Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

domenica 28 giugno 2015

Lago e Cima Ravinella...full immersion nel verde

Partiamo da Campello Monti 1305 m, ultimo borgo della Val Strona. Il villaggio walser che vive solo d’estate, durante l’inverno si addormenta, la neve e il pericolo di slavine rendono la stretta strada impraticabile. La Val Strona ha inizio ad Omegna, sul lago d'Orta, e sale tortuosa e incassata tra ripidi versanti, si passa dall'ambiente dolce e armonico del lago alle asperità dell'alta montagna. 
La meta di oggi è la Cima di Ravinella e l'omonimo lago, sicuramente non è tra le montagne più conosciute di quelle della Val Strona, ma offre un bellissimo panorama ed è in una zona naturalisticamente molto interessante.

Dall'autostrada A26 prendiamo l'uscita di Gravellona Toce e raggiunto il centro di Omegna, proseguiamo seguendo la strada che risale la Val Strona fino ad arrivare all'ultimo centro abitato della valle, l'antico villaggio di Campello Monti 1305 m. Un agglomerato di case dai colori tenui e dai caratteristici tetti in piode, camminando tra i suoi stretti vicoli possiamo ancora ammirare il suo fascino di paese Walser. Si può lasciare l'auto all'inizio del paese o nei parcheggi sottostanti (la strada dopo Forno è molto stretta e va percorsa con attenzione).
Dopo la locanda "il Tiglio" attraversiamo il piccolo ponte, all'inizio del quale c'è un bel gufo in legno. Tralasciate le indicazioni a sinistra per il Monte Capio (Z15), passiamo davanti all'edificio ristrutturato della scuola elementare, raggiungendo la scalinata che sale verso la chiesa, all'inizio una palina segnavia indica i vari sentieri che si possono intraprendere (Bocchetta dell'Usciolo GTA/SI - M. Ronda Z14 - C.ma Capezzone Z17). La chiesa costruita nel 1749 è dedicata a S. Giovanni Battista, ed è considerata la chiesa più bella della valle per gli arredi e i paramenti sacri portati dagli emigranti (una fresca fontana è accanto alla chiesa).
Al termine della scalinata seguiamo in falsopiano la mulattiera a sinistra e giunti alla palina segnavia l'abbandoniamo per seguire il sentiero che sale sulla destra (Z14). Con bella visuale su Campello Monti iniziamo a salire diagonalmente fino a raggiungere le baite dell'alpe Orlo 1385 m. Il sentiero prosegue costeggiando alcuni bellissimi maggiociondoli e tralasciato a sinistra il sentiero per la M. Ronda, in breve scendiamo verso il torrente che attraversiamo, per poi risalire sul versante opposto della valle.
Continuando a seguire i segni di vernice bianco/rossi, guadato un torrente saliamo fino alle baite dell'alpe Cunetta di Sotto 1558 m. Il sentiero in alcuni tratti è invaso dall'erba alta, per questo motivo sono stati posizionati alcuni paletti in legno che fungono da segnavia. Continuando a salire arriviamo sui pascoli dell’Alpe Cunetta di Sopra 1810 m, splendido il panorama sull'alta Val Strona che si estende tutt'attorno a noi. Lasciate le baite sulla sinistra in breve arriviamo in un'ampia conca verde, sempre su sentiero ben segnato risaliamo il ripido vallone fino alla bocchetta dell’Usciolo 2037 m. Per la salita alla Cima Ravinella si può seguire il sentiero che sale ripidamente sulla destra, oppure come abbiamo fatto noi, proseguire verso sinistra su sporadiche tracce, per poi piegaree decisamente a destra e con percorso libero raggiungere l’erbosa cresta, da qui in breve a sinistra si arriva facilmente alla croce 2117 m. Ritornati alla bocchetta, scendiamo il versante, opposto rispetto alla salita, raggiungendo l'idilliaca conca dove è adagiato il Lago di Ravinella, una perla incastonata in mezzo alle montagne, dall'acqua limpidissima 1974 m. Alla fine del lago la vista spazia sull'alta Val d'Ossola con i suoi paesi. Per il ritorno, ripercorriamo il medesimo itinerario fatto all'andata.
Ritornati a Campello Monti, consigliamo una visita al piccolo laboratorio di Marlies Scholz, che ha scelto di lasciare Lubecca e la Germania per vivere nell’ultimo paese della Val Strona. Con il suo grande  telaio produce coperte, cuscini e tessuti di tutti i generi che poi rivende (www.tessitura-a-mano-scholz.it).
Malati di Montagna: Deborah, Danilo, Pg, Silvio e l'Homo Selvadego

