Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 27 ottobre 2013

Al rifugio Buzzoni...sbagliando, s'impara...!!!

Abbandonata la statale 36, continuiamo sulla nuova SS36 che sale in Valsassina. Arrivati alla rotonda di Ballabio, all’uscita dell’ultima galleria, continuiamo diritto sulla provinciale 62. Al Colle del Balisio tralasciamo una prima deviazione a destra per Barzio e proseguiamo per circa 2 km fino a trovare la seconda deviazione con la quale raggiungiamo il paese. Seguiamo Via Milano a sinistra e alla rotonda giriamo nuovamente a sinistra, da qui in poi è sufficiente seguire i cartelli che indicano la funivia, in pochi minuti raggiungiamo l'ampio parcheggio che precede la stazione a valle dell’impianto di risalita 810 m.
Fortunatamente per ora non piove, ultimati i preparativi ci dirigiamo verso la sterrata che parte sulla destra subito prima del parcheggio. Su un cartello vengono segnalati i tempi di percorrenza per il rifugio Buzzoni all’Alpe Mota e se è eventualmente aperto.
Ci incamminiamo in leggera salita su fondo acciottolato passando sotto all’ovovia, in pochi minuti giungiamo al bivio tra la Valle della Saetta e la Val Corda, nel punto in cui le due strade si dividono c'è una cappella  con un affresco raffigurante la Sacra Famiglia e una fontana, sulla sinistra c'è una palina segnavia con attaccato un foglio, sul quale si avvisa della presenza di piante sradicate che ostacolano il percorso. Tralasciamo la strada sterrata a destra che si dirige verso i Piani di Bobbio e da dove faremo ritorno e proseguiamo diritti, dopo pochi metri troviamo un'ulteriore palina segnavia, con l'indizione del sentiero 19 per il passo di Nava, il rif. Buzzoni e il passo del Gandazzo.
Continuiamo in falsopiano giungendo in breve all’agriturismo “Al Pascolo”, dopo il quale rientriamo nel bosco e in leggera discesa arriviamo a una palina segnavia, proseguiamo diritti tralasciando il sentiero 14 che scende a sinistra verso Introbio. Dopo pochi raggiungiamo le baite di Nava 918 m sparse tra i prati, rientrati nel bosco continuiamo a salire, alcune catene assicurano il cammino nei punti più esposti.
Dopo un tratto in falsopiano, aiutati da alcune radici e poi da alcune catene, perdiamo quota ripidamente verso il Torrente Acquaduro, dopo averlo attraversato su una passerella formata da tronchi, iniziamo a salire il ripido versante opposto passando accanto alle rocce che sono state attrezzate con delle catene, questo è l’unico tratto in cui è opportuno prestare particolare attenzione.
Al termine della salita proseguiamo in falsopiano, con un precipizio alla sinistra, scendiamo nuovamente raggiungendo un piccolo torrente che scende da una gola sulla destra. Attraversatolo troviamo ancora delle catene e oltrepassate alcune passerelle in legno riprendiamo a salire, agevolati da alcuni gradini. Arrivati a un bivio con una palina segnavia continuiamo diritti giungendo alla Baita Piancagianni 983 m ormai ridotta a un rudere , il luogo è talmente bello che sembra uscito da un libro di fiabe dei fratelli Grimm …fitte foreste popolate da streghe, goblin, troll e lupi…
