Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 25 ottobre 2009

Nel cuore della Val Taleggio patria dell’omonimo formaggio

Monte Aralalta 2006 m e Pizzo Baciamorti 2009 m
Ultima domenica di ottobre del 2009, cielo terso, temperatura mite, girovaghiamo ancora in maglietta, ma siamo sicuri di essere alle porte dell'inverno...!?!
Dall'autostrada A4 in direzione Venezia usciti al casello di Dalmine seguiamo le indicazioni per la Val Brembana fino al paese di San Giovanni Bianco, si prosegue a sinistra lungo gli orridi della Val Taleggio arrivando prima a Sottochiesa e poi a Pizzino 930 m, all'ingresso del paese svoltiamo a destra verso Piazzo/Quindicina/Capo Foppa, arrivati alle prime case di Capo Foppa 1307 m parcheggiamo l'auto sulla destra a poco distanza dal monumento dedicato ai caduti della guerra. Il sentiero prende il via dalla parte opposta del monumento, indicato da una palina segnavia n. 120, subito incontriamo alcuni pannelli illustrativi, dopo un tratto nel bosco percorriamo un lungo tratto a mezza costa e piegando sulla destra arriviamo all'alpe Foppa Lunga 1506 m, sulla sinistra ammiriamo l'inconfondibile cresta dentellata del Resegone. Continuiamo a salire verso nord sui vasti pascoli dei Piani dell'Alben raggiungendo il rifugio Angelo Gherardi del CAI di Zogno 1650 m, seguiamo il sentiero 101 indicato sulla palina segnavia, costeggiata una grossa pozza d'acqua arriviamo all'ex rifugio Cesare Battisti 1685 m, il sentiero prosegue sulla destra attraversando un profondo vallone detritico (attenzione!) e alzandosi regolarmente raggiunge la Bocchetta di Regadur 1853 m, dove a pochi metri sorge la baita Regina. Dalla palina segnavia proseguiamo verso sinistra seguendo il sentiero 101 (Sentiero delle Orobie Occidentali), dopo un tratto quasi in piano arriviamo sul painoro dove è adagiata la Baita Cabretondo 1869 m, da qui risaliamo lungo la spalla erbosa seguendo l'evidente traccia e guadagnando la vetta dell’Aralalta 2006 m, proseguiamo in cresta per un centinaio di metri fino al Pizzo Baciamorti 2009 m dove ci accoglie la Madonna del C.E.A. (Club Escursionisti Arcoresi), la vista spazia a 360°.
Secondo la tradizione lo strano nome dato alla cima è dovuto al fatto che al Passo Baciamorti, sottostante alla vetta omonima, si dava l’ultimo saluto alle salme provenienti dalla Valtorta (le cui chiese erano state scomunicate nel 1605 da Papa Paolo V perché fedeli alla Repubblica Veneta) per venire sepolte a Vedesetta, al tempo terra del Ducato di Milano.
Ci sediamo sul pendio con altri escursionisti, sembra di stare al cinema, il titolo del film è "Indovinate che cima é?", mangiamo e ci riposiamo sotto ai raggi caldi del sole, gentilmente un ragazzo ci scatta la consueta foto, poi a malincuore dobbiamo iniziare a scendere.
Dalla cima scendiamo a destra seguendo il sentiero, nel primo tratto ripidamente, poi dolcemente sulla cresta verso il Venturosa e il Cancervo tra splendidi panorami a cui concediamo qualche pausa...
Arrivati al Passo Baciamorti 1540 m seguiamo a destra le indicazioni poste su una palina segnavia verso Capo Foppa con il sentiero 153, entriamo subito in un bel bosco di faggi, rimanendo in costa arriviamo sul pianoro dove accanto alla Baita Baciamorti 1453 m ci sono alcuni simpatici asinelli, subito Flavio si improvvisa come l'uomo che sussurrava agli asini...
Rientriamo nel bosco e alternando qualche saliscendi arriviamo su una strada sterrata che seguiamo fino ad arrivare a Capo Foppa, da dove in breve raggiungiamo l'auto.
Escursione ad anello davvero gratificante, per l'intero tragitto comprese le pause contemplative ci vogliono circa 5 ore, se qualcuno invece ha fretta e vuole correre, sarebbe il caso che se ne stia a casa e vada a correre nel parco pubblico più vicino, chi ha orecchie per intendere intenda...

Malati di Montagna: Fabio, Flavio e Danilo


Rifugio A. Gherardi 1650 m


rifugio Cesare Battisti (privato)


Pizzo Baciamorti 2009 m

domenica 18 ottobre 2009

La tavolozza dai mille colori nella valle dei pittori...

Percorriamo la Val Vigezzo fino a Toceno da dove seguendo le indicazioni dopo circa 5 km si raggiunge Arvogno 1247 m, dove lasciamo l'auto nei pressi degli impianti della seggiovia. La temperatura esterna è decisamente gelida, siamo in pieno autunno e i colori in montagna sono davvero fantastici, ci incamminiamo scendendo verso il ponte sul Melezzo che attraversiamo, subito sulla destra inizia il sentiero indicato da una palina segnavia. Arrivati sulla strada sterrata a destra seguiamo le chiare indicazioni per la B.tta di Muino, usciti da bosco ci ritroviamo in una radura dove sono collocate le baite dell'alpe Cortina 1355 m, sovrastate dalla chiesetta, continuiamo a salire leggermente alternando tratti in costa, in alto davanti a noi si vedono gli impianti della Piana di Vigezzo. Passiamo alti sopra all'alpe Caulin e attraversato un torrente racchiuso in una fora ci ritroviamo sui prati dell'alpe Sdun 1465 m dove alcuni cavalli stanno pascolando, dalla palina segnavia ci alziamo verso le baite sovrastanti, dove su un albero è ben visibile il segno bianco rosso che indica il sentiero da percorrere, ci si alza con accentuata pendenza nel bosco. Fuori dal bosco percorriamo un tratto in costa poi deviamo decisamente a destra arriviamo alla B.tta di Muino 1977 m il più alto valico che mette in comunicazione l'altopiano vigezzino con i Bagni di Craveggia. Soffia un vento gelido che ci costringe a ripararci per poter bere un bicchiere di thé caldo, dopo la breve sosta scendiamo leggermente sul versante della Vall'Onsernone, arrivando sulle sponde del grazioso lago di Muino Inferiore, sopra a pochi metri sorge il rifugio E. Greppi 1915 m della sezione CAI di Vigezzo. Continuiamo sempre sul sentiero M25 fino alle baite dell'alpe di Ruggia 1888 m, con accanto l'omonimo laghetto, seguendo le indicazioni poste sulla palina segnavia svoltiamo a sinistra verso la bocchetta, tralasciando il sentiero M51 per i Bagni di Craveggia. Arrivati alla B.tta di Ruggia a 1992 m iniziamo a salire a destra seguendo l'esile traccia, con molta attenzione seguendo alcuni bolli rossi sulla destra superiamo uno sperone di roccia, in prossimità di un canalino franoso il sentiero inizia a salire ripidamente, svoltando a sinistra in breve arriviamo al Pizzo di Ruggia 2289 m, il panorama è a dir poco fantastico... Ritornati alla bocchetta iniziamo a scendere verso il settore della Val Vigezzo, dopo un tratto di discesa il sentiero piega verso ovest rimanendo in costa, ignorando le indicazioni poste su albero per l'alpe I Motti proseguiamo in leggera salita fino alla cappelletta di San Pantaleone 1992 m, decidiamo di salire anche al vicino passo di Fontanalba 2024 m a circa 5 minuti. Dopo una doverosa sosta alla cappella iniziamo a scendere lungo la bella mulattiera lastricata ed a gradini, costeggiando il fianco orientale della Pioda di Crana, scesi nella radura dell'alpe I Motti 1844 m, proseguiamo nel bosco dove l'unico rumore che si sente è lo sfregolio delle foglie secche sotto i piedi. Arriviamo all'alpe Villasco 1642 m da dove scendiamo fino alle baite ben conservate dell'alpe Verzasco 1393 m, attraversato il ponte seguiamo la strada sterrata che in breve conduce alla palina segnavia incontrata alla mattina. Un percorso ad anello davvero molto gratificante sia dal punto di vista escursionistico che naturalistico, la salita al Pizzo Ruggia NON è assolutamente da fare in caso di cattivo tempo e soprattutto facendo molta attenzione a non perdere la traccia!!!
Qualche dato tecnico: il dislivello è di circa 1200 m con un tempo stimato per l'intero anello di circa 6/7 ore...
Malati di montagna: Danilo e Fabio

macchie di colore...


Danilo in cima al Pizzo Ruggia 2289 m

dalla B.tta Ruggia la cresta che sale in cima

l'autunno...

