PRIMO GIORNO
"La cima di Piazzotti...a tu per tu con gli stambecchi..."
Tondeggiante rilievo di cresta dal quale lo sguardo spazia su quattro valli diverse: le valli di Trona e Tronella a Nord, in territorio valtellinese, le valli di Salmurano e Pianella a Sud, in bergamasca.
L’incontro è fissato per le ore 8,00 di sabato, 07 luglio, a Legnano.
I protagonisti del “Minitrekking del Pizzo dei Tre Signori” e “minivacanza” sono:
Fabio;
Danilo;
Cesare;
Franco.
Partenza alle 8,20. L’umore è alto e siamo tutti ben contenti di poter fuggire per questi due giorni dal mondo normale, dalla vita quotidiana e dal caldo umido. Il meteo è instabile ed un po’ di incertezza aleggia alla partenza, visto il violento acquazzone della notte.
Cesare si unisce a noi per la prima volta e notiamo subito che il suo zaino pesa incredibilmente. La prossima volta dovremo prevedere un radicale intervento di pulizia e svuotamento dello zaino. Danilo pensa ben di mettere alla prova il nostro esiguo quoziente intellettivo con degli indovinelli:
Qual è l’animale che prevede il futuro? Al silenzio generale e non poco sbigottimento, ci dice: l’Ape Maia.
Come fa l’uomo più veloce del mondo a non farsi raggiungere dall’orso? .… Deve correre insieme al secondo uomo più veloce del mondo.
Il messaggio che due armigeri medievali mandano al gran ciambellano del castello è il seguente: 2+2= 5. Qual’é il messaggio? … I conti non tornano .
Il traffico sulla strada statale della Valtellina è decisamente intenso, nonostante l’ora.
Da Morbegno percorriamo la strada che sale lungo il versante occidentale della Val Gerola dove si incontrano Sacco, Dosso e Mellarolo, frazioni montane del comune di Cosio Valtellino, Rasura, Pedesina e Gerola Alta.
Sosta caffè a Gerola Alta per giungere poi al piazzale degli impianti di risalita a Pescegallo (1.454 m.).
Siamo in Val Gerola, una delle due valli del Bitto che si aprono a ventaglio all’altezza di Morbegno. L’altra valle del bitto è la Valle di Albaredo.
Apprendiamo che il formaggio è uno dei simboli di questa terra. Da secoli, durante il periodo estivo, sugli alti pascoli che si protraggono ben oltre i duemila metri, si produce il rinomato formaggio Bitto, ottenuto con metodi e lavorazioni naturali e per il quale la Val Gerola e la Valle di Albaredo sono state riconosciute quale “Presidio Slow Food”.
Prima della descrizione del trekking, è opportuno comprendere dove siamo ed apprendere un po’ di storia di questa zona.
La catena delle Alpi Orobie è la prima che si incontra risalendo verso nord la pianura lombarda ed i rilievi prealpini. Il versante meridionale è più dolce con valli dalla morfologia più articolata e numerose articolazioni, mentre il versante settentrionale, quello valtellinese nella provincia si Sondrio, scende ripido verso la valle dell’Adda segnato dalle profonde incisioni vallive ad andamento quasi parallelo.
Su tale versante si estende il Parco delle Orobie Valtellinesi che corre lungo la linea di cresta dal Monte Legnone, ad ovest, fino al Passo dell’Aprica, ad est.
Il parco è stato istituito nel 1989; è un parco regionale montano-forestale dell’estensione di 44.100 ha. con quota minima a 850 m. e massima a 3.052 m. (Pizzo Coca), toccando venticinque comuni della provincia di Sondrio.
La vita delle Alpi Orobie ha inizio almeno centotrenta milioni di anni fa con la formazione della catena alpina, quando il continente africano e quello europeo convergono per poi entrare in collisione. Il culmine di tale processo si verifica circa quaranta milioni di anni fa.
La morfologia delle valli orobiche è il risultato di vari fattori che hanno contribuito all’erosione dei versanti, con particolare riferimento all’azione delle acque e dei ghiacciai.