Il sentiero prosegue alla destra della baita in leggera salita entrando in un bel bosco di faggi, dopo aver guadato un'altro torrentello iniziamo a guadagnare quota in maniera decisa, questo è il tratto a nostro parere più faticoso. Poco dopo iniziamo a trovare alcuni grossi alberi che intralciano il sentiero caduti recentemente, con cautela li oltrepassiamo e dopo un paio di lunghi tornanti raggiungiamo  l’Alpe Tee 1383 m.
Svoltiamo a destra tralasciando il sentiero 25 che scende verso Introbio, percorriamo l'ampio crinale entrando quasi subito in un bosco di faggi e betulle. Alterniamo alcuni saliscendi e attraversato un torrente proveniente da destra con una bella cascatella riprendiamo a salire. Purtroppo inizia a piovere costringendoci ad aprire l'ombrello, dopo alcuni tornanti giungiamo a un bivio con una palina segnavia, tralasciamo il sentiero a destra con il quale proseguiremo e in breve arriviamo al rifugio Buzzoni in località alpe Mota 1560 m.
Di proprietà della sezione CAI di Introbio, venne inaugurato il 12 settembre del 1982, ed è dedicato a un giovane della Valsassina morto in un incidente sul lavoro nel 1959.
Constatato che non si vede nulla e piove, decidiamo di entrare, l'ambiente famigliare e l'ottima cucina fanno di questo rifugio una meta molto ambita, ci accomodiamo e ognuno di noi scegli una fetta di torta diversa, Franco la torta alla zucca, Danilo crostata alle castagne e io la torta Grigna, un dolce povero e semplice, tra i tanti ingredienti che lo costituiscono si vede la presenza di frutta secca come nocciole e mandorle, l'aggiunta del caffè per aromatizzare il tutto.
Ci rammarica lasciare il calduccio del rifugio ma purtroppo dobbiamo riprendere il cammino, ritorniamo alla palina segnavia, per poi proseguire in salita fino al Passo Gandazzo 1651 m. Dal passo svoltiamo verso destra tralasciando le indicazioni per il rifugio Grassi, il sentiero entra nel bosco per poi proseguire con alcuni saliscendi fino a sbucare sui pascoli in mezzo alle nuvole.
Purtroppo giunti a un bivio, dove dovevamo andare a destra verso i Piani di Bobbio mentre a sinistra si scende agli impianti di Ceresola Valtorta, nella fitta nebbia non trovando nessuna segnalazione, sbagliamo direzione e prima che ci accorgiamo siamo già davanti al rifugio Trifoglio in località Piani di Ceresola (1345 m), praticamente nella direzione opposta dalla quale dovevamo andare, questo errore ci costa tra discesa e risalita un'ora in più di cammino e circa 200 m di dislivello, ci vien da dire sbagliando s'impara...forse, ma sicuramente si cammina di più!!!
Ritornati al bivio le nuvole basse persistono, limitando la visibilità a poche decine di metri, proseguiamo seguendo il leggera salita la strada sterrata, piove e le forti raffiche di vento ci impediscono di ripararci sotto l'ombrello. Fortunatamente raggiunti i Piani di Bobbio smette di piovere e anche la visibilità migliora leggermente. Scendiamo a destra per un breve tratto lungo la strada sterrata, per poi seguire un sentiero che scende ripidamente prima nel bosco e poi sulla pista da sci, intersecando varie volte la sterrata, in questo modo risparmiamo notevolmente sui tempi di discesa. Giunti al bivio incontrato alla mattina, ripercorriamo il medesimo tracciato fino all'auto.
Malati di Montagna: Franco, Danilo e Fabio