Pioda di Crana. 2430 m

giovedì 15 ottobre 2009

Diario dell'Alta Via n. 1 delle Dolomiti - dal 17 al 26 agosto 2009

Un trek vero tra le spettacolari montagne della Pusteria, del Cadore e dell’Agordino, attraversando il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi.
Suona la sveglia alle ore 4.00 del mattino.
Come ogni anno siamo giunti alle sospirate vacanze estive ed ovviamente ad un nuovo entusiasmante trek.
Il nuovo diario rosso fiammante del tour è pronto per raccogliere i fatti ed i commenti dei prossimi dieci giorni.
I componenti del gruppo sono: Deborah, Fabio, Danilo, Flavio, Kiran e Franco.
17 agosto 2009
dal "Rifugio Braies" al "Rifugio Biella"

La macchina di Fabio a pieno carico (persone incluse) è pronta per la partenza alle ore 5.30. Manca all’appello Flavio che ci raggiungerà nel pomeriggio.
Alle 9.40 giungiamo a "Dobbiaco", posteggiamo nel parcheggio pubblico dietro la tipica ed antica chiesa del centro cittadino e ci attiviamo subito alla ricerca della fermata dell’autobus per il "Lago di Braies". Con leggerissimo ritardo, alle 10.19 (orario ufficiale 10.15, con stress da carenza di caffè e quant’altro per il timore di essere in ritardo) partiamo per il "Lago di Braies".
Ringraziando chi ha avuto la brillante idea di partire presto, evitando così l’impressionante traffico d’ingresso a "Dobbiaco", alle 10.44 siamo al parcheggio del lago e attendiamo Angelo Canavesi. Alle 11.20 ci incamminiamo da quota 1.500 m. costeggiando il bellissimo lago ove si specchiano le cime circostanti. Restiamo tutti perplessi per la fauna umana presente sulle rive del lago. In realtà i marziani sembriamo noi perché portiamo pesanti zaini al posto di zainetti e borsette firmate e gli scarponi al posto di modaiole scarpe.
Finalmente lasciamo la riva e con la risalita ci troviamo nella quiete e solitudine delle montagne.
Sole a picco e caldo torrido, non ventilato. Il sentiero risulta ben segnato, con particolare evidenza per la deviazione prima della ripida salita lungo il vallone "Buca del Giavo" e per il tratto attrezzato con rocce lisce e consumate, molto scivolose. A quota 2.186 m. ci prendiamo la meritata pausa ristoratrice ove Danilo e Deborah non mancano di dare ampia dimostrazione delle loro qualità nell’arrampicata. Riprendiamo la salita a zig-zag sino al varco "Porta sora ‘l forno" (2.388 m.) dove è presente la cappella. Lo spettacolo dal varco è semplicemente emozionante. Scendiamo al "Rifugio Biella" (2.327 m.) alle ore 16.00 e, voltandoci, restiamo colpiti dalla forma imponente del fianco sinistro della "Croda del Becco" che domina dai suoi 2.810 metri. Il personale del rifugio è cordiale. La titolare è efficiente, alla mano e simpatica.
Sistemati gli zaini e lavati con acqua fredda, ci godiamo lo spettacolo naturale del tramonto dal terrazzo panoramico. Pare quasi di toccare le cime delle Dolomiti che saranno nostre nei prossimi giorni. Il rifugio non ha l’acqua calda. Arriva anche Flavio e la sospirata cena è servita tra le 18.00 e le 19.30 con turni al tavolo perché la sala è piccola rispetto al numero degli ospiti. Il rifugio è completo con tantissimi stranieri, come del resto avremo modo di notare nei giorni successivi.
Abbiamo la scelta dei primi e dei secondi con menù alla carta. Avendo il menù CAI con mezza pensione, sono escluse le pietanze con i funghi:
- primo: minestrone d’orzo, spaghetti aglio e olio, spaghetti al ragù;
- secondo: uova, speck e patate / formaggio in crosta con polenta / wurstel alla piastra;
- dolce: panna cotta con salsa di mirtilli.
Soddisfatti i commensali per la cena servita, analizziamo il nostro gruppo:
DEBORAH, FABIO, DANILO, FRANCO, FLAVIO, KIRAN.
Tutti abbiamo partecipato al trekking dell’estate scorsa nel "Parco Naturale Puez - Odle". Il pensiero va ai due assenti Paola e Silvio che per problemi di salute hanno dovuto rinunciare al giro dell’Alta Via n. 1, con nostro sommo rammarico. Manca anche P.G., come faremo quest’anno senza i suoi eterni consigli in genere ed i suoi insegnamenti sulla flora e fauna dolomitica?
L’apogeo dell’ilarità viene toccato a tavola quando Kiran ci informa della signora che lungo il sentiero gli ha domandato se fosse di origine sarda!
Inoltre Danilo quasi cade a terra per le risate quando sente chiamare Fabio con il suo nuovo soprannome, frutto di un fitto scambio di corrispondenza via sms tra Franco, Deborah e Luisa:
- FRANCO, detto "il vongola";
- DEBORAH, della "la cozza";
- KIRAN, detto "Nieddu il sardo";
- DANILO, detto "Gongolo";
- FLAVIO, detto "Ciatto Silvestro";
- FABIO, detto "Winnie".
Tutto ciò avviene con Danilo seduto sotto l’enorme teschio di cervo completo di ragguardevoli corna …, come da abbondante documentazione fotografica agli atti. Non finisce qui ….
Lo scorrimento delle foto digitali della giornata ci rammenta altri due simpatici episodi:
- Franco che si addormenta sull’autobus durante il breve tragitto sino al lago (sicuramente un lascito di Silvio);
- ancora Franco che, rinfrescati e cambiati, si presenta alla terrazza panoramica con pantaloni elasticizzati rossi e neri, aderenti e con ragnatele. Il cugino di Spider-Man è con noi, scusate, Vongola Spider-Man .. ragnatele comprese.
Ci corichiamo con l’ordine tassativo di non alzarsi prima del capo-gita Fabio Winnie. Ovviamente nessuno potrà restare a letto dopo l’alzata del capo-gita (moglie del capo-gita inclusa)…. ma non andrà proprio così.
18 agosto 2009
dal "Rifugio Biella" al "Rifugio Fanes"

Dopo la notte in compagnia dell’amico tedesco che ci ha deliziato, al posto di Silvio, con sonore russate, Kiran alle 5.00 è già operativo per le foto del nuovo giorno. Inizialmente il tempo è parzialmente nuvoloso ma il sole vince la sua battaglia e ci accompagnerà per tutta la giornata fino al "Rifugio Fanes". Anche oggi caldo torrido, cielo terso scarsamente ventilato.
Partenza dal "Rifugio Biella" alle 8.20 con abbondanti soste per assimilare paesaggi che di volta in volta si presentano nuovi e differenti. Al primo chilometro attacchiamo il sentiero n. 6, superiamo il "Rifugio Sennes" (2.116 m.), imbocchiamo la via n. 7 che digrada sino al "Piano della Lasta", percorriamo il canalone fra il "Pici Pareis" ed il "Col del Ru" per giungere sino al "Rifugio Pederù" (1.548 m.). Lungo la ripida discesa apprezziamo altri panorami dai terrazzi naturali sulle ripide pareti che si affacciano sulle valli e ci abbassiamo di 600 metri circa sino al Pederù.
Fabio e Deborah non mancano di assaggiare lo strudel locale, mentre Franco e Danilo sostano all’ombra dei pini, digiunando e vincendo stoicamente le tentazioni diaboliche del diavoletto Deborah con il suo dolce.
Sostiamo un’ora circa e Kiran rinforza la propria abbronzatura sarda umiliandoci alla vista della sua tartaruga addominale … . Nel contempo, divertiti (Fabio meno), scopriamo che Deborah non si è attenuta alla lista di Fabio per la predisposizione tecnica del proprio zaino bensì a quella di Paola. La prova è fornita in modo palese dalla confezione formato famiglia di crema N., del peso indicativo di 7/8 etti. Tutti si chiedono quando mai finirà, come pure se nello zaino di Deborah ci sarà un "passamontagna"!
Al solo ed esclusivo scopo di diminuire il peso dello zaino di Deborah, Fabio si candida come "Primo Spalmatore Ufficiale Dolomitico" di creme per giovincelle. Verso le 14.10 ripartiamo per il "Rifugio Fanes" risalendo il "Valun de Fanes" lungo la via n. 7 e la via n. 1, che si intersecano più volte lungo il tragitto. Attraversiamo il torrente "Ru d’al Plan" ed alle 16.30 siamo al "Rifugio Fanes" a quota 2.060 metri. I baldi giovani aggiungono altri 14 chilometri ai sei del primo giorno. Il caldo nella risalita del "Valun de Fanes" costringe anche Danilo e Franco ad indossare i pantaloncini mentre Deborah presta a Flavio la "pandana" (così il cronista riporta fedelmente) per proteggersi la testa dal sole a picco. Il rifugio si presenta ottimamente, curato, pulito e con complementi d’arredo decisamente singolari.
La cena è servita per le 19.00 con menù fisso:
- antipasto: verdure crude miste;
- primo: cannelloni agli spinaci;
- secondo: stufato di carne con verdure;
- dolce: strudel e macedonia di frutta fresca (non in scatola).
19 agosto 2009
dal "Rifugio Fanes" al "Rifugio Lagazuoi"