la bellezza della Val Strona


un angolo di pace


alpe Cunetta 1810 m


il sentiero a volte scompare nell'erba alta


durante la salita incontriamo un pastore
e dall'alto vediamo il suo gregge


verso la bocchetta


dalla Bocchetta dell'Usciolo 2037 m


Cima Ravinella 2117 m


Lago Ravinella


la discesa






domenica 21 giugno 2015

Alpe Vallescia e il sentiero delle capre

Il silenzio accompagna ogni nostro passo, attraverso fitti boschi, 
coloratissime praterie alpine e imponenti montagne.

È un escursione ad anello in ambiente aperto e soleggiato, con splendide vedute sulle montagne circostanti, dal “trittico del Sempione” (Weissmies,. Lagginhorn, Fletschhorn), alle principali cime della Val Divedro, con il Cistella e il Diei in bella mostra. Gli storici raccontano che da queste parti passava l'antica strada romana che valicava le alpi, sicuramente anche i viaggiatori di allora rimanevano incantati da questi luoghi meravigliosi.

Percorriamo l'autostrada A26 fino a Domodossola, per poi continuare sulla SS33 del Sempione. Oltrepassata la lunga galleria di San Giovanni in pochi minuti arriviamo a Varzo (il suo nome deriva dal celtico "vargo" che significa allargamento della valle). Seguendo le indicazioni per gli impianti sciistici di Ciamporino, risaliamo la Val Cairasca verso San Domenico. Raggiunto il bivio per Trasquera svoltiamo a sinistra e superato il ponte, saliamo fino alla splendida chiesa Parrocchiale di Trasquera, dedicata ai SS. Gervasio e Protasio (XVI sec.). Passiamo all'interno del paese e oltrepassato il municipio, seguiamo le indicazioni per Bugliaga.La strada risulta in alcuni tratti stretta, ma perfettamente percorribile, superato l'impressionante Ponte del Diavolo, in breve arriviamo nella piazzetta adiacente alla chiesa di Bugliaga 1314 m dove parcheggiamo (fontana).  
Seguendo le indicazioni sulla palina segnavia ci incamminiamo lungo la stradina asfaltata e giunti a un bivio continuiamo verso destra. Poco più avanti la strada asfalta diventa sterrata e in pochi minuti arriviamo all'antica torre di osservazione, adibita ora ad abitazione civile. Seguendo le indicazioni continuiamo sulla stradina che diventa erbosa, oltrepassate le ultime baite svoltiamo a sinistra raggiungendo una fontana. Dopo qualche minuto poco prima di un bel crocifisso, abbandoniamo la sterrata e seguiamo un'ampia traccia sulla destra che ripidamente sale raggiungendo in pochi minuti una palina segnavia. Lasciato il sentiero a destra per il Passo delle Possete che utilizzeremo al ritorno, attraversiamo il torrentello per poi iniziare a guadagnare quota rapidamente su un ampio sentiero all'interno di un bosco. Ad un tornante, un cartello su un albero ci indica il sentiero F42 per l'Alpe Camoscella e  l'Alpe Vallescia F42. Dopo un primo tratto dove bisogna aggirare qualche albero caduto, il sentiero prosegue senza particolari problemi fino ad uscire dal bosco nei pressi delle baite dell'Alpe Lavazza 1667 m. Costeggiate le baite sulla sinistra rientriamo nuovamente nel bosco e attraversata una pietraia, proseguiamo con un lunga diagonale a mezza costa in un meraviglioso sottobosco.
