Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 26 luglio 2015

Laghi e Palon di Résy

Rinomato balcone sul Castore, Polluce e sui Breithorn. La salita dal versante sud si svolge all'interno di bellissimi boschi e praterie d'alta quota, contrariamente il versante a nord è completamente roccioso e precipita tra sfasciumi sul Pian di Verra, dove il Lago Blu da quassù sembra ancor più bello! Prima di scendere non può assolutamente mancare una visita ai Laghi di Résy, gemme preziose incastonate tra le rocce.

Percorriamo l'autostrada A5 (Torino-Aosta) fino all'uscita di Verres, alla rotonda seguiamo le indicazioni per Verres/Ayas (SR45). Risaliamo tutta la Valle d'Ayas e oltrepassato Champoluc arriviamo in pochi minuti a St.-Jacques 1685 m.
Si può lasciare la macchina nella piazzetta vicino alla caratteristica chiesetta dedicata a S. Giacomo, o nei parcheggi sulla sinistra, prima d'arrivare in paese. Subito dopo la chiesetta svoltiamo a destra seguendo le indicazioni per il Colle Bettaforca / Résy (AV1-9). Su una parete della chiesa si può osservare la targa che ricorda l'abate Amato Gorret, il primo italiano a raggiungere la vetta del Cervino.
Oltrepassata una fontana, passiamo davanti ad alcune antiche e caratteristiche abitazioni, per poi raggiungere, al termine della strada asfaltata, l'inizio della mulattiera lastricata. Iniziamo a guadagnare quota nel bosco, intersecando per un paio di volte una stradina ponderale. Dopo aver raggiunto una caratteristica fontana, in breve arriviamo alla pittoresca baita di Rejache, oltre la quale saliamo alla vicina "fontana dello scoiattolo", con accanto la targa che ricorda il Beato Pier Giorgio Frassati.
Costeggiate le baite dell'alpe Raccard, dopo pochi minuti arriviamo a un bivio, lasciato a sinistra il sentiero 8a, proseguiamo fino al bellissimo villaggio walser di Résy 2072 m, collocato in un splendida posizione panoramica sull'alta Valle d'Ayas. Lasciato a destra il rifugio Guide di Frachey, in breve arriviamo al rifugio G.B. Ferraro, caratterizzato dalla presenza di coloratissime bandierine tibetane. Oltrepassato il rifugio, seguendo le indicazioni su una palina segnavia (Colle Bettaforca/Palon di Résy), proseguiamo su una stradina sterrata, inoltrandoci nel Vallone di Bettaforca. All'altezza dell'alpe Forca Inf., abbandoniamo la strada, per seguire a sinistra il sentiero contrassegnato con i segnavia 8c - 8d. Dopo un traverso verso sinistra, il sentiero inizia ripidamente a guadagnare quota con una serie di stretti tornanti, all'interno di una rado bosco. Usciti dal bosco il panorama diventa sempre più ampio, con bella vista sulle cime che circondano la testata della Valle d'Ayas e sulle montagne della Valle d'Aosta, tra cui il Gran Paradiso. Piegando verso destra con lunghi tornanti, alternati da tratti ripidi, raggiungiamo il bivio per i laghi di Résy (8d). Proseguiamo seguendo il sentiero che diventa sempre più ripido fino a raggiungere la croce del Palon di Résy 2676 m. Dalla vetta la vista spazia ovviamente sulle principali cime del Monte Rosa, da sinistra si può riconoscere il Breithorn, la Roccia Nera, il Castore e il Polluce, i sottostanti ghiacciai di Verra con i rifugi Mezzalama e Guide d'Ayas, per poi scendere fino all'incantevole Lago Blu.
Ridiscesi al bivio incontrato durante la salita, proseguiamo verso sinistra seguendo il sentiero 8d. Dopo un traverso in falsopiano, iniziamo a scendere ripidamente per un breve tratto fino all'avvallamento sottostante tra il Palon di Resy e il M. Rosso di Verra (l'avvallamento può essere raggiunto continuando il cammino lungo la cresta del Palon di Resy, anche se la traccia è sempre meno evidende e la discesa prosegue ripida tra sfasciume e grossi massi).
Seguendo alcuni ometti di pietra saliamo leggermente verso destra raggiungendo il primo di una serie di laghetti di diversi dimensioni, sparsi in una zona completamente rocciosa. Per arrivare al lago superiore a 2572 m, bisogna dirigersi verso un grande ometto alto circa 2 metri collocato sopra a un dosso roccioso. Seduti accanto all'ometto, notiamo il guizzo dei pesci che "abitano" il lago e una cascatella, a destra, che lo alimenta. Per il ritorno seguiamo il medesimo itinerario fatto all'andata.
Malati di Montagna: Silvio, Danilo e l'Homo Selvadego