Dopo l’abbondante colazione, alle 8.40 attacchiamo la salita per il "Lago de Limo" a m. 2.159. Raggiungiamo il "Rifugio Gran Fanes" e costeggiamo i monti "De Gran Fanes" alla nostra destra.
Al "Gran Pian" a quota m. 2.114 risaliamo alle 10.40 la via 20B, dominata dalla "Cima Ciampestrin", dal "M. Ciaval" e dalla "Piza Nord". Dopo un ora e tre quarti siamo alla "Forcella del Lech" (Forcella del Lago) tra i poderosi "Cima de Lech" (Torre del Lago) alla nostra destra e "Cima Scotoni" alla nostra sinistra.
Spettacolo mozzafiato con il "Gran Pian" alle nostre spalle e con l’affacciarsi dell’"Alpe di Lagazuoi". Dopo il vano tentativo di Kiran di demolire sulle rocce dolomitiche della forcella la propria macchina fotografica per la foto di gruppo con l’autoscatto, ci è sembrato più semplice utilizzare la cortesia e chiedere al curioso signore che ci osservava da tempo di farci la foto.
Dalla forcella il sentiero della discesa pare finire nel vuoto ma, per quanto ripido, è stato ben costruito e soprattutto in ottimo stato di manutenzione.
In brevissimo tempo siamo al "Lech de Lagacio" a m. 2.182 ed il "Rifugio Lagazuoi" sembra così vicino dai suoi 2.752 metri di altezza. Sembra vicino…. La "Punta di Mezzo" e la "Punta Sud" impressionano con la loro maestosità e le loro pareti verticali. Sostiamo al lago per la breve colazione con pediluvio. Nel contempo Franco riceve da Silvio un mms dove è ritratto con la sua mountain-bike in Val di Vizze. Per contro, Franco invia un mms dove tutti sono immortalati sulla riva del laghetto…. Suscitando probabilmente, se non sicuramente, non poca invidia. Alle 14.20 riprendiamo la via n. 20 sotto il sole rovente in un ambiente che richiama gli altopiani desertici dei film western. Costeggiando le "Punte de Fanes" ed il "Lagazuoi Grande", i primi arrivano alle 16.20 al "Rifugio Lagazuoi" a m. 2.752, affaticati forse non tanto per la strada quanto dalla calura. Nessuna nuvola ci da’ tregua dispensando un po’ di ombra. Deborah fatica parecchio e finisce l’acqua. I più vivi complimenti e stima vanno da parte di tutti noi maschietti all’unica ragazza del gruppo che per il secondo giorno consecutivo è stata sottoposta ad una vera prova di sopravvivenza. Altri 11 km. si sono aggiunti ai precedenti sotto un sole feroce sia al passaggio della forcella sia per tutta la valle e la risalita al "Lagazuoi". Una vera prova di resistenza per noi tutti, tenuto altresì conto del peso degli zaini.
Deborah peraltro ha dimostrato una determinata e ferrea forza di volontà nell’arrivare al rifugio con il proprio zaino.
Rinfrescati, per cena servono con il menù fisso della mezza pensione:
- primo: fusilli al formaggio;
- secondo: stinco di maiale con zucchine e patate;
- dolce: mousse di miele e nocciole.
Alle 21.30 ci corichiamo in attesa di conoscere il russatore di turno. Siamo nella camerata con una coppia di italiani, la coppia di inglesi della sera precedente conosciuti nella camerata del "Fanes" e altri due italiani solitari, uno conosciuto al nostro tavolo (il signor Capanna), che sta seguendo il percorso dell’Alta Via n. 1 in solitaria, e l’altro arrivato a tarda sera, svegliando praticamente tutti. Troviamo al rifugio anche la coppia di francesi partiti con noi sin dal "Lago di Braies" (il povero ragazzo porta uno zaino enorme il cui telo esterno sembra quello del coroner dei telefilm americani) e la famiglia di tedeschi con due bambini di 10 anni circa. Anche i loro zaini sono impressionanti per dimensioni e peso ma ai loro figli nulla manca, hanno il gioco Nintendo e voluminosi libri per ragazzi.
Certo è che l’Alta Via n. 1 delle Dolomiti pare frequentata solo da stranieri … .

20 agosto 2009
dal "Rifugio Lagazuoi" al "Rifugio Croda del Lago – Palmieri"

Kiran alle 5.00 del mattino è già in piedi. Sin dal primo giorno ci siamo chiesti che razza di mostro abbiamo creato, devoto com’è alla fotografia e soprattutto alla sua nuova macchina fotografica.
La vista panoramica dal terrazzo del "Rifugio Lagazuoi" è unica ed all’alba tutte le cime sono visibili ma con molta foschia.
Dalla destra del terrazzo sono ben distinguibili:
- il gruppo delle Odle;
- il gruppo del Sella, m. 3.151;
- Marmolada, m. 3.342;
- le Pale di San Martino, m. 3.185;
- il gruppo del Civetta, m. 3.218;
- Pelmo, m. 3.168;
- Antelio, m. 3.263;
- Sorapis, m. 3.205;
- Tofane, m. 3.243.
La visione dalla croce sul "Lagazuoi Piccolo" a m. 2.778 provoca emozioni contrastanti, a giudicare dai nostri diversi commenti. Occorre rilevare il sentiero delle truppe austriache, il "Kaiserjager", che dalla cima discende ripidamente lungo la parete, la croce di legno incastonata di monetine conficcate nel suo legno e la cassetta del libro di vetta che contiene di tutto tanto da sembrare quasi un cestino della spazzatura. Le fortificazioni austriache visitabili lungo il percorso sono impressionanti e la bellezza del panorama dolomitico non riesce a smorzare la tragedia di quelle opere e di tutte le vite umane spese durante il primo conflitto. Ancor più impressionante è la riflessione sulla conquista da parte dell’Esercito Italiano della "Cengia Marini" a soli 350 metri al di sotto del rifugio e che l’esercito austriaco non riuscì a riconquistare nonostante vari esperimenti bellici, tutti falliti e tutti terrificanti. Comunque, partenza alle 8.10. Fatto di cronaca: le linee difensive austriache hanno fatto il primo ferito italiano del nostro gruppo a seguito dello scivolone con capriola di Flavio sul legno delimitante il sentiero. Ancora adesso ci chiediamo come sia potuto accadere, come Flavio abbia fatto l’istintiva capriola e come abbia fatto ad arrestarsi subito sul ripido pendio. Risultato: due escoriazioni sulla mano con pronto soccorso di Franco.
Scendiamo sino alla "Forcella di Travenanzes" a m. 2.507 fiancheggiando le impressionanti opere e fortificazioni militari della prima guerra mondiali. La via è la n. 402, segue la via n. 404 dopo la "Forcella Col dei Bos" a 2.331 metri. Il fascino della verdissima "Valle Travenanzes", collocata tra la catena del "Lagazuoi Gran" e la "Tofana de Rozes", ci investe.
Ai piedi della "Tofana de Rozes" il gruppo si divide.
Fabio, Deborah e Flavio percorrono la via n. 404 sino al "Rifugio Dibona", mentre Danilo, Kiran e Franco risalgono il sentiero "Galleria del Castelletto".
La variante Dibona prevede il raggiungimento del rifugio omonimo costeggiando la "Tofana" tra splendidi ambienti e panorami sui due versanti della valle con la possibilità di ammirare le "Cinque Torri", il "Rifugio Nuvolau" ed il "Rifugio Averau". Incontriamo il primo camoscio dopo le simpatiche e pasciute marmotte della "Valle Travenanzes". Arrivati all’altezza del "Vallone di Tofana" ammiriamo la bellezza dell’anfiteatro di rocce con innumerevoli pinnacoli stagliarsi contro l’azzurro intenso del cielo.
Scendendo di qualche metro lungo la strada sterrata giungiamo al "Rifugio Dibona" (m. 2.037) molto frequentato da turisti e raggiungibile con le autovetture che riempiono tutto il parcheggio. Il rifugio è dedicato alla famosa guida cortinese "Angelo Dibona". Al suo interno si possono vedere diverse sue foto. Riscendendo ancora lungo la strada sterrata sino al 1° tornante, si prende sulla destra il sentiero n. 442 che ci porta rapidamente sulla strada statale in località "Ponte di Ru Bianco". A questo punto decidiamo di salire sulla navetta del sig. Bruno che in quindici minuti ci conduce al piazzale adiacente al "Rifugio Cinque Torri (2.137 m.) dopo una ripida strada asfaltata.
Breve pausa per osservare le spettacolari "Cinque Torri" ed alcuni alpinisti sulle loro pareti verticali, riprendiamo la strada appena percorsa con la navetta. Alla palina segnavia per il sentiero n. 437, seguiamo la via che digrada nel bosco sino al "Ponte di Rucurto" a m. 1.708 in quaranta minuti circa. Nonostante il terreno fangoso, il sentiero è ben tenuto.
Ulteriore sosta per il pranzo e, attraversata la strada, sulla destra attacchiamo nuovamente il medesimo sentiero. Passiamo due ponti ed la via riprende a salire con decisione arrivando sino alla "Casera de Formin" (m. 1.875). Lasciata la deviazione sulla destra n. 435 per la "Valle Formin", continuiamo la nostra ascensione sino a quota 2.100 m. circa.
Da qui finalmente il sentiero prosegue in leggera discesa sino al "Lago de Federa" dove è situato il "Rifugio Croda del Lago – G. Palmieri" a quota m. 2.046. Dalla targa in marmo esposta all’ingresso del ricovero apprendiamo che Palmieri fu un medico ed eroe caduto alla fine della seconda guerra mondiale per curare sino all’ultimo i soldati feriti.