Altri tornanti e raggiungiamo una selletta con una palina segnavia, poco prima su un sasso a destra è indicata la direzione (?) per l'alpe Camoscella. Perdiamo leggermente quota verso destra e poco dopo tralasciato a sinistra il sentiero che scende a Iselle, proseguiamo in leggera salita attraversando alcuni torrentelli, oltre i quali riprendiamo a salire verso una fascia rocciosa. La superiamo agevolmente, grazie a scale e muretti in pietra, materiale che sicuramente non manca lì attorno. Sbuchiamo finalmente sul pianoro sovrastante e attraversato a destra un tratto su ganda arriviamo sul dosso in prossimità di alcuni grandi omini in pietra, da qui appaiono le baite dell'alpe Vallescia 2063 m adagiate in una bucolica valletta. Lo scenario davanti a noi è maestoso, di fronte il trittico del Sempione, Weissmies-Fletschhorn-Lagginhorn, appena sotto la Zwiscberghen che da Gondo penetra fino all’omonimo passo, a sud la piana di Domodossola e poco oltre le cime della val Bognanco! Proseguiamo ancora per pochi minuti fino a raggiungere il cippo di confine, che si trova sul sentiero oltrepassando l'ultima baita, rientrati all'alpe ci fermiamo qualche minuto riparandoci dal forte vento gelido, per fortuna che oggi dovrebbe iniziare l'estate!
Per il proseguo dell'escursione risaliamo verso destra i prati sovrastanti l'alpeggio, in direzione dei due grandi omini, oltre i quali proseguiamo sull'evidente sentiero che con una lunga diagonale, taglia tutto il fianco della montagna. Dopo aver perso leggermente quota, arriviamo alle baite dell'alpe Camoscella 2111 m, dalla palina segnavia posta più a monte, seguiamo le indicazioni per l'alpe Pianezzoni (F32). Il sentiero si inoltra per un breve tratto nel vallone, per poi iniziare a guadagnare quota in maniera costante verso destra. Arrivati in prossimità di un piccolo rudere, probabilmente usato come riparo, proseguiamo seguendo i segnavia bianco/rossi in leggera salita raggiungendo una piccola croce. Oltre al bellissimo panorama che si può ammirare da quassù, sulla sinistra vediamo l'evidente sella del Passo dei Gialit. Dalla croce il sentiero perde leggermente quota sulla sinistra, per poi salire ripidamente fino a raggiungere il passo 2225 m. Dalla palina segnavia seguiamo l'indicazione a destra per il Passo Possette/Bugliaga e dopo un breve tratto in salita, proseguiamo sull'ampia cresta senza particolari problemi. Al termine del crinale, guardando in giù, appare evidente il Passo delle Possette, che raggiungiamo con una ripida discesa 2179 m. Prima di proseguire verso Bugliaga consigliamo di seguire per un breve tratto il sentiero a sinistra raggiungendo la successiva palina segnavia, dalla quale si ha un bellissimo colpo d'occhio sul M. Leone e sul Cistella.
Ritornati al bivio precedente Iniziamo a scendere seguendo l'indicazione per Bugliaga (GTA), dopo un primo tratto ripido su terreno instabile, il sentiero prosegue più tranquillamente, alternando tratti nel bosco a tratti tra i verdi prati degli innumerevoli alpeggi che si susseguono durante la discesa. Arrivati a un bivio continuiamo a seguire il sentiero a sinistra, contrassegnato dai segnavia bianco/rossi, tralasciando la traccia che scende, arrivando poco dopo all'alpe Ciampalbino 1920 m. Dal cartello con indicato il nome dell'alpeggio proseguiamo sulla labile traccia verso sinistra, per poi scendere fino a raggiungere l'ultima baita, da qui riprendiamo a seguire l'evidente sentiero. Arrivati all'alpe Ciusur 1860 m, con una bella baita perfettamente ristrutturata rispettando l'ambiente circostante, continuiamo la discesa oltrepassando in successione l'alpe Orzalina 1693 m e l'alpe Casalavera 1549 m, per poi arrivare al bivio incontrato durante la salita, da qui ripercorriamo il medesimo itinerario fatto al mattino.
Malati di Montagna: Luisa, Franco, Silvio, Pg, Danilo e l'Homo Selvadego