St.-Jacques - Chiesa di San Giacomo


Palon di Résy 2676 m


Danilo e Silvio a pochi metri dalla cima


Laghi di Résy



alcuni buoni motivi per camminare per terre alte...






domenica 19 luglio 2015

Sulla montagna più alta delle Prealpi Luganesi...il Pizzo di Gino o Menone...

Per la sua forma elegante e soprattutto per il panorama a 360°, il Pizzo di Gino è una delle montagne più ambite attorno al Lago di Como. La salita si svolge su strada sterrata e su sentieri agevoli, tranne l'ultimo tratto prima d'arrivare in cima. Per il ritorno abbiamo percorso la cresta ESE, dove non bisogna soffrire di vertigini e avere una certa esperienza nel percorrere sentieri molto esposti e scarsamente frequentati. Dalla palina segnavia che ci avvisa che siamo sull'Alta Via dei Monti Lariani, il sentiero prosegue senza particolari problemi fino alla Cima Pianchette.
Per il ritorno consigliamo una sosta al Rifugio Croce di Campo, gestito dalla guida alpina Andrea Savonitto, soprannominato il “Gigante”.

Dall'autostrada A9 usciamo a Como Sud e proseguiamo con la statale 340 Regina fino a Menaggio. All'uscita della galleria svoltiamo a destra e successivamente ancora a destra seguendo le indicazioni per Porlezza. Dopo Codogna-Cardano e Grandola e Uniti, alla seguente rotonda seguiamo le indicazioni a destra per la Val Cavargna.  Oltrepassati i paesi di Carlazzo, Cusino e San Bartolometo arriviamo a San Nazzaro. Dal paese vi sono due alternative, seguire a destra la stretta Via S. Antonio che attraversa il paese, oppure proseguire lungo la strada e prima della fine del paese svoltare a destra in Via Giuseppe Polastri, in entrambi i casi si arriva a imboccare sulla destra Via Tecchio. Seguiamo la strada asfaltata che sale con alcuni tornanti e poco prima d'arrivare al termine della pineta, lasciamo la macchina negli slarghi lungo la strada a circa 1280 m.
Seguiamo la strada asfalta per pochi minuti e oltrepassato il divieto di transito, arriviamo in località Tecchio, con alcune caratteristiche baite dal tetto a punta, rivolte verso valle. Abbandonata la strada, seguiamo a sinistra il "Sentiero del bosco", un bellissimo percorso che si sviluppa all'interno di un fitto bosco, ottimamente segnalato. Giunti a un bivio proseguiamo verso destra seguendo le indicazioni per il rifugio Croce di Campo, in breve usciti dal bosco, saliamo tra le felci, fino a raggiungere un promontorio, da dove appare il rifugio. Scendiamo per un breve tratto verso la strada sterrata che abbandoniamo subito, per seguire il sentiero a sinistra che sale ripidamente fino a incrociare nuovamente la strada che iniziamo a seguire. Guadagniamo quota con alcuni tornanti, fino ad arrivare a un bivio, abbandonata la sterrata che sale al vicino rifugio e dalla quale poi faremo ritorno, proseguiamo diritti in leggera discesa verso la malga di Piazza Vacchera
Raggiunto l'alpeggio (1774 m), andiamo a destra passando accanto a una stalla con numerose capre e due grossi maiali, vicino c'è anche un grande fontana. Continuiamo sulla stradina sterrata a destra, che sale fino a raggiungere un'ulteriore baita ristrutturata. Seguendo i segnavia scendiamo per un breve tratto e attraversato il torrente, proseguiamo tra l'erba alta, puntando all'evidente mulattiera poco più in alto, fatta costruire nell'ambito della "Linea Cadorna. Iniziamo a salire con lunghi tornanti, purtroppo