

verso il rifugio Massero 2082 m

un luogo da malati di montagna...

dalla bocchetta verso la via del ritorno

Danilo e Deborah sul sentiero fiorito

mercoledì 8 luglio 2009

Punta Chaligne - 2608 m


"L'uomo è un insetto,
un piccolo insetto;
e se egli è potente, molto potente,
allora è un insetto
con le ali dipinte"

Julius Payer

domenica 5 luglio 2009

Tre cime, tre passi...benvenuti in paradiso

Dall'autostrada A26 seguire le indicazioni per Gravellona Toce, usciti a Domodossola si svolta a destra e proseguendo diritti si arriva a una rotonda con le indicazioni per la Val Bognanco, consiglio per la sosta caffè il bar nei pressi del'Hotel Rossi in località S. Lorenzo accanto alla chiesa, una signora davvero gentile vi accoglierà cordialmente.
Dopo la graziosa chiesa di S. Bernardo 1628 m su un grosso pannello in legno è stata incisa questa frase "Benvenuti in Paradiso", poche parole che danno giusto merito a questo luogo. Lasciamo la macchina nell'ampio parcheggio superiore nei pressi del rifugio San Bernardo a 1630 m, alla destra del parcheggio inizia il sentiero, alcuni segni di vernice bianco/rossi sui larici ne indicano la direzione. Iniziamo a salire nel bosco e dopo un dosso erboso il sentiero sale ripidamente il fianco della montagna arrivando a un punto panoramico conosciuto come "il sasso dei corvi". Riprendiamo il cammino tra gli ultimi grandi larici, dopo un breve tratto pianeggiate iniziamo a salire con decisione, passiamo sotto il filo di cresta dove in alcuni tratti il terreno è friabile ed aereo. Arrivati su un promontorio ci concediamo una breve pausa ammirando la bellezza del luogo, scendiamo verso la palina segnavia e tralasciata la deviazione a sinistra per il lago d Oriaccia, seguiamo il sentiero a destra che sale ripido il versante della montagna. Si prosegue per un lungo tratto su pietraia, sotto di noi quasi a precipizio il lago di Ragozza, arrivati su un pianoro vediamo a sinistra la nostra meta che man mano si avvicina. Il sentiero prosegue quasi in falsopiano lungo un traverso in cui bisogna prestare attenzione a non scivolare, sotto di noi il vallone di Oriaccia con l'omonimo lago, l'ultima ripida salita ed eccoci in cima al Verosso 2443 m conosciuto anche come Rerosso o Riorosso. Purtroppo alcuni nuvoli ci impediscono di ammirare il panorama verso la Svizzera, ma poco importa grande è comunque la soddisfazione di essere arrivati, incontriamo anche tre escursionisti che arrivano dal rifugio Alpe il Laghetto 2039 m. Firmato il libro di vetta ci rimettiamo in cammino, scendiamo verso il passo di Oriaccia o Locciabella, dalla parte opposta da cui siamo arrivati, seguendo alcuni ometti e un esile traccia arriviamo al passo 2325 m. Proseguiamo a destra seguendo i segni di vernice bianco/rossi, dopo un breve tratto in piano iniziamo la ripida discesa su alcuni grossi blocchi di pietra, sotto di noi uno vediamo uno dei laghetti di Tschawinder ancora parzialmente ghiacciato, attorno la zona è ancora coperta da enormi nevai. Incontriamo un solitario escursionista svizzero con cui scambiamo alcune fugaci parole, attraversati alcuni nevai volgiamo decisamente a destra verso il lago che vedevamo dall'alto, mentre lo costeggiamo ci fermiamo a osservare come ancora sia alto il ghiaccio che lo ricopre. Atraversato un ulteriore nevaio riprendiamo il sentiero sul lato in cui è adagiato il lago, dopo un breve tratto su pietraia iniziamo a scendere gradatamente lungo il versante della montagna, incontriamo diversi nevai che ci costringono ad attraversali con cautela. Con grande sorpresa ecco un'altro laghetto ancora ricoperto in gran parte dal ghiaccio da cui scaturisce un ruscello dall'acqua decisamente ghiacciata, siamo a poca distanza dalla bocchetta di Gattascosa e vista l'ora ci fermiamo a pranzare. Riprese le forse in breve arriviamo alla bocchetta 2158 m, senza indugio risaliamo il versante sulla sinistra arrivando in breve a incontrare un sentiero contrassegnato in rosso, è un percorso davvero molto interessante che percorre l'intera cresta fino al passo di Monscera. Con alcuni saliscendi si arriva alla cima Mattaroni 2235 m e poi a quella del Tirone 2202 m tra coloratissime fioriture e angoli davvero suggestivi, purtroppo l'unica nota dolente scesi al passo di Monscera 2103 m sono i tralicci dell'alta tensione che deturpano il paesaggio. Costeggiamo sulla sinistra il piccolo ma grazioso lago di Monscera e in breve arriviamo sulla mulattiera che scende compiendo un ampio giro sul lato opposto della cresta percorsa al mattino verso la cima Verosso, attraversato un torrente e costeggiate alcune baite si continua su una strada sterrata che ben presto diventa asfaltata. Passiamo accanto al nuovo rifugio il Dosso 1740 m, per poi scendere velocemente verso il torrente che attraversiamo vicino a uno sbarramento che alimenta una centrale idroelettrica, con una breve risalita ritorniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato l'auto. L'itinerario si svolge su sentieri recentemente marcati, consiglio comunque di avere nello zaino sempre una buona cartina escursionista del luogo in cui si sta andando, le abbondanti nevicate di quest'inverno coprono soprattuto sul versante svizzero gran parte del sentiero per cui bisogna sempre prestare attenzione agli omini e ai pochi segni di vernice che si vedono. In salita il dislivello è di circa 1100 metri compresi gli innumerevoli saliscendi, il tempo stimato per l'intero anello è di 6.30 ore comprese le soste, un'escursione che sicuramente deve rientrare nel curriculum di ogni malato di montagna... Mi permetto una piccola nota, arrivati all'auto e tolti gli scarponi è arrivato il temporale, questa volta la nostra determinazione è stata ampiamente premiata!!!
Fabio e Danilo malati di montagna

l'estate qui tarda ad arrivare

grande fantasia nel marcare il sentiero

Cima Verosso 2443 m

non ci sono parole...

la cresta che sale verso la cima Verosso

il suggestivo percoso verso il passo Monscera