antica torre d'osservazione a Bugliaga
alle spalle il Seehorn


cartoline dall'alpe Vallescia 2063 m





Fletschhorn 3993 m


dall'alpe Camoscella 2111 m


croce poco prima del Passo dei Gialit


arrivo al Passo dei Gialit 2225 m


dal passo l'alpe Pianezzoni in basso sulla sinistra


dal Passo delle Possette 2179 m


Alpe Ciampalbino 1920 m
scendendo dal Passo delle Possette


Gino Manna l'ultimo abitante di Cima Campi (Bugliaga), non lontano dal confine svizzero. Nato il 6 agosto 1926 morto il 23 ottobre 2006. Di professione contadino, scapolo, un montanaro originale ancora di vecchio stile.




Questa e altre bellissime escursioni le trovate nella nuova guida scritta dall'amica Marina Morandin, gestore con il marito Enrico del Rifugio Crosta all'alpe Solcio

martedì 16 giugno 2015

Addio a Gianfry, eremita della Val Grande...

"Usa l'acqua delle sorgenti e le ceneri dei fuochi per lavarsi e pulire. Va scalzo, sempre, su qualunque superficie, con qualsiasi clima, per recuperare il contatto diretto con la terra". Si apre così, parlando di Gianfry, l'articolo dedicato dalla rivista "National Geographic Italia" al Parco Nazionale Val Grande. Le cinque pagine con cui la prestigiosa testata scientifica nel numero di gennaio 2009 fa conoscere ai propri lettori l'area wilderness più vasta delle Alpi parlano di Gianfry, l'unico vero abitante della selvaggia Val Grande.


È morto a 59 anni tra le sue amate montagne l'eremita della Valgrande. Si chiamava Gianfranco Bonaldo, ma tutti lo conoscevano semplicemente come Gianfry. Anche il cognome infatti suona come un orpello inutile quando si sceglie di vivere a piedi nudi nella natura selvaggia e incontaminata della Valgrande, a due passi da una civiltà che però ormai da lui era lontanissima.

domenica 7 giugno 2015

Alla Grassi, passando per il Foppabona

"I verdi balzi e i pascoli ridenti,
reduce pellegrino, ho riveduto;
ai ghiacciai eterni, ai fiumi ed ai torrenti
ho ridato dal cuore il mio saluto"
Enrico Panzacchi