in alcuni tratti la mulattiera è franata, ma è comunque percorribile, senza particolari problemi. Finiti i tornanti percorriamo un lungo traverso perdendo leggermente quota e arrivati a un grosso omino con segnavia bianco/rosso, tralasciamo il sentiero che scende sulla sinistra e iniziamo a risalire la larga dorsale erbosa. Facendo attenzione ai segnavia, talvolta nascosti tra l'erba, raggiungiamo l’ultimo tratto di cresta, la risaliamo con un minimo d'attenzione, cercando il percorso migliore tra le numerose tracce lasciate dagli animali, fino alla croce del Pizzo di Gino 2245 m. La giornata calda e afosa non permette d'avere un panorama completo, ma siamo ugualmente soddisfatti. Per il ritorno decidiamo di percorrere la cresta che collega il Pizzo di Gino alla Cima Pianchette. Questo sentiero va affrontato con cautela e solo da persone che hanno già una buona esperienza in montagna (EE). Dal segnavia scendiamo ripidamente per un breve tratto sul versante a nord, per poi continuare sul lato ESE della cresta, con alcuni facili passi di arrampicata. Dopo aver superato alcuni canali, raggiungiamo un'insellatura e tralasciata l'indicazione per l'Alta Via del Lario (cavo di sicurezza), proseguiamo seguendo il sentiero che taglia orizzontalmente il versante della montagna. Arrivati a una seconda palina segnavia, lasciamo a destra il sentiero che scende verso la malga di Piazza Vacchera e superato subito dopo una breve tratto roccioso (cavo di sicurezza), proseguiamo su percorso decisamente più agevole arrivando appena sotto la Cima Pianchette. Tralasciamo momentaneamente il sentiero a destra per il rifugio Croce di Campo (indicazione su un sasso), in pochi minuti saliamo in cima al monte Pianchette 2168 m. Per il ritorno seguiamo i segnavia bianco/rossi dell'ampia dorsale che scende senza particolari problemi fino al rifugio Croce di Campo 1741 m. Dopo la doverosa sosta, proseguiamo lungo la strada sterrata, ripercorrendo il medesimo itinerario fatto al mattino.
Malati di Montagna: Danilo e l'Homo Selvadego

Tecchio


Pizzo di Gino o Menone 2245 m


il sentiero sembra che non ci sia...
...ma vi garantiamo che c'è e ben segnalato




ultimo tratto attrezzato


scendendo dalla Cima Pianchette 2158 m


uno sguardo sul Pizzo di Gino e la Cima Pianchette







domenica 12 luglio 2015

Frerone e Cornone di Blumone...ultimi baluardi meridionali del massiccio dell'Adamello

La Val Bona, la Val Fredda e la Valle di Cadino sono tra i più noti gioielli naturalistici del Parco, in particolare sotto l'aspetto geologico e floristico-vegetazionale. La varietà litologica di questa porzione meridionale dell'area protetta costituisce un interessante esempio per comprendere la formazione del gruppo dell'Adamello. Nel tratto di sentiero che da Bazena conduce alla Val Fredda prevalgono rocce sedimentarie carbonatiche (calcari). All'interno della Val Fredda e della Val Bona le formazioni geologiche attestano l'avvenuta intrusione di rocce magmatiche (provenienti dall'interno della Terra) nelle rocce sedimentarie di origine marina. Dal Lago della Vacca in poi infine prevalgono le sole rocce magmatiche (diorite e tonalite). Il paesaggio testimonia chiaramente, con la diffusione di circhi, conche, gradoni, dossi montonati e archi morenici, gli effetti del modellamento glaciale. Numerosi sono i laghetti, le torbiere e i pianori erbosi.