I torrenti in effetti lasciano il segno tangibile nella loro parte finale delle valli, prima di sfociare nell’Adda, scavando profonde forre.
L’azione dei ghiacciai invece è riscontrabile nei caratteristici profili a “U” dei tratti più in quota, nelle morene, nelle rocce montonate (levigate dallo scorrimento del ghiacciaio) e nei circhi glaciali solitamente occupati da piccoli laghetti glaciali. Sul versante valtellinese delle Orobie affiorano rocce metamorfiche molto antiche (micascisti, gneiss e filladi) mentre lungo lo spartiacque prevalgono le rocce sedimentarie come il Verrucano Lombardo e la Formazione di Collio. All’interno di quest’ultima formazione sono rinvenibili impronte di fossili attribuite a rettili primitivi ed ai resti della pianta “Cassinia Orobica”, appartenente ad un genere mai ritrovato altrove.
Per la loro formazione, le Orobie Valtellinesi risultano caratterizzate da valli impervie e da una sfavorevole esposizione e costituiscono uno scrigno di importanti testimonianze di storia, arte ed etnografia. I segni degli antichi lavori sono testimoniati dai resti delle miniere di ferro e dei forni fusori, pile e mulini, fino alle strutture per la lavorazione del latte, ancora oggi utilizzati, denominati “calècc”.
La religiosità popolare è testimoniata dalle numerose santelle, piccole chiesette ed affreschi devozionali. Altre tracce dell’attività dell’uomo sono le fortificazioni della Grande Guerra e la rete viaria dalle vie di transito più importanti per il trasporto delle merci, come la Strada Priula, alle mulattiere percorse durante la monticazione o per l’esbosco del legname.
Seguiamo il Sentiero n. 101 che si snoda nel territorio di Bergamo a ridosso della cresta di confine con la Valtellina.
Alle 10,54 prendiamo la strada sterrata che risale il tratto terminale della pista di sci, abbandoniamo la sede carrabile per giungere al Pianone di Salmurano (1.825 m.) dove si trova l’omonimo rifugio.
Poco soleggiato, il tempo è variabile con nuvole basse e vorticose con un curioso movimento quasi verticale sul pianoro. Pare non abbia però intenzione di piovere.
Seguiamo l’impianto di risalita di questo vallone verde ed erboso, costeggiando il frastagliato Filone della Rocca (detto anche i Denti della Vecchia) la cui cima più alta raggiunge 2.179 m..
Dal Rifugio Salmurano si intravvede già il Passo di Salmurano che raggiungiamo velocemente a 2.017 m..
Prima di raggiungerlo Danilo ci smuove ancora con l’ennesimo indovinello:
Quali sono i nemici degli Americani? Gli Amerigatti!
Dopo questa, tutti noi ci allontaniamo da Danilo nella speranza di recuperare l’equilibrio mentale messo a dura prova e ricalarci nel contesto dell’ambiente che ci attornia.
Foto di rito con la Madonna Bianca, coprendoci bene a causa del vento freddo e teso. Tra le nuvole si intravvede il nostro Sentiero n. 101 sulla destra della valle. Passiamo un tratto pianeggiante per rimontare il ripido canalone ove scorre l’acqua del pianoro superiore.
Velocemente siamo al Rifugio Benigni a 2.224 m..
Ora di arrivo: ore 13,00.
Sosta. E’ l’ora di pranzo ed il rifugio è pieno di clienti che pranzano.
Fabio e Danilo si rinfrescano e bevono l’acqua della fonte posta sul retro del rifugio. L’acqua proviene dal Lago Piazzotti. Attenzione! Non è potabile, ma lo scopriranno solo più tardi, senza peraltro il manifestarsi degli effetti collaterali.
Pranzo al sacco leggero e puntiamo la Cima di Piazzotti a non oltre trenta minuti dal rifugio. La tocchiamo velocemente e sempre tra le nuvole bigie.
Scorgiamo il Pizzo di Trona con il sottostante Lago Rotondo e, in fondo alla Valle di Trona, il Lago di Zoncone, il Lago di Trona e sulla destra il Pizzo di Mezzodì ed il Pizzo Tronella.