La variante Galleria riporta Franco, Danilo e Kiran in quota sino all’ingresso della "Galleria del Castelletto". Il tratto di ingresso è attrezzato con scale metalliche fissate a fianco delle marcite e ben più vecchie scale in legno della guerra. Muniti di set da ferrata e frontale, ci addentriamo nella galleria ove la temperatura si abbassa notevolmente. Il primo tratto della galleria è dotato di scala metallica e di corrimano sulla destra. La galleria sale velocemente e Kiran, con la sua nuova potente frontale regalatagli per il suo recente compleanno, apre la strada nel buio con il potente fascio di luce.
Alla prima apertura nella roccia, rivolta verso il "Rifugio Lagazuoi", termina la scala interna di metallo e l’ascensione è ancor più ripida su roccia molto bagnata e scivolosa. Il corrimano è essenziale! Sbuchiamo alla luce del sole sull’enorme squarcio che causò forti perdite all’esercito austriaco a seguito dell’utilizzo di 35 tonnellate di esplosivo. Alla destra vi sono gli attacchi delle varie vie ferrate mentre noi percorriamo il ripido sentiero della discesa evitando di prendere la via n. 404. La via ha dei tratti molto esposti sulle pareti verticali della "Tofana" e torniamo nuovamente alla "Forcella Col dei Bos" attraversando anche le trincee italiane.
Alle 12.10 siamo alla sbarra della "Valle Travenanzes" (con cartello di divieto per bici) ed al primo tornante della via n. 402 iniziamo il sentiero n. 412 per raggiungere gli altri compari di viaggio che telefonicamente ci avvisano di essere già in valle e di prendere la navetta di Bruno. Trasformati in sky-runner ed incrociata la via n. 414, prima delle 13.00 siamo sulla strada all’altezza del "torrente Rubianco". Al vicino ingresso della strada chiusa al traffico per le "Cinque Torri" notiamo la navetta del sig. Bruno in sosta ed in attesa della clientela. Ci scrutiamo negli occhi e "freschi come rose", dopo la delibera all’unanimità, decidiamo di risalire il sentiero n. 439 a piedi da quota m. 1.739 a m. 2.039. Dopo la breve pausa pranzo con minaccia di temporale, alle 14.10 arriviamo al bivio per il "Rifugio Cinque Torri" e per il "Rifugio Palmieri".
Alla ripida e dritta salita si sostituisce il già accennato sentiero n. 437 nel bosco, quale variante "Alta Via Dolomiti", che ci porta al "Ponte de Rucurto". Alle 15.00 ricominciamo la terza salita della giornata, arricchita da svariate telefonate di lavoro di Franco, ripetendo la via del primo gruppo con sosta per l’acqua finita alla "Casera de Formin" dove si trova la provvidenziale fontana. Alle 16.25 Franco e Danilo sono al rifugio. Kiran ci ha anticipati di quasi mezz’ora ma dopo tanto correre abbiamo ritenuto di meritarci qualche salutare sosta, l’ultima delle quali a quindici minuti dal rifugio ove abbiamo osservato il panorama circostante e Danilo si è gustato una confezione di Nutella con fare ed espressione a dir poco fanciullesche!
Chi conosce Danilo può ben comprendere lo stupore degli altri nell’assistere a certi fenomeni…
Durante la salita restiamo colpiti dall’elevato numero di persone che discendono alle macchine dopo la giornata al lago ed al rifugio. Discorsi e discussioni di tutti i tipi, come ad esempio i tre ragazzini di dieci anni circa (un maschietto e due femminucce) che trattano animatamente sui vantaggi di avere il pisellino, essendo possibile, sulla base delle ferme convinzioni del bambino, soddisfare i propri bisogni ovunque a differenza delle signorine... Lasciamo ai genitori che seguono a cento metri il compito di chiarire meglio e a tempo debito certi concetti.
Troviamo il lago all’ombra della "Cima Bassa da Lago". Bello ma non come quello raffigurato dalle foto dei libri, forse a causa della scarsità d’acqua. La montagna sembra proteggere il "Rifugio Croda da Lago – G. Palmieri".
Cena alle 19.00, affamatissimi, con menù fisso e possibilità di scelta tra due primi e tre secondi, servono:
- antipasto: insalata mista;
- primo: spaghetti al pomodoro, minestrone;
- secondo: polenta e formaggio, salsiccia, funghi e polenta, wurstel e crauti;
- dolce: panna cotta.
Alle 22.00 a letto e quasi tutti, ci addormentiamo profondamente sino all’alba del nuovo giorno.
21 agosto 2009
dal "Rifugio Croda al Lago – G. Palmieri" al "Rifugio Città di Fiume"

Stranamente siamo rimasti tutti a letto sino alle 6,30, anche il nostro fotografo ufficiale.
Ritirata la biancheria straumida e appesa agli zaini come le mercanzie dei migliori venditori ambulanti, alle 8.15 siamo pronti per la partenza lungo la via n. 434 che costeggia la "Cima Bassa da Lago", la "Croda da Lago", la "Cima Ambrizzola" sino alla "Forcella Ambrizzola" a m. 2.277.
Il sole è già alto e la temperatura sin dal primo mattino è elevata anche rispetto ai giorni precedenti. La montagna della "Croda da Lago" mostra mille sfaccettature metro per metro, per nasconderle subito dopo. Sulla sinistra della forcella a fondo valle si staglia il "Becco di Mezodì" di m. 2.603 che si erge solitario e risulta visibile da qualsivoglia posizione. Imbocchiamo la via n. 436 passando per la "Forcella Col Duro" a m. 2.293 e per la "Malga Prendera" a m. 2.148. Impossibile non notare l’imponenza del "Pelmo", del "Pelmetto" con lo sfondo del gruppo del "Monte Civetta".
Incrociamo alla malga un gran numero di mucche, Fabio immortala una vipera crogiolante al sole mentre tre rapaci e due corvi compiono acrobazie aeree come negli scontri aerei della grande guerra. Singolare è l’inseguimento di una mucca nervosa che allontana il vicino corvo appollaiato su un dosso erboso. Il tutto pare magico e conquistarci passo dopo passo all’ingrandire del "Pelmo" che suscita in noi ancora ulteriori nuove emozioni. Alla "Forcella Col Roan" a m. 1.999 seguiamo la via n. 467 per giungere alle 11.45 al "Rifugio Città di Fiume", a quota m. 1.918. Essendo vicino alla strada, il locale è molto frequentato ma già verso le 15.30 si svuota. Il gestore è molto cortese, affabile e disponibile tanto da fornirci subito all’arrivo due stendini per far asciugare gli indumenti ancora umidi del giorno precedente, nonostante l’ora di punta della cucina. Franco e Deborah restano a godersi il panorama dominato dal "Pelmo" che pare emanare flussi benefici e distensivi sotto un sole magnifico, guastato da una vaga minaccia di temporale.
Fabio, Flavio e Danilo seguono il sentiero per San Vito sino alla "Forcella Forata" (m. 1.967), riprendendo un sentiero che s’avvicina alle verticali pareti del "Pelmo". Il sentiero è malamente segnalato, con l’amara sorpresa che è parte dell’Alta Via Dolomiti e che porta all’attacco della via "Gino Flaibani".
Evidenziamo l’esistenza alla "Forcella Forata" della "Grotta di S. Antonio" la cui storia narra di un pastore che fu colto da una tempesta di neve. Nel timore di non poter varcare la forcella fece voto a S. Antonio per la sua salvezza e delle sue bestie. Sopravvissuto, fece erigere il capitello incastonato ed oggi visibile nella grotta.
Annotiamo un ennesimo nuovo fatto di cronaca per lo smarrimento del borsello di Kiran contenente "solo" i soldi ed i documenti. Dopo aver messo a soqquadro la nostra stanza e buona parte del rifugio con la piena collaborazione del preoccupato gestore, Franco, Danilo e Fabio costringono Kiran a ripercorrere il suo giro pomeridiano e solitario, nella ferma convinzione dell’impossibilità dei furti nei rifugi alpini. Occorre sottolineare che la perquisizione nella nostra stanza è stata effettuata più volte senza scalfire minimamente il profondo sonnellino pomeridiano di Deborah e Flavio che si sveglieranno ignari dell’accaduto. Tornando alla squadra di emergenza, il borsello viene trovato da Kiran ovviamente nei pressi della ripida forcella ove si era recato in missione solitaria poco prima. Censuriamo i commenti riguardanti sia lo smarrimento e modalità sia il luogo in cui si è spinto, visti i rischi del caso! Alla novità del ritrovamento, anche il gestore ha esultato perchè Kiran ed un’altra distratta ragazza tedesca avrebbero offerto grappe a non finire.
La cena delle ore 19.15 propone:
- primo: pasta al ragù, pasta al pomodoro e minestrone;
- secondo: speck e formaggio biologico, pastin e polenta;
- dolce: pesche in scatola.
Il pastin è un piatto gastronomico della "Val Zoldana". In parole povere, una salsiccia non insaccata che nasce dall’economia contadina, da consumarsi in casa o in compagnia davanti al focolare casalingo.
Fabio dichiara fermamente l’assoluta bontà del formaggio biologico. Basta guardarlo per non dubitare della sua affermazione. Per la prima volta abbiamo la camera tutta nostra con sei letti. Dopo le minacce pomeridiane, verso le 23.00 inizia un rinfrescante temporale ma siamo oramai quasi tutti addormentati. Qualcuno non se ne accorgerà.
22 agosto 2009
dal "Rifugio Città di Fiume" al "Rifugio Attilio Tissi"