1 GIORNO
Bazena - Monte Frerone - Passo di Val Fredda - Passo della Vacca - Rifugio Tita Secchi
Risaliamo la Val Camonica seguendo la statale 42, per poi abbandonarla poco prima del km. 81 prendendo l'uscita per Esine-Bienno. Allo stop andiamo a destra e alla successiva rotonda ancora a destra, seguendo le indicazioni per il Passo di Croce Domini. Oltrepassati i paesi di Berzo Inferiore e Bienno, la strada inizia a salire ripidamente con diversi tornanti. Dopo Campolaro, ultima frazione prima d'arrivare al passo, in breve arriviamo in località Bazena 1802 m, dove poco oltre il Rifugio Tassara, sulla sinistra c'è un ampio parcheggio dove poter lasciare l'auto.
Dal parcheggio seguiamo le indicazioni sulla palina segnavia, incamminandoci lungo una stradina sterrata in leggera salita tra i prati. Il tratto che stiamo percorrendo inizialmente era contrassegnato con il 18, attualmente è stato aggiunto alla parte iniziale del sentiero n. 1, diventando pertanto la prima tappa dell'Alta Via dell'Adamello.
Arrivati nei pressi di una grande vasca, ignoriamo il "Percorso Botanico Naturale di Val Fredda" a sinistra, con il quale poi faremo ritorno il giorno seguente e proseguiamo percorrendo un breve tratto su fondo selciato. Oltrepassato il cartello che ci avvisa che stiamo entrando nel Parco dell'Adamello, in breve arriviamo a un bivio. Abbandonata la stradina sterrata che scende verso un laghetto e la Malga Val Fredda, proseguiamo a destra a mezza costa, lungo le pendici occidentali del Monte Mattoni.
Da qui in poi possiamo osservare sulla destra, alcuni cartelli del "Percorso Botanico" che illustrano le principali specie che si possono incontrare. Il sentiero continua in falsopiano, alternando alcuni brevi saliscendi, tralasciato a destra il sentiero per il Passo di Croce Domini, indicato da una palina segnavia, percorriamo un lungo tratto a mezza costa sotto le pendici occidentali del M. Cadino. Davanti a noi iniziamo a vedere il Passo di Val Fredda, che raggiungiamo in pochi minuti, qualche metro prima d'arrivare al passo seguiamo le indicazioni a sinistra per il M.te Frerone (solo esperti).
Il sentiero inizialmente perde leggermente quota, per poi proseguire in falsopiano fino a raggiungere un zona rocciosa, particolarmente esposta sul lato sinistro. Con attenzione percorriamo la stretta cengia, attrezzata con delle catene e pioli metallici che aiutano a superare i tratti più difficili, subito oltre il sentiero diviene più ampio e le difficoltà terminano. Saliamo in mezzo ai prati d'alta quota, con belle visuali a sud/ovest verso il vicino Costone di Val Bona e alle nostre spalle sulla cengia appena superata. Piegando verso sinistra arriviamo all'imbocco della Scodela del Frér (Scodella del Frerone), uno spettacolare anfiteatro ai piedi del versante ovest della vetta. Abbandonati i verdi pendii, attraversiamo il valloncello al centro, per poi piegare sulla destra. Seguendo i segnavia e qualche ometto, risaliamo con lunghi tornanti il ripido pendio, raggiungendo la cresta. Proseguiamo ora appena sotto la cresta verso nord, in direzione della cima più elevata, dopo pochi minuti arriviamo  al segnale trigonometrico del Monte Frerone 2673 m. Il panorama sulle cime circostanti è spettacolare, oltre al Cornone di Blumone, si riescono a vedere i ghiacciai del Gruppo del Bernina e naturalmente il signore incontrastato di questi luoghi, l'Adamello.
Per il rientro ripercorriamo a ritroso il medesimo itinerario fino a raggiungere il Passo di Val Fredda 2321 m. Dal passo seguendo le indicazioni sulla palina segnavia, scendiamo per un breve tratto, per poi continuare a mezza costa lungo le pendici orientali del Monte Frerone. Tralasciato a sinistra il sentiero 38 per il Rifugio Gheza, proseguiamo sull'ampio sentiero senza particolari problemi. Arrivati in prossimità di un torrente, sulla sinistra una palina segnavia indica un'ulteriore variante per il M.te Frerone (solo esperti). Passo dopo passo l'imponente sagoma del Cornone di Blumone si avvicina sempre più, mostrando ai nostri occhi scorci davvero suggestivi. Dopo un tratto su fondo roccioso arriviamo al Passo della Vacca 2359 m, un ampio valico, alla destra del quale possiamo vedere la formazione rocciosa che da il nome al luogo.
Seguendo la mulattiera, dopo qualche minuto ci appare lo splendido specchio d'acqua del Lago della Vacca, sulla sponda opposta sotto le scure pareti del Cornone di Blumone sorge il rifugio Tita Secchi. Per raggiungere il rifugio, essendo vietato passare sopra la diga, bisogna scendere sotto al muraglione e attraversato il torrente su un ponticello in ferro, risalire sul lato opposto arrivando al rifugio 2357 m. Dal Passo della Vacca si può raggiungere la diga anche seguendo il sentiero sulla destra, costeggiando alcuni piccoli laghetti. Dopo la calorosa accoglienza, prendiamo possesso della camera, dove trascorreremo la notte.