Seguiamo la statale 36 del Lago di Como e dello Spluga e, arrivati in prossimità del ponte sull'Adda, a Lecco, usciamo a destra seguendo la nuova SS36 dir che sale in Valsassina. Alla rotonda, dopo l'ultima galleria, svoltiamo a destra continuando diritti sulla provinciale 62 (Introbio/Taceno/Barzio). Giunti al Colle del Balisio tralasciamo la prima deviazione a destra per Barzio e proseguiamo ancora per circa 2 km fino a trovare la seconda deviazione, che ci conduce a Barzio. All'inizio del paese seguiamo a sinistra Via Milano (centro) e proseguiamo fino ad una rotonda dove giriamo nuovamente a sinistra, da qui in poi basta seguire i cartelli marroni con la scritta funivia, lasciamo l'auto nel grande parcheggio a pagamento (3 euro tutto il giorno). Sfruttando l'impianto (7 euro solo andata) saliamo in pochi istanti ai Piani di Bobbio 1640 m, evitando così gli 800 m circa di dislivello. Seguiamo a sinistra la stradina con il fondo in cemento, raggiungendo in breve la statua raffigurante Paolo VI, sul lato opposto una palina segnavia indica le possibili mete che si possono raggiungere (rif. Grassi/rif. Buzzoni sent. 101 - Anello dei Campelli). Tralasciata una prima deviazione a destra per il rif. Ratti e una seconda per il rif. Sora, arrivati ad un incrocio proseguiamo a sinistra seguendo la sterrata in falsopiano verso la Valtorta. Dopo qualche minuto seguiamo a sinistra il sentiero indicato da una palina segnavia, posta accanto a un pannello didattico del Sentiero delle Orobie Occidentali (Passo Gandazzo/Passo del Toro/rifugio Grassi - 101). In leggera salita attraversiamo i prati e raggiunta una ulteriore palina segnavia pieghiamo a sinistra entrando nel bosco. Il sentiero prosegue con vari saliscendi, per poi uscire dal bosco al Passo del Cedrino 1661 m, dopo aver costeggiata a sinistra una bellissima fioritura di Botton d'oro (Trollius europaeus), rientriamo nuovamente nel bosco. Oltrepassata una vecchia frana, alzando lo sguardo possiamo già intravedere il percorso che dovremmo affrontare per salire al Passo del Toro. In breve, usciti definitivamente dal bosco, raggiungiamo il Passo del Gandazzo 1651 m. e, tralasciato il sentiero a sinistra per il rifugio Buzzoni all'alpe Motta che utilizzeremo poi al ritorno, dalla palina segnavia continuiamo a seguire il sentiero 101. Questo è il tratto più faticoso dell'intero percorso, che con una ripida salita a tornanti stretti e tratti su roccia, ci conduce alla sommità dello Zucco del Corvo e del vicino Passo del Toro. Dopo una prima parte dove guadagniamo quota ripidamente, con un traverso arriviamo nei pressi di una sorgente dove ci fermiamo per dissetarci. Riprendiamo nuovamente a salire e in pochi minuti arriviamo al Passo del Toro 1980 m, splendido punto d'osservazione verso il Pizzo. Scendiamo per una stretta cengia rocciosa alquanto esposta sul versante orientale, alcune catene facilitano il passaggio in caso di ghiaccio o neve. Dopo un'ulteriore, ma breve salita, abbandonato il sentiero, iniziamo a seguire sulla sinistra alcune labili tracce che risalgono l'erboso crinale spartiacque. Oltrepassata una prima cimetta, perdiamo leggermente quota, per poi risalire fino alla