Colazione abbondante, Deborah a parte, ed alle 8.10 siamo in partenza per il "Rifugio Tissi".
Le previsioni prevedono una giornata di pioggia e temporali. Però è bello, fresco ed il gestore ci informa che solitamente quando la "Marmolada" è coperta, il maltempo è assicurato. E infatti ….
Imbocchiamo il sentiero n. 472 che gira intorno al "Pelmo" ed al "Pelmetto", toccando il "Passo di Staulanza" a m. 1.766 alle 9.17. Ovviamente non seguiamo la strada ma riprendiamo la via n. 472 dell’"anello zoldano", superiamo la risalita alle Impronte dei Dinosauri e scendiamo per la via n. 474 che affianca l’ennesimo "Ru Bianc" da 1.890 m. circa a 1.500 m. circa sino al "Rifugio Pla Favera" sulla strada. Il non modernissimo impianto della seggiovia ci conduce al "Col Marino della Traversa" a 1.887 m. ove, durante la breve pausa pranzo sul prato, scrutiamo le meraviglie dolomitiche a 360 gradi. Alle 12.30 iniziamo la salita per la via n. 556 verso il "Rifugio Sonino al Coldai", sito a 2.132 m. sulla coda settentrionale del gruppo del Civetta (orario di arrivo 13.45).
Come preannunciato al rifugio, Franco nota e osserva la nuvolosità incombente sulla "Marmolada". E a trenta minuti dal "Rifugio Coldai" prendiamo il nostro primo acquazzone della giornata ma fortunosamente il temporale si muove abbastanza lontano da noi. "Sosta tecnica" al rifugio sino alle 14.30 ed alla prima schiarita ci muoviamo.
Saliamo alla "Forcella Coldai" a 2.191 m. sotto la "Cima di Coldai", percorriamo le rive del "lago Coldai" a 2.143 m. le cui acque sono di un intenso verde a ridosso delle scure rocce del gruppo del Civetta. La via n. 560 costeggia le pareti imponenti e verticali de "Le Rocchette", della "Punta Civetta", del "Civetta di 3.220 m., della "Piccola Civetta" e della "Cima de Gasperi". Il maltempo sta tornando e dalla valle risalgono le nuvole basse a volte tetre, a volte luminose e celestiali con magnifici giochi di luce. A 2.100 m. circa, poco prima dell "Forcella del Col Rean", saliamo per la mulattiera n. 563 verso il "Rifugio Tissi" situato a 2.262 m. ancora sotto il secondo forte acquazzone giungendo in cima alle ore 16.30. La capienza del rifugio di 64 persone non pare proporzionata alle dimensioni dello stesso. La saletta d’ingresso per gli scarponi è strapiena, il locale rumoroso e affollato con pochi posti a sedere, una sola doccia per tutti gli ospiti. Franco e Fabio hanno oggettivi problemi di mobilità nei servizi del piano superiore. Anche le stanze sono ridotte ai minimi termini. Per contro, nonostante l’affollamento probabilmente caratteristico del fine settimana, l’organizzazione della sala risulta efficiente ed efficace nel gestire il doppio turno della cena e della prima colazione del mattino.
Per cena propongono:
- primo: minestrone, pasta al pomodoro e pasta al ragù;
- secondo: bistecca alla griglia con polenta, formaggio e polenta, speck e uova;
- dolce: crostata con panna.
Il temporale fa da padrone per tutta la cena e la preoccupazione visibile dei gestori è motivata dalla tempesta e dai suoi fulmini che potrebbero costringere la cucina a chiudere anticipatamente. Per fortuna nulla accade. Questa è l’ultima cena di Flavio con noi perché lunedì dovrà essere al lavoro ed il Club della Radler (birra alla spina con limonata) approfitta per ripetersi in più fasi, tutte gentilmente offerte da Flavio. Verso le 22.00 siamo tutti coricati tranne Kiran che resta a chiacchierare con un gruppo di ragazzi bolognesi, incontrati lungo il tragitto. Il gruppo è formato da una coppia, tre ragazzi e una appariscente ed abbronzantissima ragazza che da quando è uscita dall’unica doccia già con l’abito del sabato sera da riviera romagnola ha fatto di tutto per farsi notare da tutto il rifugio. La schiena abbronzata con profonda scollatura ed il reggiseno ben in vista, come oggi in voga, rappresentano elementi poco attinenti alla montagna e soprattutto ai rifugi alpini. Qualcuno, una a caso, sostiene che è imbottito … (il reggiseno) mentre il ragazzo dagli occhi chiari pare non accorgersene…
Il simpatico ricordo resta per Danilo che esce dalla doccia con i suoi occhialini rotondi da vista appannatissimi, indossando degli splendidi bermuda di cotone color verde pisello.
Sempre Danilo è ispiratore e ideatore con Franco della nuova tecnica del kamasutra sulla scaletta battente del letto a castello…. Il resto è omissis!
23 agosto 2009
dal "Rifugio Attilio Tissi" al "Rifugio San Sebastiano"

Ennesimo intervento di pronto soccorso prima della colazione da parte di Deborah alla vamp bolognese grazie alla sua portentosa bomboletta spray per contusioni. La sera prima Kiran l’aveva informata che il "ragazzo dagli occhi chiari" era in possesso del poderoso e miracoloso farmaco. Colazione abbondante con tentativo di ribaltamento da seduto da parte di Kiran che tentava di mostrarci la cima del Civetta.
Partenza alle 8.10 per la via di discesa n. 560.
Prima però saliamo sino alla vetta del "Col Rean" con la straordinaria veduta sul "Lago di Alleghe" e del "Civetta". I bolognesi, che a fatica sono giunti ieri al rifugio, ci informano della loro intenzione di scendere ad "Alleghe" dal sentiero n. 563. Ci stiamo ancora chiedendo se sono giunti sani e salvi, viste le oggettive difficoltà del sentiero, in parte attrezzato, che Flavio troverà da lì a poco e che ci confermerà. All’ombra del "Civetta", della "Cima de Gasperi" sino alla "Torre Venezia", passiamo prima il "Cason Col Rean" a 1.895 m. e la "Sella di Pelsa" a 1.954 metri. Alla "Piana di Pelsa" la strada passa a sud dei bastioni di "Torre Venezia" per giungere al "Rifugio Vazzoler" a 1.714 m. ove sostiamo ed incontriamo nuovamente il sig. Capanna che, per problemi al piede, interromperà il tour. Franco approfitta per gustare la torta locale e Danilo acquisisce preziose informazioni sul vincitore del Superenalotto dalla bella ragazza seduta al tavolo accanto, accompagnata da un baldo giovane praticamente trascurato da noi tutti.
Riprendiamo il sentiero n. 555 verso la "Val Corpassa" fino alla palina segnavia n. 554 sulla sinistra della strada sterrata e percorribile dalle autovetture. Entriamo nel bosco ai piedi del "Castello delle Nevère", superando ghiaioni, tratti di bosco e risalendo il sentiero rapidamente sino alla "Forcella di Col d’Ors". Attenzione al sentiero stretto, ripido e con tratti esposti.
Con molta attenzione, quindi, costeggiamo tutto il massiccio, con alcuni brevi tratti attrezzati. Prima della "Forcella del Camp" a 1.933 m. trovasi una deviazione sulla sinistra, vistosamente segnalata da grosse frecce verniciate sulle rocce, che porta a ridosso della parete verticale.
Le nuvole giacciono oziose sopra le nostre teste impedendo la vista di tutte le cime circostanti. La via ci porta senza altre difficoltà alla forcella da dove si può già vedere in lontananza il "Rifugio Bruto Carestiato" ed approfittiamo della panchina a fianco della cappelletta in legno per una breve sosta. Proseguiamo sotto la "Pala del Camp" ed il "Tridente", continuando con numerosi saliscendi tra fitta vegetazione e sfasciumi sino al "Col dei Pass", a pochi metri dal "Rifugio Carestiato".
Dal rifugio riprendiamo il sentiero n. 549 (strada sterrata) che conduce al "Passo Duran" a 1.601 m. ove sono situati il "Rifugio C. Tomè" ed il "Rifugio San Sebastiano".
Quest’ultimo risulta molto accogliente. I suo gestore ci mette subito a nostro agio. La camera da otto è tutta per noi con bagno, doccia e acqua calda.
Per cena alle ore 19,30, con menù alla carta, servono:
- primo: minestra d’orzo, spaghetti al ragù, spaghetti aglio, olio e peperoncino;
- secondo: ossobuco con patate saltate in padella, schiz/polenta e funghi;
- dolce: strudel.
Kiran, pensando di farci un favore, ordina lo strudel vagheggiando di averlo assaggiato una sola volta, senza particolare gradimento. Al contrario di quanto verificatosi con la "crostata con panna" del "Tissi", Kiran è di fatto costretto a mangiarlo e, da come lo gusta, sembra proprio che abbia cambiato opinione sullo strudel.
… Forse le sue papille gustative sono state geneticamente modificate dai quattro peperoncini spezzati direttamente sugli spaghetti per irrobustirne il sapore. Madido di sudore, fatica persino a parlare…. ma sotto ai nostri occhi non può che mangiarli con molta, molta calma.
Lo "Schiz" è un formaggio intero da consumarsi freschissimo e passato in padella, ove per l’appunto schizza. E’ un tipico piatto delle montagne bellunesi.
Il nostro rifugio è situato sulla strada ma le preoccupazioni di intensi passaggi di mezzi ed auto si diradano velocemente perché il traffico è praticamente inesistente. Alle 20.30 siamo a tavola già tutti assonnati sia per la stanchezza, sia per la gustosa cena. Particolare menzione merita la grappa al larice offerta "spintaneamente" da Kiran a seguito del ritrovamento del suo portafoglio. La profonda quiete dell’ambiente interno ed esterno ci allontana velocemente dal vociare del "Rifugio Tissi".
Particolarità della giornata:
- Fabio sogna da qualche giorno un abbondante e appena sfornato trancio di pizza del fornaio, come Franco e Danilo sognano la classica focaccia con le olive;
- Kiran, durante la breve pausa al Carestiato, esprime ad alta voce il suo vivo desiderio di assaggiare la "Pizza con le Poppe". La parte che segue viene secretata (nella memoria dei presenti). Immaginate comunque quattro persone piegate in due dal ridere sotto il tavolo!;
- Giunto al rifugio, come sempre per primo e sotto gli occhi un po’ perplessi del gestore, Kiran si è prontamente e giustamente alleggerito dei suoi scarponi, dimenticando la sua mitica Canon nel locale scarponi, attiguo ai servizi pubblici del locale. Giunti a nostra volta e trovati sia la macchina fotografica sia i bastoncini di Kiran, telepaticamente ci accordiamo per imboscare la Canon e osservare le reazioni dell’ignaro proprietario, dopo la viva e recentissima esperienza del borsello a tracolla. Una volta in camera, indifferenti, notiamo le prime reazioni nervose di Kiran che ritiene di trattenere le preoccupazioni, visibilmente crescenti. Senza proferir parola, si fionda di sotto tornando solo con i bastoncini mentre la sua Canon giace al caldo sotto una coperta di lana della camera da letto. Al visibile nervosismo, Fabio innocentemente chiede cosa accade. Kiran: "Mi avete fregato la macchina fotografica! Dove l’avete messa? ". E miracolosamente la Canon riappare dal nulla con la ripromessa di offrire un nuovo giro di grappe…
24 agosto 2009
dal "Rifugio San Sebastiano" al "Rifugio Sommaria al Pramperet"