Passo di Val Fredda 2321 m


Monte Frerone 2673 m


Passo della Vacca 2359 m
Formazione rocciosa che da il nome alla zona


Rifugio Tita Secchi 2357 m
Si trova nella parte meridionale del Massiccio dell'Adamello, ai piedi della parete sud-ovest del Cornone del Blumone, a pochi metri dal lago naturale della Vacca, trasformato nei primi del novecento in bacino artificiale.





2 GIORNO
Rifugio Tita Secchi - Cornone di Blumone - Bazena
Dopo aver fatto colazione, salutiamo il gentilissimo gestore del rifugio e alle 7.20 siamo già in cammino verso la cima del Cornone del Blumone. Si tratta di un blocco granitico di solenne imponenza, vecchio di 75 milioni di anni, che rappresenta la porzione più antica del plutone adamellino. La natura si è divertita a conformarne l’aspetto come se fosse un castello inamovibile e severo.
Dalla palina segnavia iniziamo a seguire la mulattiera militare (Sentiero n. 1 dell'Alta Via dell'Adamello) che inizia a salire alle spalle del rifugio. Arrivati al Passo del Blumone 2633 m, pieghiamo a destra e con brevi e facili passaggi d'arrampicata (I) risaliamo il ripido sperone roccioso che scende dall'antecima Nord/Ovest. Aggirato lo sperone il sentiero prosegue con un lungo traverso tra sfasciumi e roccette. Attraversati alcuni nevai, presenti fino a tarda stagione, arriviamo alla base dell'ultimo canalino che porta in cresta. Iniziamo a salire su terreno instabile, seguendo vecchi e nuovi segnavia e aiutandoci con le mani oltrepassiamo alcuni tratti tra le roccette (I+). Noi fortunatamente durante l'ascesa non abbiamo incontrato nessuno che scendeva, in tal caso bisogna fare attenzione ai sassi che involontariamente potrebbero cadere!
Raggiunta la cresta, piegando a sinistra in breve arriviamo alla croce del Cornone di Blumone 2843 m, sono le 9.15 e non ci sono parole per descrivere quello che i nostri occhi stanno vedendo, al termine della cresta raggiungiamo il segnale trigonometrico.
Ridiscesi al Passo di Blumone, dopo aver visitato i resti di alcune fortificazioni della Grande Guerra, decidiamo di proseguire verso il Passo del Termine, cosi da poter ammirare il versante del Cornone di Blumone da qui siamo appena saliti. Per il ritorno ripercorriamo il medesimo itinerario fatto il giorno precedente, con l'unica variante del "Percorso Botanico", il sentiero inizia sulla destra poco dopo il cartello che avvisa che siamo nel Parco dell'Adamello. Arrivati alla macchina, per concludere degnamente questi due splendide giornate, ci concediamo un tagliere di squisiti formaggi e salumi al rifugio Tassara.
Malati di Montagna: Franco, Danilo e l'Homo Selvadego

Il Cornone di Blumone con i suoi 2843 metri, è la più alta e imponente vetta dell'Adamello meridionale e domina questo settore del massiccio da ogni punto la si guardi.