Sulla destra ancora si vedono i Denti della Vecchia che dalla Piazzotti sembrano piccolo piccoli.
Franco e Danilo adocchiano il Pizzo di Mezzaluna a 2.373 m., risalendolo per un pendio erboso il cui tratto sommitale si rivela la toilette degli stambecchi.
Arriviamo poco sotto quella cima e ci godiamo la vista a 360 gradi, sovrastanti il Lago Piazzotti.
Non scorgiamo stambecchi. Solo un ermellino. Facciamo il giro del lago ed al rifugio il gestore ci assegna la camera che è il locale invernale con sei posti letto.
Ci avvisa anche che l’acqua del rifugio e della fontana esterna proviene dal lago, e non è potabile.
Fabio e Danilo si guardano preoccupati per la loro bevuta iniziale ma andrà bene, come già accennato.
Ci consoliamo con tè, fetta di torta di grano saraceno e crostata, più sonnellino.
Verso le 16,00 si avvicina al rifugio un gruppo di una decina di stambecchi, fermandosi a pochi metri da noi. Sono le star del momento, protagonisti di foto e filmati di tutti i clienti del rifugio.
Il rifugio e senza la doccia; attendiamo la cena sino alle 19,30.
La fame si fa spietata e la cena è così servita:
Minestrone o risotto stracun;
Salsiccia con polenta e piselli;
Dolce: torta della casa.
Verso le 21,40 ci corichiamo. Il cielo si è un po’ aperto e confidiamo per il giorno seguente, vista l’intensa nuvolosità della giornata.
Il locale invernale è di sei posti, quattro nostri e due riservati alle due escursioniste giunte nel pomeriggio che, pur con molte incertezze, vorrebbero fare il medesimo nostro giro.
Non hanno una cartina della zona e gliene regaliamo una delle nostre.
Danilo, prima di coricarsi, chiude la finestrella alla cui maniglia è appeso un reggiseno.
Ovviamente abbiamo subito pensato che fosse suo. Sogni d’oro Danilo…
SECONDO GIORNO
"Il Pizzo dei Tre Signori"
La classica delle classiche, in voga prima che venisse realizzata la strada per Pescegallo: gli ospiti di Gerola si sentivano in dovere, almeno una volta durante il periodo di soggiorno, di salire al “Tre Signori” che è la vetta più alta della valle.
Il Pizzo dei Tre Signori un tempo rappresentava il confine fra la Signoria di Milano, la Repubblica di Venezia e i Grigioni. Oggi la vetta mantiene ancora la sua posizione di confine anche se separa solo le tre provincie di Sondrio, Como e Bergamo.
Sveglia alle ore 6,30, colazione alle 7,30, partenza alle 8,10.
Cielo plumbeo e nuvolosità intensa. Nuvole basse ... molto basse.
Costo del pernottamento con mezza pensione; euro 30,00, extra a parte.
Oggi incontreremo l’Homo Selvadego, in realtà senza accorgersi che in realtà è tra noi….
L’Homo Selvadego è il simbolo della storia, della cultura e della tradizione locale. Una mitica e singolare figura umana rappresentata in un dipinto del 1464 nella celebre “camera picta” in una casa che ospita anche il Museo dell’Homo Selvadego della contrada Pirondini di Sacco.
Secondo la leggenda, l’Homo Selvadego vive a contatto con la natura in luoghi isolati, sulle montagne e nei boschi. E’ timido e rifugge dal prossimo. A volte entra in contatto con gli uomini, divertendosi a tirare brutti scherzi agli alpigiani o insegnando loro i segreti della lavorazione del latte, di cui è maestro.
Egli appare, dunque, nella sua versione positiva: “E sonto un homo selvadego per natura – chi me offende ge fo pagura”. La paura viene vista come unica punizione per chi manca di rispetto a questo essere che rimanda al mito dell’originaria alleanza tra uomo e natura.
Riprendiamo il sentiero per arrivare alla Bocca di Trona a 2.224 m., costeggiamo la parte superiore della Valle di Trona e percorriamo il sentiero nella nebbia con pochi metri di visibilità sino alla Bocca d’Inferno a 2.306 m.; da qui iniziamo la salita al Pizzo dei Tre Signori.