Il San Sebastiano ci ha fatto dimenticare i "lussi e gli agi" dei precedenti rifugi e ci disabituerà ancor più a quelli del Pramperet. Non manca la colazione abbondante nella bella sala al piano seminterrato, arredata con molte opere in pietra acquistate dalla moglie del proprietario che spontaneamente le espone, non sapendo più dove metterle.
Alle h. 8,45 ci incamminiamo lungo la strada provinciale n. 347, abbassandoci verso l’Agordino. Le nuvole sono molto basse dal tardo pomeriggio precedente e nessuna cima è visibile. Sono immobili quasi fossero incollate al cielo… Nel clima autunnale perdiamo la possibilità di vedere la "Cima Nord di San Sebastiano". Dopo quasi due km., all’altezza della "Malga Calda Vecchia", si segue la via n. 543 sino alla "Forcella Dogani" (????) a m. 1.620. Costeggiamo il fianco del gruppo del Tamer con le nuvole che iniziano a sollevarsi, ma possiamo solo immaginare le pareti verticali del "Tamer Davanti", del "Tamer Grande" e di "El Campanil".
Giungiamo a buon passo alla "Malga Moschesin" e poi all’omonima forcella a m. 1.940.
Siamo entrati a tutti gli effetti nel "Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi" affacciandoci sull’aspra "Val Balanzola". Alla forcella si possono visitare i resti del forte militare Moschesin, costruito dall’esercito italiano nel 1.910.Un vero posto da lupi!!
Per contro, sul nuovo versante il cielo è sgombro di nuvole ed il "Castello di Moschesin", la "Val Pezedel" e le "Cime de Zita" sono ben visibili nell’intensa luce del mezzogiorno. Sempre lungo la via n. 543 raggiungiamo il "Rifugio al Pramperet", immerso totalmente nell’ambiente circostante e protetto dalle montagne. Il dormitorio è staccato dal rifugio, non ci sono le docce ma acqua calda dopo le 15.00 grazie all’impianto a pannelli solari. Ambiente decisamente spartano, lontano dai confort cittadini ma affascinante per coloro che amano la montagna nuda e cruda.
A nord il rifugio della "Val Prampèr" è dominato dalla "Cima di Prampèr" ed a sud dalle "Cime di Zita" e dalle "Cime di Bachet". Il gestore ci informa che per il tragitto del giorno successivo sulla via n. 514 sarà possibile avvistare facilmente i camosci, essendo la via di passaggio per coloro che percorrono solamente l’Alta Via n. 1, e che le cime circostanti al mattino sono pulite dalle nebbie. Qualora risalissero dalla "Van de le Scandole dela Nef", suggerisce di attendere una decina di minuti nel rischio di sbagliare facilmente strada. Il pomeriggio viene trascorso sulle panche del rifugio sotto il corroborante sole cocente. Quasi tutti gli ospiti del rifugio sono stranieri, per lo più tedeschi. Il silenzio sembra solido, un bene sempre più prezioso soprattutto per coloro che lo apprezzano e che provengono dagli ambienti caotici della città.
Riflessioni:
- Deborah è palesemente sempre più forte e pare aver superato quel senso di fatica che soprattutto i primi giorni l’ha accompagnata inesorabilmente lungo il tragitto; si è evidentemente rinforzata quanto basta per tollerare bene il peso dello zaino cha adesso solleva come fosse una zainetto da 20 litri. Tutto ciò nonostante sia sempre stata sin dal primo giorno del tour di scarso appetito per il continuo senso di nausea e mal di testa. Da ieri qualcosa è cambiato. Un carattere veramente forte e determinato.
- un pensiero a Flavio che ci ha lasciato ieri lungo la discesa dal Tissi con la promessa di ricostituire il "Club della Radler" quanto prima. Comunque è sempre con noi perché ad ogni radice scivolosa o tronco umido lungo il sentiero gli ricordiamo di stare attento a non scivolare.
Ritornando ai fatti, la cena viene servita alle 19.30 ma come cala il sole tutti ci sentiamo ghiacciare e ci fondiamo a tavola sin dalle 19.00….. in dolce attesa.
Menù fisso:
- primo: riso con zucchine e speck – due giri;
- secondo: maiale con patate e polenta;
- dolce: no.
La serata a tavola scorre piacevolmente tra grasse risate. Scopriamo che Kiran è andato ad un incontro Herbalife con un iscritto che frequentava il CAI di Legnano. Sinceramente se c’è una persona al mondo che non ha necessità del trattamento alle erbe è proprio Kiran…. Vedere per credere. Poi immaginiamo la scena di chi si deve recare nella notte ai servizi esterni per soddisfare i propri bisognini quando incontra l’orso bruno del parco. Non ricordiamo più come siamo arrivati ad immaginare Danilo che corre nudo per la vallata con movenze femminili, indossando il suo elmetto da montagna bianco, sotto lo sguardo incuriosito dell’orso bruno…..
E’ l’ora di coricarsi, e Fabio annuncia solennemente che per il freddo calato così improvvisamente non sarà in grado di fare i propri bisogni. Qualcuno gli suggerisce l’utilizzo dell’accendino…
25 agosto 2009
dal "Rifugio Sommaria al Pramperet" al "Rifugio F. Bianchet"

Il nostro fotografo si alza all’alba per scattare il solito mondo di foto. Oramai anche il gruppo dei tedeschi che ci accompagna dal Tissi chiama Kiran "photo-man" o "paparazzo".
Colazione normale e partenza alle 8.30. E’ l’ultimo giorno dell’Alta Via n. 1, tappa impegnativa con tempo bello e stranamente non freddo rispetto alle premesse della notte scorsa. Cime sgombre e cielo limpido. Il tutto è nuovamente magnifico come nelle altre mattinate, anche se sempre con emozioni e sensazioni differenti per ogni giorno e per ogni luogo. Un velo di preoccupazione aleggia al pensiero dell’auto nel parcheggio di Dobbiaco, là da oltre una settimana, nella speranza di ritrovarla ancora al suo posto. Torniamo lungo il "Prà de la Vedova", attaccando sulla sinistra la via n. 514 e risalendo dossi fra i mughi. Tagliamo le pendici della cima orientale delle "Balanzole", sul versante Pramperet. Troviamo quindi la "Portèla del Piazedèl" a 2.097 m., l’altopiano "Pian dei Piazediai" e risaliamo a zig-zag per detriti e zolle con roccette sino alla forcelletta a 2.330 m. da cui appare il selvaggio "Valon dei Erbandoi". Avvistiamo il primo camoscio, come promesso dal gestore del rifugio il giorno precedente e per un tratto in cresta tocchiamo la "Forcella de Zità" (o città) a 2.395 metri.
Da qui ammiriamo i "Van de Zità" (de Fora e de Entro), alte conche di aspetto lunare di grande e particolare bellezza. L’insieme è unico e la visione della cimetta a sud della forcella mostra tutta la "Van de Zità de Fora", la cima "Le Prison" e la "Talvena" di m. 2.542.
Sui fianchi della "Van de Zità de Fora" scorgiamo lungo il cammino altri tredici camosci immersi totalmente nel loro ambiente ed in assoluta tranquillità. A fine altopiano discendiamo sino al "Rifugio Pian de Fontana" con un sentiero decisamente collocato in ambiente severo che non ammette il minimo errore, con tratti esposti e scarsamente tenuto. Pausa pranzo al rifugio ed alle ore 13.25 riprendiamo la via che scende nel canalone ove ci attendono i cumuli di una impressionante slavina che rendono complicato l’attraversamento di un torrente sul tetto di neve scavato dall’acqua … che probabilmente non durerà ancora molto. Dal bellissimo bosco di faggi, devastato dalle abbondanti nevicate dell’inverno scorso, risaliamo l’altro fianco del canalone sino alla "Forcella La Varata" a 1.704 metri., lasciando la "Talvena" alle nostre spalle per cominciare ad osservare le cime "La Schiara" e "Pelf", dove si trovano le ferrate "Marmol", "Berti" e "Zacchi". Il sentiero è tenuto meglio, esposto in diversi tratti ed altri prossimi a franare. Riscendiamo per l’ennesima ed ultima volta di quota nel bosco di faggi e giungiamo al "Rifugio Furio Bianchet" alle ore 16.00. Apprendiamo che il rifugio è del 1973, ben conservato e strutturato. Ha le docce! Evviva!
Oltre a noi sono ospiti due tedeschi, padre e figlio, di Berlino, che l’indomani partiranno per Venezia.
Cena alle 19.00:
- primo: minestrone e penne al ragù;
- secondo: bistecca con polenta ed insalata;
- dolce: strudel e torta al cioccolato.
Caffè e grappa alla genziana fatta in casa, ci dicono. Tutto è buono … anche perché nessuno vorrebbe discutere col cuoco che ricorda il custode dell’albergo di "Shining". E’ un attimo abbinare i ricordi dei lunghi corridoi desolati del "Rifugio Marinelli - Bombardieri" della Val Malenco…
Fatti del giorno:
- il nostro paparazzo sardo, già in attività dalle sei del mattino al Pramperet, sostiene di aver visto le chiappe di un orso. A parte i nostri scappellotti virtuali a Photo-man, il rifugista ritiene che probabilmente si tratti di un cervo. L’ultimo orso è stato avvistato l’otto maggio.
- dobbiamo altresì sottolineare le capacità venatorie del nostro paparazzo, vista la sua notevole efficacia quale insetticida umano anti-zanzare dell’intera camerata al Lagazuoi, rimarcando l’evidente iniziale preoccupazione della coppia italiana vicina di letto. La caccia è proseguita nella toilette al cui ritorno ha rilasciato la seguente dichiarazione ufficiale: "Nella fase di concentrazione non riesco a fare due cose contemporaneamente". Tutti noi ci siamo posti mentalmente il medesimo quesito: "Ma se uccide le zanzare in gabinetto, la seconda cosa qual’è?".
26 agosto 2009
dal "Rifugio F. Bianchet" a ….. "Casa"