Passo di Blumone 2633 m
In questa zona si trovano ruderi di manufatti della 2° linea di difesa, 
edificati dagli italiani durante la Grande Guerra 


 Cornone di Blumone 2843 m



by Danilo



by Franco




domenica 5 luglio 2015

Klein-altar tra la Val Sermenza e la Val Quarazza

L'ascesa al Colle del Piccolo Altare è una classicissima della Valsesia. L'itinerario ad anello si svolge all'interno del Parco Naturale Alta Valsesia (il Parco più alto d'Europa), su sentieri sempre ben segnati, dopo gli ultimi pascoli la salita prosegue sulla bella mulattiera lastricata fatta costruire da Giulio Axerio benefattore di Rima, a cui è intitolato anche il bivacco nei pressi del colle. Il Tagliaferro ci accompagna per tutta la giornata, regalando ai nostri occhi suggestivi panorami, mentre al di là del colle si possono osservare le principali cime della Valle Anzasca.

Da Milano percorriamo l'autostrada A26 uscendo al casello di Romagnano Sesia. Con la SS299 risaliamo la Valsesia, fino all'abitato di Balmuccia, posto alla confluenza del Rio Sermenza col il Sesia. Da qui svoltiamo a destra, risalendo Val Sermenza fino al caratteristico abitato di Rimasco, adagiato sulle sponde di un piccolo lago artificiale. In paese, deviamo verso sinistra, lasciando a destra la Val d'Egua. Oltrepassato l'abitato di San Giuseppe, dopo alcuni tornanti raggiungiamo Rima 1411 m. L'auto la lasciamo nei comodi parcheggi sulla destra poco prima dell'abitato.
Dalla caratteristica piazza con al centro una grande fontana, andiamo verso destra e seguendo le indicazioni ci inoltriamo tra le strette viuzze del borgo, fino a raggiungere un lavatoio. Tralasciate le indicazioni per il rifugio Ferioli, proseguiamo a destra verso il rifugio Vallè (291). Usciti dal paese, passiamo vicino ad alcune belle abitazioni e in leggera salita attraversiamo i pascoli rimanendo sulla sinistra orografica del torrente. Attraversato il torrente su alcuni grossi sassi, iniziamo a salire raggiungendo l'alpe Vallaracco 1600 m, dove ci dissetiamo alla fresca fontana. Il sentiero prosegue in salita all'interno di un bel bosco, arrivati a un bivio, dopo aver consultato la cartina su un pannello, tralasciamo il sentiero a destra 291a per il rifugio Vallè, da dove poi faremo ritorno e continuiamo a salire proseguendo sul 291. Usciti dal bosco la parete nord del Tagliaferro ci appare in tutta la sua bellezza, con una serie di tornanti guadagniamo velocemente quota giungendo all'alpe Brusiccia 1943 m. Dalla palina segnavia abbandoniamo il sentiero 291 che prosegue verso il rifugio Vallè e seguendo le indicazioni su un sasso proseguiamo a sinistra seguendo il sentiero 292a. Oltrepassate le ultime baite con percorso pressoché pianeggiante arriviamo all'alpe Lavazei 1929 m.
L'alpeggio è un crocevia importante di numerosi sentieri, dalle baite tralasciato a destra il sentiero per il Lago del Toro (bocchetta del Laghetto), ci dirigiamo verso un grosso masso, sul quale sono indicati i vari percorsi (Piccolo Altare/Laciole sup./Colle Piglimò). Poco più avanti sulla sinistra, troviamo un'ulteriore cartello segnavia (292 Colle del Piccolo Altare 2.10 ore). Il sentiero in questo tratto tende a perdersi tra l'erba e le numerose tracce lasciate dagli animali, ma basta seguire i numerosi omini in pietra e i rari segnavia per raggiungere la bella mulattiera che ci condurrà fino al colle. L'opera ancora in discrete condizioni sale con buona pendenza, poco prima che la mulattiera inizi a piegare verso sinistra, incontriamo sulla destra una prima deviazione (segnavia giallo) e poco più in alto la seconda contrassegnata dai segnavia rosso-bianco-rosso (sentiero 292c), entrambe conducono alla Bocchetta del Laghetto o del Toro. In breve raggiungiamo una piccola balma, dove una targa ricorda la tragica scomparsa dell'alpinista Tulio Vidoni. Attraversato un nevaio iniziamo a intravedere in alto sulla destra il tetto del bivacco e la croce che sormonta la roccia di forma quasi quadrata che dà il nome al colle. La salita diventa sempre più ripida e continuando a seguire la mulattiera gradinata e lastricata, con un ultimo sforzo arriviamo nei pressi della piccola costruzione in pietra del bivacco Axerio, sempre aperto che può dare riparo in caso di emergenza. Pochi metri e arriviamo al Colle del Piccolo Altare 2630 m, splendido il panorama verso la testata della Val Quarazza, con la Punta Parrot, la Punta Gnifetti, la Punta Zumstein nel gruppo del Monte Rosa.
Per il ritorno decidiamo di compiere un giro ad anello passando per il rifugio Vallè, regalandoci una vista completa della testata della Val Sermenza. Ripercorriamo la mulattiera fino a imboccare a sinistra il sentiero incontrato durante la salita, contrassegnato dai segnavia rosso-bianco-rosso (292c). Con una lunga diagonale a mezza costa su traccia non sempre evidente, raggiungiamo la Bocchetta del Laghetto o del Toro 2340 m, sulla dorsale spartiacque che divide i due valloni dei Torrenti di Lavazei e Vallé. È possibile anche seguire il sentiero sottostante contrassegnato da sporadici segnavia gialli che attraversa una zona di grossi massi instabili.
Scendiamo ripidamente sul versante opposto dapprima per sfasciumi, poi attraversando pascoli e torrentelli, fino a raggiungere l'Alpe Vallezò 2167 m, da qui in breve saliamo all'Alpe Vallè di Sopra 2175 m dove è situato il Rifugio Vallè del Parco Naturale dell'Alta Valsesia. Dopo una doverosa sosta, dal rifugio scendiamo seguendo il sentiero 291a per Rima. Perdiamo velocemente quota e raggiunta una conca prativa, tralasciamo il sentiero a destra che sale verso alcune baite e continuando a scendere arriviamo al bivio incontrato al mattino. Da qui ripercorriamo il medesimo itinerario fatto all'andata.
Malati di Montagna: Pg e l'Homo Selvadego

