Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 28 settembre 2014

Alla Falconetta dove osano solo i falchi...!!!

Partiamo immersi nella nebbia (non quella di Milano, questa è diversa), il silenzio ci avvolge creando un'atmosfera insolita, quasi inquietante. Man mano che saliamo tutto si dissolve magicamente, appare l'azzurro del cielo a far da cornice alle cime circostanti e sotto di noi un mare di nuvole, un incanto che si ripete ogni volta, un'atmosfera ipnotica. L'avventura non è conclusa e,  oltrepassati i 2500 m, ecco apparire sua signoria il Rosa. Saliamo ancora, la fatica è compensata dall'attesa: siamo in cima e la visione è completa, sua maestà il Bianco, la "Montagna", il Cervino e poi il Gran Paradiso...

Dall'autostrada A5 Torino/Aosta usciamo al casello di Verrès e alla rotonda seguiamo a destra le indicazioni per la Val d’Ayas. Proseguiamo in salita sulla SS 506 oltrepassando i centri abitati di Challand St. Anselme e Brusson, fino a raggiungere la frazione Corbet, dove svoltiamo a sinistra per Antagnod. Dopo aver attraversato i caratteristici villaggi di Lignod e Antagnod, a circa 500 metri prima della frazione di Bisous, svoltiamo a sinistra per Mandriou, in pochi minuti arriviamo al piccolo parcheggio antistante la graziosa chiesetta 1839 m, eventualmente si può parcheggiare a lato della strada o negli spazi a poca distanza dal paesino.
A lato della chiesetta, accanto a una fresca fontana, seguiamo le indicazioni sulla palina segnavia (Bec de Nana 3A - 3.15 ore - diff. EE), lasciate le case alle nostre spalle, il sentiero inizia a salire passando accanto a un edicola votiva. In breve intersechiamo una strada sterrata che seguiamo per pochi metri verso destra raggiungendo la Ca' Zena, all'ingresso possiamo osservare una grossa ancora e la miniatura della lanterna di Genova! Svoltiamo a sinistra seguendo un'ampia pista in un boschetto di larici, usciti ci troviamo davanti a un bivio, tralasciamo il sentiero a sinistra dal quale poi faremo ritorno e seguendo il segnavia 3F su un grosso sasso (Lago Lochien), arriviamo a incrociare il Ru Cortod che attraversiamo con un ponticello in legno. In leggera salita dopo pochi minuti giungiamo su una strada sterrata che seguiamo in falsopiano verso sinistra arrivando in breve all'alpe Metsan. Proseguendo verso destra, dopo aver costeggiato un'area picnic e un piccolo laghetto, il sentiero inizia a salire con una lunga diagonale tra piante di ginepro, uva ursina e brugo. Le nebbie che ci hanno accompagnato sin dalla partenza man mano si diradando e appare uno scenario unico: le cime e le dorsali che spuntano dal bianco mare di nebbia che riempie le valli. Piegando verso destra passiamo al di sotto della Cappella Sarteur, raggiungibile con una breve deviazione e al vicino alpeggio Vascoccia 2249 m. In pochi minuti giungiamo a un bivio con un grosso cartello in legno, tralasciamo il sentiero che sale ripidamente diritto verso il Col di Nana (sent. 3) e proseguiamo a sinistra seguendo le indicazioni per il "Sentiero degli Alpini" (sent. 3A), dopo un tornante la strada sterrata termina all'alpe Pian Péra. Continuiamo a sinistra e dopo aver costeggiato un edificio in breve arriviamo in prossimità di un cartello in legno "Falconetta", da qui in poi ha inizio il "Sentiero degli Alpini" che ci porterà fino in vetta. Con una lunga diagonale verso sinistra saliamo fino in prossimità di una sorgente, piegando ora a destra in breve raggiungiamo un pianoro erboso. Il sentiero ora alterna segnaletica gialla a bianco/rossa e sale a sinistra del pianoro compiendo un lungo semicerchio verso destra raggiungendo la dorsale. Con stretti tornanti guadagniamo velocemente quota, accompagnati da splendide vedute sul massiccio del Rosa. In giornate come questa e con simili panorami, fermarsi ad ammirare quello che ci circonda è un obbligo, non capirò mai chi preferisce correre e guardare solo l’orologio! Giunti alla base dell'emergenza rocciosa del Bec di Nana compiamo un traverso a sinistra tra i macereti, questo tratto è l'unico in cui bisogna porre un minimo d'attenzione (terreno friabile e instabile). Raggiunta l'ampia cresta sud, iniziamo a rimontare l'ultimo ripido pendio arrivando alla croce, da qui guadagniamo la massima elevazione a 3010 m seguendo la cresta in direzione nord. Il Bec de Nana o Becca di Nana è conosciuto anche come Falconetta, questo ultimo nome gli è stato dato a causa della presenza di falchi.
Rimaniamo senza parole davanti a tanta bellezza, verso nord in primo piano il Rosa e il Grand Tornalin, che in parte nasconde le cime più a nord della Valtournenche, alle nostre spalle la cresta dentellata che termina con il monte Zerbion, di cui Danilo, Pg ed io abbiamo un ricordo bellissimo, anzi … freddissimo (la cima era spazzata da un vento gelido). Sotto alla croce una piccola edicola ricorda una tragica sciagura in cui perirono 18 alpini il 1 agosto 1954, al rientro da un'esercitazione lungo la strada del Gavia, ogni anno il 14 agosto viene celebrata una messa a suffragio dei caduti in montagna. Per il rientro seguiamo il medesimo itinerario, con l'unica eccezione, una volta arrivati all'alpe Metsan, non seguiamo la strada sterrata ma il sentiero che scende tra due staccionate in legno, attraversato Ru Cortod continuiamo diritti intersecando nuovamente il sentiero dell'andata.
Malati di Montagna: Andrea, Danilo, Fabio e Pg (Piergiorgio) che ha 72 anni è di nuovo salito su un 3000...che dire un privilegio avere fatto la salita assieme...