Ultima sveglia del tour ma nessuno, Fabio Winnie compreso, pare aver voglia di alzarsi.
Alle 7.00 ancora tutti in branda. Nella pagina del nuovo rifugio sul nostro quaderno di viaggio … lo spazio resterà bianco perché non ci sarà il timbro all’ingresso di casa nostra.
Ore 7.30: colazione e partenza per le 8.15. Obiettivo: raggiungere la fermata dell’autobus della linea "Dolomiti Bus" sulla strada tra Agordo e Belluno. Scendiamo per un lungo tratto nel bosco aspettandoci prima o poi un hobbit o un nibelungo. In realtà incontriamo un personaggio veramente particolare che risale il sentiero con una maglietta gialla ripiegata sopra l’enorme pancia bianchiccia e sporgente oltre ad un paio di pantaloncini aderenti maculati.
La strada esce dal bosco lungo la destra orografica del torrente che ha scavato nei millenni la valle tanto da trasformarla in un piccolo canyon. Quando ormai tutto sembra finito e si odono le prime macchine sulla strada, il torrente ci regala l’ultima sorpresa della sua opera con la sua cascata di acqua a volte color verde smeraldo a volte azzurra, ammirabile esclusivamente dal ponte pedonale del sentiero ad altezza ragguardevole.
Obiettivo raggiunto. Sono le 10.10 ed il cambio della provincia è visibile ai nostri occhi da alcuni dettagli quali:
- la fermata del bus in entrambe i sensi di marcia sulla strada Belluno-Agordo è segnata da un cartello provvisorio e storto a fine gradinata sulla strada;
- non vi è un percorso pedonale a lato della strada che consenta di raggiungere la fermata in sicurezza, lasciando alpinisti ed escursionisti alla mercè di auto e camion sfreccianti su quel lungo tratto di rettilineo;
- la fermata per Agordo è nel prato con l’erba altissima mentre quello per Belluno è accanto alla casa cantoniera in rovina e recintata per desumibili problemi di crollo. Ovviamente non vi sono ripari per proteggersi, confidando sulle favorevoli previsioni meteorologiche e sulla generosità dell’albero vicino per un po’ di ombra;
- per riposare, qualche nostro predecessore ha collocato sul prato dei grossi mattoni molto comodi….
Orario programmato del bus: 10.54, orario di arrivo: 11.00.
Si parte per Belluno con il nostro autobus, collocando gli zaini nel vano bagagli sottostante su invito non molto cortese del "secondo pilota" che pare uscito dai telefilm di Miami Vice. Solo all’arrivo a Belluno ci rendiamo conto del lerciume del vano, che probabilmente non è mai pulito dall’acquisto, e ora anche dei nostri zaini. Senza mancar di maledire l’autista ed il suo secondo, cambio veloce per la coincidenza alla stazione di Belluno con biglietti nuovi per Cortina d’Ampezzo su un autobus della stessa linea però nuovo, modernissimo e … pulito. Ovviamente non molleremo più gli zaini.
Discesa a Tai di Cadore in prossimità del mercato per l’ulteriore coincidenza per Cortina su un autobus lungo, tipo filovia milanese.
Arrivo a Cortina d’Ampezzo alle 13.14 circa con coincidenza con il bus di Dobbiaco che ha atteso il nostro arrivo. Sinceramente, dalle sue manovre iniziali abbiamo temuto che ci lasciasse alla stazione di Cortina ma il sorriso è tornato quando si è affiancato a noi aprendo le porte.
Alle 14.00 siamo in perfetto orario a Dobbiaco e, dopo alcuni momenti di ansia ed incertezza, ritroviamo la splendida auto di Fabio Winnie. Illesa e senza multe. A questo punto, per chiudere in bellezza, riteniamo doveroso fare il pieno di strudel e fermarci alla Pasticceria Marlene per degustare ancora le specialità tirolesi dolci e salate. Solo a posteriori rifletto e mi vergogno per tutto quanto è stato ordinato. Ricordiamo solo che Danilo ha terminato il suo pranzo sorseggiando un bicchiere di Chardonnay!!
CONCLUSIONI
La titolare del "Rifugio Biella" ci confessava che uno dei suoi sogni non realizzati resta il percorso dell’intera Alta Via n. 1, nella sua ferma convinzione che non avrebbe potuto effettuarla per intero. Ricordare la sua espressione ed i suoi occhi sognanti è toccante. Noi abbiamo realizzato il nostro piccolo sogno perché amiamo la montagna e ci riteniamo incredibilmente fortunati nell’essere riusciti a compiere quanto avete avuto la pazienza di leggere. Restano ancora tanti sogni da realizzare e per quanto possibile non mancheremo di ripetere una nuova entusiasmante esperienza di vita e di amicizia. Il vero punto di riferimento di tutto il tour è stato Danilo. Per nove sere consecutive ha ordinato sempre il minestrone senza mai cedere alle nostre provocazioni e tentazioni. I nostri più sentiti ringraziamenti vanno all’ideatore ed organizzatore Fabio Winnie che, Malato di Montagna, ha sapientemente ed efficacemente impiantato un tour stupendo per dieci giorni di vacanza entusiasmanti. In realtà una domanda non ha ancora avuto la sua risposta: "Ma i Bolognesi saranno tornati a casa sani e salvi ed in quali condizioni?"
Scritto magistralmente da Franco - un vero malato di montagna -

mercoledì 14 ottobre 2009

Di Qui Non Si Passa...

domenica 11 ottobre 2009

La guerra bianca sul Pasubio

uno strano personaggio spunta dalla nebbia...

strada militare delle 52 gallerie

resti del rifugio militare del Cogolo Alto 2200 m

....

rifugio A. Papa


Ai fanti della Brigata Liguria
che sul Pasubio Termopili d'Italia
contro il nemico incalzante
verso l'agognata pianura
fatta barriera dei lor validi petti
spartanamente caddero
alto levando il grido
"Di Qui Non Si Passa"

Sabato 10.10.2009
Arriviamo al Passo Pian delle Fugazze 1162 m in tarda mattinata, iniziamo a salire seguendo il sentiero n. 179 ex 399. indicato da una palina segnavia, quasi a fronte dell'albergo al Passo.Siamo immersi nelle nuvole, sta anche scendendo una leggera pioggerella che però durerà solo una decina di minuti, intersechiamo varie volte la ex strada militare per la Val di Fieno, alla terza volta che incontriamo la strada a circa 1361 m, prima di un ponte seguiamo sulla destra un sentiero, raggiungendo la sovrastante ex Malga Val di Fieno. Continuiamo a salire passando accanto alla malga e arrivando di nuovo sulla strada che decidiamo di seguire abbandonando il sentiero, mentre cammino tra la nebbia mille pensieri mi invadono la mente e senza accorgermi mi ritrovo davanti alla galleria del Generale d'Havet 1781 m. Appena fuori dalla galleria un cartello ci segnala che stiamo percorrendo la Strada degli Eroi, realizzata nel 1938 e il cui nome deriva dal fatto che sulle pareti rocciose sono state collocate alcune targhe in ricordo dei 15 decorati di Medaglia d'Oro al Valor Militare che combatterono sul Pasubio durante la Grande Guerra. Lentamente saliamo costeggiamo da un lato le pareti rocciose mentre dalla parte opposta anche se la foschia ci preclude il panorama si può ugualmente intravedere i dirupi vertiginosi che scendono verso la Val Canale, attraversiamo in successione tre gallerie molto suggestive e dopo circa 2 km arriviamo al Rifugio Generale Achille Papa (eroico comandante) a 1922 m del CAI di Schio, inaugurato nel 1922 restaurando uno dei tanti edifici della Prima Guerra Mondiale. Dopo esserci accomodati nel rifugio con Kiran, Franco e Lorenzo decidiamo di andare a fare un'escursione nelle vicinanze del rifugio, a poca distanza da una palina segnavia seguiamo il sentiero n. 367 "Gaetano Falcipieri", risaliamo la cresta facendo attenzione in alcuni tratti, seguendo i segnavia in breve raggiungiamo la cima dell'Osservatorio a 2027 m, un silenzio avvolge il luogo quasi come se il tempo si fosse fermato per pochi istanti... e dalle nuvole squarci di sereno fanno filtrare alcuni raggi di sole...
La cena al rifugio è davvero ottima, prima di andare a dormire ci accorgiamo che non c'è neppure una nuvola, anzi mille stelle brillano in cielo, augurandoci un buon riposo...