cima del Monte Foppabona 2082 m, vasto il panorama sulla Valssasina, le Grigne e il Pizzo dei Tre Signori. Scendiamo lungo il crinale opposto da dove siamo saliti incrociando nuovamente il sentiero che avevamo abbandonato. Proseguiamo per un tratto a mezza costa, portandoci sul versante della Valsassina, fino a raggiungere la Bocchetta di Foppabona 1964 m, poca sopra l'omonima casera. Lasciato a sinistra il sentiero 27, proveniente da Introbio, iniziamo a scendere a destra sul versante della Valtorta. Costeggiato a sinistra lo Zuc di Cam e lo Zuc di Valbona, con un'ultima breve salita arriviamo all'ingresso della Conca di Camisolo. Dopo un lungo traverso tra i rododendri raggiungiamo finalmente il rifugio Grassi 1987 m, consigliamo una sosta per assaporare le delizie che offre il rifugio e non solo… Per il rientro seguiamo il medesimo itinerario fatto all'andata fino al Passo del Gandazzo, con l'unica variante del tratto attrezzato con catene che sale sulla sommità dello Zucco del Corvo per poi scendere nuovamente al Passo del Toro, questo percorso di solito è utilizzato nel caso che il passo fosse innevato. Dal passo del Gandazzo seguiamo a destra il sentiero 19-25 che scende verso il rifugio Buzzoni. Oltrepassato il rifugio, continuiamo a perdere quota all'interno del bosco, attraversato un torrente saliamo fino a raggiungere l'ampio crinale che percorriamo per un breve tratto fino a raggiungere una palina segnavia. Tralasciamo il sentiero 25 che prosegue diritto verso Introbio e svoltando a sinistra iniziamo a perdere quota ripidamente con lunghi tornanti all'interno di un fiabesco bosco di faggi. Attraversato un torrente, proseguiamo fino a raggiungere la baita Piancagianni 983 m, ormai ridotta a un rudere, oltre la quale in breve raggiungiamo una palina segnavia. Continuiamo a sinistra, percorrendo il tratto successivo con attenzione, il sentiero corre lungo una stretta cengia, per agevolare il passaggio sono state posizionate alcune catene e dei tronchi nei punti in cui il sentiero è disagevole. Guadato il torrente proseguiamo per alcuni minuti in falsopiano per poi scendere nuovamente verso una profonda e buia gola, scavata dal torrente Acquaduro, un tratto scalinato con alcune catene ne facilitano la discesa. Raggiunto il torrente con gradita sorpresa notiamo che a posto del vecchio e precario ponticello formato da vecchi tronchi, ne è stato realizzato uno nuovo, più solido e sicuro. Sul lato opposto alcune catene aiutano a superare un breve tratto ripido su terreno instabile e umido, alla fine del quale il sentiero prosegue più agevolmente fino ai prati dove sorgono le baite di Nava 918 m. Continuiamo ora su una bella stradina sterrata e raggiunta una palina segnavia, tralasciamo a destra il sentiero 14 che scende a Introbio e proseguendo in leggera salita raggiungiamo l’agriturismo “Al Pascolo”,  oltre il quale in pochi minuti arriviamo a un bivio nei pressi di una cappella  con un affresco raffigurante la Sacra Famiglia e una fontana. Continuiamo a scendere seguendo la stradina fino a raggiungere il parcheggio dove avevamo lasciato l'auto al mattino.
Malati di Montagna: Deborah, Pg, Danilo e l'Homo Selvadego