anche in giornate uggiose la montagna può regalare emozioni...






considerare la quota di partenza quella di arrivo
oggi i satelliti facevano le bizze...!!!


sabato 19 ottobre 2013

Al Palanzone tra le nebbie autunnali...

Dalla Milano-Erba seguiamo le indicazioni per Canzo-Asso, per poi continuare fino a Sormano, da qui proseguiamo verso il Pian del Tivano fino a giungere in località Colma di Sormano. L'auto la lasciamo nei parcheggi che a nostra sorpresa sono diventati a pagamento (dalla ore 8 alle ore 20, tariffa minima Euro 0.80, 1 ora Euro 0.80, giornaliero Euro 6).
La Colma di Sormano o Colma del Piano 1124 m, è diventata famosa negli anni sessanta per le gare ciclistiche che "osavano" affrontare il "Muro di Sormano", una ripidissima salita che qui termina partendo da Sormano. 
Dichiarazione di Gino Bartali sul Muro di Sormano: 
"Davanti il 50 e il 42 dietro il 24, 17, 19, 23, 26, perché codesta gli è una salita da fare col 42x26. Un si scappa è durissimo il primo strappo che si dovrà fare quasi da fermo, perché viene dopo una curva a gomito. Saranno duri quei 2 chilometri abbondanti che ci son da scalare in quanto presentano curve secche con impennate paurose. Sarà difficilissimo l'ultimo strappo".
Alla Colma oltre a un bar/ristorante e una statua della Madonna, c'è anche un piccolo osservatorio astronomico munito di cupola. Questo ultimo edificio originariamente era conosciuto come Capanna Stoppani, eretto nel 1905 dal figlio dell'ingegnere Edoardo Stoppani che qui morì per cause accidentali, ora di proprietà del "Gruppo Astrofili Brianza". Il sentiero prende avvio proprio di fronte all'osservatorio, in prossimità della curva, sul lato opposto della strada asfaltata, dalla palina segnavia seguiamo le indicazioni "M. Palanzone/Dorsale". L'itinerario e indicato da segni giallo/rossi e da alcune paline segnavie.  
Iniziamo a camminare in falsopiano su di una larga strada sterrata fino ad arrivare alla Colma di Caglio 1129 m. Lasciamo momentaneamente lo sterrato per imboccare il ripido sentiero che sale a sinistra sul Monte Pianchetta. Scendiamo dalla parte opposta e ritornati sulla strada sterrata la seguiamo per circa un centinaio di metri per poi immetterci sul sentiero a sinistra che ci conduce sul Monte Croce. Ridiscendiamo dalla parte opposta per proseguire nuovamente sulla strada sterrata, sotto di noi la nebbia risale dalla valle lentamente per poi dissolversi, intravediamo in lontananza il gruppo del M. Rosa e più vicino a noi come isole in mezzo a un mare ovattato il Grignone, la Grignetta e la cresta dentellata del Resegone….
Riprendiamo a salire leggermente arrivando alla Bocchetta di Caglio 1297 m, seguiamo le indicazioni a sinistra per il M. Palanzone abbandonando la strada sterrata. Salendo in cresta arriviamo prima sul Monte Bul 1406 m, con una piccola croce e da un curioso monumento militare e in breve giungiamo sul Monte Palanzone (Palanzùn o Palanzóo nel dialetto locale) con i suoi 1434 m, risulta la seconda vetta per altitudine del Triangolo Lariano, dopo il monte S. Primo.. Stranamente non c'è nessuno, infatti questo è un balcone naturale molto panoramico e raggiungibile da diversi sentieri, facciamo una pausa sorseggiando un bicchiere di tè caldo e gustandoci questi attimi di pace e silenzio… Per il ritorno scendiamo dalla parte opposta rispetto a quella da qui siamo saliti, arrivando dopo una ripida discesa alla Bocchetta di Palanzo 1210 m. Dalla palina segnavia seguiamo le indicazioni a destra per il "Rif. Riella/Dorsale", proseguendo il leggera salita sulla stradina sterrata raggiungiamo in pochi minuti il Rifugio Riella o Rifugio Palanzone 1275 m della sez. CAI di Como. Il profumino che esce dalla cucina ci invoglia a fermarci, ma non ci facciamo influenzare e continuiamo. In leggera salita, dopo aver oltrepassata una sorgente, arriviamo all'ingresso della Grotta Guglielmo, accessibile solamente agli speleologici.
La grotta fu scoperta alla fine del secolo scorso da Guglielmo Bressi, ma solo nel 1952 il Gruppo Grotte Debeiyak di Trieste riuscì a raggiungerne il fondo. Da allora la grotta è stata più volte discesa. Nel 1986 una disostruzione operata dal Gruppo Grotte Novara CAI riusciva a forzare un ramo affluente a - 350 permettendo la congiunzione con il vicino abisso del monte Bul.
Proseguendo sullo sterrato arriviamo alla Bocchetta di Nesso 1313 m, dove troviamo una croce in metallo alta poco più di un metro e un monumento in pietra, conosciuto come Cippo Marelli, edificato dal CAI nel 1970 in memoria di Sandro Marelli. Svoltiamo a destra attraverso il colle di Faello, un bel prato a 1293 m ai piedi del M. Bul, senza particolari problemi seguiamo l'ampia strada sterrata che procede parallela al tragitto fatto all'andata e di cui abbiamo già percorso alcuni tratti, ritornando alla Colma di Sormano dove abbiamo lasciato l'auto.
Malati di Montagna: Pg e Fabio

Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.
Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:
povera cosa caduta
che la terra raccoglie.
Salvatore Quasimodo




Monte Palanzone o Palanzolo 1434 m


Grignone e Grignetta




domenica 13 ottobre 2013

San Besso in veste invernale...

Spesso si nomina il Parco del Gran Paradiso parlando degli itinerari che si sviluppano dalle vallate valdostane come Cogne, Rhêmes, Valsavaranche, ma se ci spostiamo nelle vallate piemontesi comprese all'interno del Parco, Soana e Orco, possiamo scoprire dei luoghi davvero unici, uno di questi è il Santuario di San Besso a 2019 m in Valle Soana.

Abbandoniamo l'autostrada A5 all'uscita di Ivrea per poi proseguire in direzione di Castellamonte (SP565), giunti a Castellamonte proseguiamo verso Cuorgnè, da qui imbocchiamo la Valle dell'Orco in direzione di Ceresole Reale fino a Pont Canavese dove svoltiamo a destra per la Val Soana. Risaliamo la valle, oltrepassando prima Ingria poi Ronco Canavese, poco dopo a un bivio continuiamo verso sinistra tralasciato le indicazioni per Valprato Soana, raggiungendo in breve Campiglia Soana 1335 m, parcheggiamo a monte del paese appena prima della sbarra che non permette il transito delle auto all'Azaria.
Il cielo momentaneamente è di un bel azzurro e le premature nevicate di questi giorni rendono l'ambiente circostante fantastico. Ultimati i preparativi iniziamo a camminare su una strada sterrata (costruita dal re Umberto I nel 1897) che solca tutta la valle del torrente Campiglia, magnifico corso d'acqua che fiancheggeremo fino al bivio sulla destra per il Santuario di S. Besso (set. 625). Il sentiero è ricoperto dalla neve per cui dobbiamo procedere con cautela individuando con attenzione il percorso, purtroppo anche i segni di vernice sono nascosti dalla neve, io l'avevo percorso circa vent'anni fa', mentre Patrizia e Giuseppe un paio d'anni prima, ma si sa che l'ambiente innevato modifica qualsiasi punto di riferimento. Saliamo prima tra radi alberi per poi entrare in un bel lariceto, e con una serie di tornanti guadagnano quota sino a raggiungere la Grangia Randonero 1817 m, dove con nostra sorpresa troviamo ancora delle mucche, sorprese anche loro dalla precoce nevicata…
Dall'alpeggio proseguiamo a sinistra nel bosco e usciti sugli ampi pascoli iniziamo a intravedere in alto sulla destra il santuario, in breve raggiungiamo la Grange Ciavanis 1876 m.
Attraversiamo il pianoro cercando il percorso migliore che ci conduce allo strappo finale ripido ma breve, la coltre nevosa caduta in alcuni punti arriva quasi fino alle ginocchia, per cui procediamo con cautela individuando qualche segno di vernice. Arrivati al Santuario di San Besso 2019 m le nebbie preannunciate nel primo pomeriggio arrivano puntuali, compromettendo il bel panorama che si può godere da quassù. 
Il culto del santo, che ogni anno, il 10 agosto, richiama quassù centinaia di fedeli, lo si può riallacciare certamente agli stretti legami che da sempre hanno unito le popolazioni della Val Soana con quelle di Cogne. Sempre secondo la tradizione i primi abitanti del capoluogo valdostano sarebbero giunti proprio dal Canavese e Cogne per lungo tempo sarebbe stato solo una frazione, appartenente alla diocesi di Ivrea. E ancora oggi, in occasione della festa, cognensi e canavesani si incontrano.
Vi sono due leggende attribuite a Besso. La prima si rifà agli albori del cristianesimo, il legionario Besso scampato ad un eccidio dell'imperatore romano Massimiliano, vagò per i monti predicando la nuova fede. Catturato dai romani venne condannato a morte, gettato giù dal roccione lasciò impressa la propria impronta sulla roccia sottostante. La seconda leggenda, più popolare, racconta di un pastore Besso fatto precipitare dalla sommità della roccia da due pastori invidiosi. Nell'inverno successivo il suo corpo venne ritrovato, nella neve, intatto con un fiore di eccezionale bellezza.
Per il ritorno naturalmente effettuiamo il medesimo percorso di salita, avendo ormai già battuta la traccia, abbiamo anche la fortuna di vedere un bel gruppetto di camosci, giunti nuovamente sulla strada sterrata prima di ritornare al parcheggio proseguiamo lungo la valle sino alla fonte di San Besso a circa 10 minuti dall'inizio del sentiero.
Malati di Montagna: Patrizia, Giuseppe, Danilo e Fabio