Rima San Giuseppe (Arimmu o Ind Rimmu in lingua walser)
È il comune più alto della provincia di Vercelli, con i 1.417 metri della frazione Rima, dove si trovano il museo della Casa del marmo, o "Museo del Marmo Artificiale", e la Gipsoteca Della Vedova. La parte più alta del territorio di Rima San Giuseppe è compresa nel Parco naturale Alta Valsesia. Viene fondata dai walser nella seconda metà del XIV secolo da Walser provenienti da Alagna Valsesia, conserva importantissime testimonianze. 



il Tagliaferro, il Corno Mud, colle Piglimò o di Rima, Punta Piccolo Piglimò


la Val Sermenza


la mulattiera



Tullio Vidoni
Fu uno dei migliori alpinisti italiani negli anni Settanta e Ottanta.
Il 12 febbraio del 1988 perse la vita sotto una valanga
nella zona del Colle del Piccolo Altare


il bivacco dal Colle del Piccolo Altare
tra le nuvole la cima del Tagliaferro


le cime del massiccio del M. Rosa
fanno capolino alle spalle dei Corni di Faller


la Val Quarazza


Rifugio Vallè 2175 m
Di proprietà del Parco Naturale Alta Valsesia. Sorge all’alpe Vallè Superiore su di una bastionata rocciosa alla testata della Val Sermenza. Il rifugio è gestito a turni in estate (fine settimana di giugno e settembre, tutti giorni nei mesi di luglio e agosto).