le nuvole si diradano...


... e lo spettacolo inizia...


...qualcuno è già seduto in prima fila...


Bec de Nana o Falconetta 3010 m 


Fabio, Andrea, Danilo, Pg e...Raffaella...




domenica 21 settembre 2014

La 19ª edizione della "Strada Antronesca"

Anche quest'anno partecipiamo alla "Strada Antronesca", oggi sono le persone le vere protagoniste e le montagne per una volta passano in secondo piano... Alla partenza siamo quasi in 200 e all'arrivo oltre 300 mai vista una partecipazione cosi sentita per un evento in montagna, merito del CAI di Villadossola e del suo presidente Renato. Oggi ad arricchire queste già splendida giornata sono venuti a trovarci gli amici svizzeri della Valle di Saas con a seguito il loro coro, per consolidare il gemellaggio tra i Comuni di Antrona e Saas-Almagell
Percorso in sintesi: Villadossola, Noga, Casa dei conti, Boschetto Alto, Cresti, Seppiana, San Rocco, Viganella, Ruginetta, Prato, San Pietro, Prabernardo, Locasca, Rovesca, Antrona, Antronapiana.
Per la descrizione fare riferimento a questo link
Malati di Montagna: Gianfranca, Claudio, Giorgio, Danilo e Fabio

colazione a Cresti frazione di Montescheno


nessuno oggi ha fretta...!!!


alle porte di Seppiana


l'ottima segnaletica correlata da alcuni pannelli didattici



in vista di Viganella


Viganella "Casa Vanni"


Coro di "Saas" della Valle Antrona


Coro "Antrona" della Valle di Saas


attraverso antiche case...


tutto il percorso è stato messo in sicurezza recentemente


gli scorci panoramici non mancano...


si fa merenda...


tutti in fila indiana...


bambini e adulti con i costumi tipici della Valle Antrona


arrivo ad Antrona


by Danilo
al termine dello "Scarghià Cheggio" l'annuale festa della transumanza 
è stata premiata la mucca più bella


sabato 13 settembre 2014

Un Tagliaferro da urlo...!!!

... non sarà fuor di luogo ch'io loro esponga quanto di favoloso si va dicendo su questo monte, che forse, più d'ogni altro dell'intera Valsesia, è preso di mira per affibbiargli favole e leggende. Ai due terzi d'altezza, il versante del monte Tagliaferro che guarda il Corno di Moud, ha una specie di strada che pare scolpita a furia di picconi o scalpelli nell'orrida parete, il che, secondo taluni, diede il nome al monte. E' questo uno scherzo di natura, perché quella strada non presenta scopo di sorta, avendo ai due capi orridi precipizi; ma la leggenda s'impadronì di essa, e la dice ora costruita dai Saraceni, ed ora dai Romani. Altri poi vi dice (e tra questi è il Fassola, che nel secolo XVI scrisse una storia della Valsesia tutt'ora inedita) che per la val Piccola o val Sermenza, tornasse Gneo Silvio, proconsole romano, dalla Gallia dove aveva soggiogate certe popolazioni, e che memoria di tal fatto si avesse in una lapide scolpita nel monte Tagliaferro. Simile lapide non esistè giammai. L'immaginazione popolare pensò bene avvolgere questo monte nel meraviglioso. Secondo essa esiste in una parete scoscesa della montagna una caverna, scavata a forza di braccia, entro cui i Romani riponevano i tesori coi quali mantenevano gli eserciti in Gallia. Caduto in sfacelo l'impero romano, rimasero nella caverna molte ricchezze, le quali eccitarono fortissimo desiderio di possederle in alcuni abitanti di Rima e paesi vicini. V'andarono, si caricarono di oggetti preziosi, e fecero per uscire dalla caverna, quand'eccoti presentarsi loro un rospo, il quale gonfiatosi rapidamente, venne tanto grosso da impedire loro l'uscita. I meschinelli gettarono via il fatto bottino, e allora il rospo si sgonfiò lasciando libero il passo. Ma non solo gli audaci avevano eccitato l'ira del rospo, giacché per colpa loro erasi suscitato eziandio un furibondo temporale, che rovinò i pochi coltivi ed i prati della valle. D'allora in poi gli abitanti di Rima incolpavano dei temporali quei coraggiosi che andavano alla caverna, e suonando campana a stormo, s'armavano per costringerli a tornare indietro. I vecchi della Val Piccola credono ancora oggigiorno al tesoro ed al rospo portentoso.
Carlo Gallo