Domenica 11.10.2009
Domenica 11 ottobre 2009 

Mi sveglio poco prima delle 7.00 e in silenzio vado fuori a GUSTARMI il sorgere del sole, è una giornata davvero splendida....
Il programma di oggi prevede la salita a Cima Palon nella Zona Monumentale del Pasubio, compiendo un giro ad anello e ritornando al rifugio, da dove scenderemo al passo Xomo attraverso la Strada delle 52 gallerie.
Fatta la colazione ci mettiamo in cammino ripercorrendo parzialmente la Strada degli Eroi, dopo aver attraversato le gallerie sulla destra indicato da una palina segnavia inizia il Sentiero delle Creste n. 398A. Saliamo attraverso una serie di tornanti fino a incrociare il sentiero 398, che abbiamo incontrato il giorno precedente, prima di entrare nella galleria dell'Havet, oltrepassata un enorme imbocco di galleria, punto d'arrivo di una teleferica militare, raggiungiamo in breve la Sella dell'Incudine 2114 m. Continuando verso nord passiamo tra i resti di alcune strutture militari, tra cui la galleria del Gen. G. Zamboni, con una piccola deviazione sulla sinistra si può accedere ad una postazione militare dove sventola la bandiera tricolore in cui è stato allestito un piccolo museo di guerra davvero molto interessante, proseguiamo arrivando al Cogolo Alto 2150 m segnalato da una palina con indicati i vari sentieri, seguiamo il sentiero 105 che ci conduce ai resti dell'ex rifugio militare. Ci inoltriamo nella galleria accanto sbucando sul pianoro che conduce alla cima Palon, siamo nella Zona Sacra del Pasubio, un brivido mi scorre lungo la schiena e mi viene in mente mio nonno Magon Silvio classe 1898, croce di bronzo dei Cavalieri di Vittorio Veneto per riconosciuti meriti combattentistici, ferito in battaglia tra il 24 ottobre ed il 3 novembre 1918 nella zona di Vittorio Veneto, la medaglia con l'attestato li custodisco in casa gelosamente. Dalla cima Palon 2232 m lo sguardo spazia verso le lontane montagne tra cui spicca il gruppo dell'Adamello, scendiamo verso la selletta dedicata al Tenente S. Damaggio 2200 m e in breve risaliamo il Dente Italiano 2220 m arrivando ai resti dell'esplosione della mina austriaca del 13 marzo 1918, caricata con 50.000 kg di esplosivo, da qui si può vedere a poca distanza il Dente Austriaco, volendo si può anche percorrere la galleria Generale Papa che collenga la cima Palon con il Dente Italiano, utile una pila. Ritornati alla selletta Damaggio scendiamo verso la chiesetta sottostante seguendo dapprima il sentiero e poi la strada militare, giunti alla Selletta Comando a poca distanza è stata edificata la Chiesetta dedicata a S. Maria 2070 m, continuiamo verso il grande Arco Romano edificato fra le due guerre, in ricordo del punto più avanzato raggiunto dal nemico, l'insegna in ferro eretta con la scritta "Di Qui Non Si Passa" ne rafforza il significato. Ritornati al rifugio Papa consumiamo il fugace pranzo per poi ripartire affrontanto la "Strada delle 52 gallerie", la prima galleria si trova alla destra rispetto alle Porte del Pasubio, unica nel suo genere fu costruita nel 1917 in piena guerra, dalla 33a Compagnia del Genio Militare nel 1917, per poter salire verso il Pasubio al sicuro dalle artiglierie austriache, la strada ha uno sviluppo di 6300 m, mentre le 52 gallerie comprono la distanza di 2300 m, i tratti all'aperto sono scavati nella roccia su ripidi pendii, essendo non illuminate bisogna munirsi di lampada frontale o torcia elettrica. Durante il tragitto si rimane meravigliati dall'immenso lavoro di scavo compiuto, il percorso è un autentico monumento storico e ingegneristico, noi l'abbiamo compiuto in discesa ma la maggior parte delle persone lo percorrono in discesa essendo il fondo delle gallerie talvolta scivoloso, per poi ridiscendere per mezzo della "Strada degli Scarubbi". Arrivati alla Bocchetta Campiglia 1216 m scendiamo lungo la strada asfaltata fino al Passo Xomo 1058 m, da dove riprendendo l'auto lasciata il giorno prima torniamo verso il Passo Pian delle Fugazze. Due giorni che ricorderò a lungo, non riesco a trovare le parole per descrivere quello che ho provato camminando in questi luoghi, credo solo che la pace sia un dono troppo prezioso per l'uomo...


Malati di Montagna: Kiran, Franco, Danilo, Deborah e Fabio

domenica 4 ottobre 2009

un angolo sconosciuto della Val Bognanco...

...trovarsi immersi in un ambiente incredibilmente bello, quasi irreale, come lo scenario di un film "fantasy", anche se è tutto splendidamente vero...

B.tta del Rovale 2244 m / Laghi Variola
Da Bognanco Terme raggiungiamo San Bernardo 1628 m dove lasciamo l'auto nell'ampio parcheggio di fronte al Rifugio San Bernardo. Seguendo la sterrata del Monscera scendiamo fino al rio Rasiga, lo attraversiamo su un ponte per poi iniziare a salire fino al primo tornante dove svoltiamo a destra seguendo le indicazioni per il passo di Variola (GTA). Si entra nel bel bosco, il sentiero prosegue tra salite e falsopiani, in un ambiente di grande suggestione, dopo aver superato alcune baite diroccate arriviamo sotto a una delle tante cascate che incontreremo oggi, la Val Bognanco infatti è anche conosciuta come "il paese delle cento cascate", usciti dal bosco saliamo fino all'Alpe Casariola 1715 m, da cui possiamo ammirare tutta la val Bognanco. Iniziamo a salire ripidamente nel bosco rovinato da un recente incendio, ma che conferisce all'ambiente circostante un aspetto quasi irreale, usciti dal bosco scendiamo verso l'alpe Dorca 1874 m, dove alcune caprette ci danno il benvenuto. Il sentiero prosegue in falsopiano, dominando dall'alto lo stretto vallone del rio Dagliano, riprendiamo a salire sempre su buone tracce, passiamo accanto ai ruderi dell'alpe Variola di Sotto per poi arrivare a una croce rudimentale a pochi metri dalle baite ancora ben custodite dell'alpe Variola di Sopra 1977 m. Ci fermiamo per una breve pausa nel silenzio e nella pace che solo la montagna può dare, riprendiamo il sentiero dietro alla fontana, risalendo per magre praterie d'alta quota, arriviamo nei pressi di una palina segnavia purtroppo caduta a terra che ci indica che siamo sul Sentiero dei Laghi, svoltiamo a sinistra tralasciando le indicazioni per il Passo di Andromia. Dopo pochi minuti decidiamo di abbandonare il sentiero e iniziamo a salire il versante della montagna seguendo alcune esili tracce, l'ambiente che ci appare è straordinario, mantenendo come punto di riferimento il Pizzo del Rovale (nord/ovest) arriviamo sopra al lago superiore di Variola a circa 2190 m. Ci abbassiamo verso il lago per poi seguire sulla sponda sinistra un sentiero che ci porta alla B.tta del Rovale a 2244 m, sull'altro versante il Monte Leone domina tutta la Val Divedro, la pausa pranzo la facciamo sotto al caratteristico Torrione del Rovale, un sigaro roccioso che si staglia netto contro il cielo scalato la prima volta nel 1954. Per il ritorno scendiamo costeggiando i laghi di Variola, fino ad arrivare a un grosso omino, dal quale seguiamo qualche segnavia sbiadito per poi scomparire definitivamente, scendiamo liberamente per poi deviare a destra verso le baite dell'alpe Variola di sopra, per il ritorno seguiamo il sentiero dell'andata. Escursione per trekkers dal palato fino, che amano gustare fino in fondo la montagna nella sua vera essenza... Dislivello di circa 700 m, non vi sono particolari difficoltà, bisogna solo aver voglia di camminare senza aver nessuna restrizione!!!
Malati di montagna: Luisa, Franco, Flavio, Danilo, Deborah e Fabio

Pizzo del Rovale 2458 m

...irreale...

uno dei laghi di Variola

alpe Variola 1977 m