Tocchiamo la cima (2.554 m.) verso le 11.00. La fortuna ci assiste visto che in prossimità della cima si presentano i primi squarci nella densa nuvolaglia, per poi avere velocemente una bellissima giornata di sole piacevolmente caldo.
Sosta, foto di rito, libro di cima (???Fatto), memorizzazione e godimento del panorama dalla vetta, prima nascosto dalle nubi.
Ripercorriamo il sentiero della salita. Attenzione alle rocce molto scivolose in alcuni tratti per la sola umidità. Giunti nuovamente alla Bocca d’Inferno, percorriamo il sentiero che ci conduce all’incantevole Lago dell’Inferno a m. 2.085, passando anche sotto l’interessante Pizzo di Trona.
Dalla Valle dell’Inferno arriviamo al Lago di Trona a 1.805 m. nella parte inferiore della Valle di Trona, sotto il Pizzo Tronella.
Si aprono poi gli spazi verdi della più bassa Valle della Pietra. Superiamo la base del Pizzo del Mezzodì entrando nella Valle di Tronella.
Nel bosco della sua parte inferiore, prima di toccare Pescegallo, vediamo un cartello raffigurante l’Homo Selvadego. Tutti noi ci guardiamo e non possiamo non notare la notevole rassomiglianza con l’amico Fabio…
Verso le 15,00 siamo al piazzale per rinfrescarci e dissetarci, per poi ripartire.
La relazione è stata scritta magistralmente da Franco che ringraziamo.
by Franco
by Danilo
il mitico canalino prima del rifugio Benigni
meditazione...
Homo Salvadego
by Cesare
che mattacchioni...!!!
PRIMO GIORNO
poco dopo la partenza da Pescegallo 1454 m
rifugio Salmurano 1848 m
alla bocchetta di Salmurano 2017 m
Cima Piazzotti Occidentale
o di Valpianella 2349 m
prima che le ombre della sera calino attorno al rifugio...
passare una notte al rifugio Benigni,
credetemi sono soldi spesi bene...!!!
rifugio Benegni 2222 m
SECONDO GIORNO
si parte con un cielo plumbeo...
ma il nostro passo è più sicuro che mai...!!!
anche tra le nuvole non ci sconfortiamo....
Pizzo Tre Signori 2554 m
Il Pizzo Tre Signori era il punto di confine fra tre diversi stati: il Ducato di Milano, la Repubblica delle Tre Leghe e la Serenissima Repubblica di Venezia. Questo ne ha determinato il nome e ora è rimasto fra le tre province di Sondrio, Lecco e Bergamo.
tutta la nostra fatica è premiata...
vorremo non dover scendere...
....
durante la discesa i panorami si succedono...
i laghetti alpini certo non mancano...
Lago d'Inferno
Rifugio F.A.L.C.
Ferant Alpes Letitiam Cordibus (le Alpi portino letizia ai cuori)
Diga di Trona (1.805 m)
La particolarità della Diga di Trona è che lo sbarramento resta nascosto fino all’ultimo sia che si giunga da Pescegallo sia da Gerola. Il Lago di Trona era chiamato anche Lago delle Trote, come risulta dalle carte dell’Istituto militare di Firenze, pare per l’abbondante presenza dei pesci nel lago. Assunta la denominazione anche di Lago delle Trote, ci si chiede se era il Lago delle Trote o i Laghi delle Trote. Premessa la debita distinzione del Lago di Trona dal Lago Zancone, disposto ben sopra nel senso della valle, l’inizio della costruzione della diga di Trona risale al 1939, rientrante nel complesso delle opere progettate per l’utilizzazione delle risorse idriche dell’alta valle del Bitto. L’esistenza dei due Laghi delle Trote risulta dalla mappa realizzata nel 1936 da Giovanni De Simoni, pubblicata nell’articolo sulle Orobie della Val Gerola. Negli anni successivi la nuova diga ha sommerso entrambi i Laghi delle Trote.
Val Gerola
durante la discesa verso Pescegallo
capra orobica