Monte Tagliaferro 2964 m
La statuetta della Madonnina collocata sulla vetta l'8 agosto 1954 è la riproduzione della statua della Madonna Immacolata che si trova in piazza Martiri a Borgomanero (NO), opera dello scultore borgomanerese Luigi Fornara


Poderosa piramide di roccia che si alza fra il colle Mud e la Bocchetta della Moanda, ergendosi tra la Val Sermenza e l’alta Valsesia di fronte al Monte Rosa
Gino Buscaini

Partiamo da Rima San Giuseppe (Arimmu o Ind Rimmu in walser 1411 m) in una mattinata che definirei dal punto di visto meteorologico splendida, quasi una rarità in quest'estate balorda… !!!
Dalla piccola ma suggestiva piazza del paese ci incamminiamo verso destra seguendo i cartelli escursionisti. Attraversiamo il paese che ancora dorme, l'odore del legno delle case e il silenzio rotto solo dallo scricchiolio di alcune porte che si aprono ci accompagnano fino a una grossa fontana, poco prima della quale svoltiamo a sinistra e subito dopo a destra dove troviamo le prime indicazioni (sent. 318 - Passo del Vallarolo 2.30 - Passo del Gatto 3.45 - Monte Tagliaferro 4.30). Attraversato il ponte sul torrente Sermenza in breve arriviamo a un bivio con un pannello informativo, oltre a una grande cartina escursionistica con i principali sentieri della zona, vi sono anche indicate le località che si possono raggiungere.
Seguiamo l'ampia mulattiera a sinistra che sale verso il colle Mud (sent. 296), lentamente con numerosi tornanti guadagniamo quota fino a giungere a un bivio a circa 1700 m, dove abbandoniamo la mulattiera e proseguiamo seguendo il sentiero che si stacca a sinistra (set. 318). Scendiamo di qualche metro attraversando il torrente Valmontasca, per poi proseguire in falsopiano raggiungendo l'alpe Scarpia di Sotto 1703 m, con le sue baite ancora in buone condizioni. Attraversiamo l'alpeggio seguendo i segnavia, a sinistra un sentiero scende verso una fontana da dove scaturisce un'acqua freschissima anzi direi gelata. Salendo diagonalmente attraversiamo alcuni prati inselvatichiti fino all'alpe Scarpia di Sopra 1920 m, dall'alpeggio pieghiamo a sinistra e attraversato il torrente proveniente dal Passo del Vallarolo, proseguiamo sullo stretto sentiero entrando in un fitto bosco di ontani e felci. Usciti all'aperto dopo pochi minuti raggiungiamo un grosso masso dal quale sgorga una sorgente e sul quale è posta una lapide in memoria di un caduto in montagna. Continuiamo seguendo gli ometti e i segnavia, in questo tratto la pendenza non è eccessiva e permette di poter ammirare lo straordinario mondo delle terre alte. Attraversiamo magri pascoli sino a raggiungere il grosso ometto dell'ampio valico del Passo del Vallarolo 2332 m, posto sulla cresta sud-est del Monte Tagliaferro e che mette in comunicazione con la Val Nonai. Continuiamo a seguire il sentiero 318, tralasciando a sinistra il sentiero 319 che scende all'alpe la Piana, per poi ricongiungersi con il sentiero 320 per il Colle della Moanda. In pochi minuti raggiungiamo un gigantesco macigno che forma una balma, il sentiero ora inizia a salire sempre più ripidamente, fino a portarsi sotto la verticale di un erto pendio erboso. Lentamente con stretti tornanti iniziamo a risalirlo, in alcuni passaggi ci aiutiamo con le mani, superando alcuni tratti rocciosi, sino a guadagnare il Passo del Gatto 2730 m, tra il Dosso Grinner a sinistra e le propaggini alte del Tagliaferro sul lato opposto, verso le quali il sentiero prosegue. Dopo un breve tratto in falsopiano attraversando alcuni lastroni di roccia, il sentiero accentua nuovamente a salire, raggiungendo la cresta sud. Seguendo i segnavia attraversiamo un tratto di rocce frantumate e sassi, alcuni femmine di stambecco con i loro piccoli ci guardano incuriosite, ed ecco apparire come all'improvviso la madonnina del Tagliaferro 2964 m. Il panorama è a dir poco straordinario in particolarmente verso il vicino massiccio del Monte Rosa. Mente firmo il libro di vetta penso che per essere felici basta davvero poco, che questi pochi minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore e imparo che basta chiudere gli occhi per capire quanto sia bella e grandiosa la semplicità…..
Per il ritorno seguiamo il medesimo itinerario fatto all'andata.
Anche se si tratta della classica via di salita per il Monte Tagliaferro, per la ripidità, l'esposizione di alcuni tratti e per la lunghezza è un percorso da non sottovalutare, riservato ad escursionisti esperti.
Malati di Montagna: Silvio e Fabio