la giornata si presenta così...!!!


anche loro sono state sorprese dall'abbondante nevicata...
e aspettano qualcuno che le riporta a valle...


non siamo a dicembre...siamo solamente a ottobre...


in alto sulla destra sotto allo sperone roccioso c'è il Santuario di S. Besso
per raggiungerlo dobbiamo aprirci una traccia nella neve fresca...30/40 cm...
...la fatica è stata ampiamente ricompensata...


by Patrizia


causa problemi tecnici considerare la quota di arrivo 
anche come quota di partenza, dislivello circa 700 m






venerdì 11 ottobre 2013

Una montagna accessibile

Una montagna per tutti e accessibile a tutti, questo è il senso delle iniziative che hanno per obbiettivo la possibilità di frequentare le Terre alte da parte di persone con disabilità. In un mondo che è pieno di barriere, in primo luogo culturali e mentali, ogni iniziativa in tal senso va a nostro giudizio sostenuta e fatta conoscere.
...
Lo scorso scorso inverno invece, nelle valli di Lanzo sono stati organizzati tre fine settimana sulle ciaspole dedicati a famiglie e disabili lungo un percorso complessivo di oltre 20 chilometri in grado di unire Val Grande, Val di Viù e Val d'Ala. E sono stati i volontari delle Sezioni CAI ad accompagnare i disabili sulle racchette da neve.
Il fatto che anche una Provincia (come nel caso sopracitato) si sia mossa in maniera autonoma, significa che forse il lavoro del CAI per aprire la strada per una montagna accessibile sta avendo echi  e portando frutti. Tutti questi sono esempi di buone pratiche che speriamo vadino via via sempre più aumentando.
Il CAI è inoltre impegnato da anni nell'attività di Montagnaterapia. Con questo termine si intende un insieme di attività terapeutiche, riabilitative e socio-educative, per la prevenzione, la cura e la riabilitazione di persone con disabilità e altre problematiche.
...
Per concludere, l'amore per la montagna, anche in questo senso unisce e il nostro Sodalizio dovrebbe essere ancora più consapevole e valorizzare ancor più il fatto che il CAI - come ama ripetere il presidente Martini prendendo a prestito lo slogan celebrativo dell'anniversario del coetaneo Club alpino svizzero - è molto più che alpinismo proprio perché i Soci lavorano e si impegnano su molti fronti. Le storie appena citate ne sono un esempio.
uno stralcio dall'Editoriale di Montagne360 del mese di Ottobe 2013

mercoledì 9 ottobre 2013

Vajont 1963 - 2013...tutto è cambiato, ma le ferite restano aperte