Punta Vincent, Cima Giordani e il ghiacciaio di Indren


va beh mi metto in posa, però dopo voglio i diritti...!!!






domenica 7 settembre 2014

Al rifugio Ferioli incontrando vecchi e nuovi amici

Con quest'anno sono vent'anni che gli amici Giorgio e Claudio gestiscono per un weekend il rifugio Santino Ferioli in Valsesia e noi immancabilmente ci facciamo trovare pronti a questo appuntamento a cui ci teniamo particolarmente. La montagna non è solo salire in cima, ma è anche un modo per poter incontrare nuove persone, come il "Gruppo Escursionisti Val Grande", con cui oggi abbiamo condiviso questa bellissima giornata. Tutti assieme attorno a un tavolo mangiando e bevendo allegramente, ma poi purtroppo arriva il momento dei saluti, bisogna tornare laggiù, ma quest'anno io vorrei rimanere quassù....
Per la descrizione dell'itinerario consultare il link
Malati di Montagna: Silvio, Franco, Luisa, Stefano, Andrea, Danilo e Fabio

I gestori Giorgio, Claudio e Luciano con
i Malati di Montagna e...


...il Gruppo Escursionisti Val Grande


L’insediamento walser di Rima 1411 m, alla testata della Val Semenza, visitabile solo a piedi ha un impianto architettonico e urbanistico completamente diverso da quello di Alagna. Costretti a emigrare, gli abitanti di Rima, ritornati al villaggio d’origine costruirono veri e propri “palazzetti”, ispirati allo stile delle corti dove lavoravano. Abili stuccatori e gessatori, gli abitanti di Rima si specializzarono nella realizzazione del marmo finto, visibile anche nella Parrocchiale. Questo raffinato mestiere li portò a decorare regge e cattedrali di mezza Europa, perfino in Russia. Tuttora a Mosca un colonnato in marmo finto del Cremlino conserva la firma dell’artigiano di Rima Axerio che lo ha realizzato.


Parete NO del Tagliaferro


Colle Mud 2324 m


Gruppo Escursionisti Val Grande




dal rifugio Ferioli panorama su Alagna Valsesia


oggi c'è gran lavoro in cucina...!!!



sabato 6 settembre 2014

Chiedimi perché vado in montagna


Chiedimi perché vado in montagna. 
Chiedimi perché, quando il resto mi sta stretto, l'unica via è il sentiero. 
Chiedimelo.
Perché?
Perché in montagna non puoi sprecare fiato per parole inutili. Lo devi conservare per arrivare in cima, e il resto è silenzio o parole gentili.
Perché l'unico peso è lo zaino. Non c'è peso per il cuore.
Perché tutti, se lo desiderano, possono arrivare in cima. Solo un passo dietro l'altro.
Perché incroci persone che trovano ancora un momento per salutarti.
Perché non ci sono orpelli: ci sei tu e c'è il tuo corpo, che devi custodire e curare, se vuoi avere le forze. C'è il cielo con i suoi umori. Non si scherza con la pioggia, il vento, la neve o la notte. Devi fare molta attenzione, e tornare a quello stadio primitivo in cui la natura e i suoi movimenti erano parte della tua vita, parte integrante del tuo quotidiano. Non puoi snobbare la natura, in montagna: ti tira per la manica, ti chiede di guardarla, di studiarla, di esserle presente.
In montagna puoi e devi essere presente a te stesso, senza distrazioni.
Forse è per questo che, sopra tante vette, telefonini e internet funzionano a singhiozzo... è la natura che ti dice: "Lascia stare, lascia stare il superfluo. Stai con gli amici. Stai con gli animali. Stai con te stesso. Non ti serve nient'altro".