Botton d'oro (Trollius europaeus)


...senza parole...


tratto in salita dal Passo Gandazzo


uno sguardo verso la Valtorta


Passo del Toro



Dal Monte Foppabona 2082 m 
uno sguardo verso il rifugio Grassi


Rifugio Grassi 1987 m
Considerato il più occidentale tra i rifugi delle Orobie, a pochi passi dal passo del Camisolo, è posto tappa del Sentiero delle Orobie Occidentali.
Inaugurato il 31 luglio 1921, in ricordo dei soci SEL caduti durante la Grande Guerra. Venne poi distrutto il 19 ottobre 1944, durante un rastrellamento tedesco, la Grassi fu subito ricostruita e da allora la struttura è rimasta pressoché identica. 
Gli alpeggi attorno al rifugio sono noti per la produzione del “Formai de Mut” (formaggio di monte), mentre un tempo la zona era conosciuta solamente per la sua intensa attività estrattiva. Per anni il materiale ferroso veniva impiegato per la produzione di chiodi nelle numerose fucine presenti in Val Brembana. A testimonianza di quella dura attività rimangono oggi solamente le discariche delle miniere. 



rifugio Buzzoni


Variante al Passo del Toro



Realizzata da Stefano Torriani per Comunità Montana Valle Brembana



martedì 2 giugno 2015

Al Todum salendo dalla Motta d'Aurelio

Ceneri della fatica a guisa di sedime fecondo che si posò sulla superficie della condizione umana come su di un terreno arato, e insieme raffiguranti la memoria storica da custodire, da esaminare, da interpretare, affinché ci aiuti a scegliere i percorsi, ci faciliti il cammino sopra questa terra nel corso delle rispettive vite, nell'intento di individuare e di perseguire gli scopi della più accettabile natura umana. 
Nino Chiovini
(partigiano, scrittore e storico italiano, studioso della Resistenza 
e della cultura contadina di montagna)

Dall'autostrada A26 usciti a Baveno/Stresa, proseguiamo seguendo le indicazioni per Verbania. Attraversato il ponte sul fiume Toce, alla rotonda svoltiamo a destra e subito dopo a sinistra seguendo le indicazioni per Trobaso/Miazzina/Parco Nazionale della Val Grande. Arrivati a Bieno proseguiamo fino alla rotonda di Trobaso, per poi svoltare a sinistra seguendo le indicazioni per Cambiasca/Miazzina. Dopo circa 7 km arrivati a Miazzina, superata Piazza Luigi Secchi, svoltiamo a sinistra in Via Roma, verso il Municipio. Oltrepassato un grande lavatoio sulla destra, dal quale poi faremo ritorno, arrivati alle ultime abitazioni (grande parcheggio sulla destra, dove eventualmente potremmo lasciare la macchina), proseguiamo in salita lungo una stretta stradina. Al primo tornante, possiamo vedere sulla sinistra l'inizio del sentiero (cartello con l'indicazione per Rugno), parcheggiamo l'auto subito dopo sul lato destro (posti limitati).
Iniziamo a seguire il sentiero per l'alpe Rugno che si inoltra nel bosco, dopo un breve tratto pianeggiante, iniziamo a scendere nella forra della valle, profondamente scavata dall'azione millenaria delle acque. Un ponticello permette di superare il rio Aurelio e con regolari tornanti di risalire raggiungendo un bivio. Svoltiamo a destra seguendo l'indicazione per l'alpe Aurelio (proseguendo diritti arriveremmo a Runchio), poco più avanti incontriamo i primi cartelli in legno della gara podistica di corsa in montagna “Chilometro Verticale”, che ci accompagneranno fino al M. Todum. Continuiamo a salire a destra lungo il fianco della Motta d'Aurelio, seguendo il segnavia bianco-rosso. Dopo un pannello didattico dedicato alla "Conca d'Aurelio" raggiungiamo  la Chepèle d'Midi (la Cappella di Emidio) datata 1873. Il sentiero prosegue guadagnando dolcemente quota tra i prati inselvatichiti e il bosco di betulle, arrivando al primo nucleo di baite dell’Alpe Aurelio (Vrèi nel dialetto locale) 934 m, ristrutturate rispettando la tradizione architettonica locale. Continuando a salire verso sinistra, passiamo a lato di un secondo nucleo di baite, il sentiero incassato nel terreno sale tra felci e cespugli di erica, fino a raggiungere la cappella di Corte Nicolini. Pieghiamo a destra rientrando nuovamente nel bosco e dopo aver perso leggermente quota, superando una minuscola valletta, saliamo raggiungendo Curt dul Bò, dove sul tetto di una delle baite possiamo osservare uno strano camino. Dopo un'altra salita arriviamo a una sella erbosa, proseguiamo ora verso destra iniziando a risalire l'ampia dorsale. Poco dopo tralasciamo a destra il sentiero per la Colletta/Miazzina, iniziamo a guadagnare quota sempre più ripidamente fino a raggiungere un ulteriore bivio. Dalla palina segnavia continuiamo a seguire le indicazioni del "km verticale", mentre proseguendo diritti si può arrivare alla Cappella Fina. Dopo un tratto a mezza costa, riprendiamo a salire percorrendo alcuni lunghi tornanti fino a raggiungere una palina segnavia. Tralasciamo momentaneamente il sentiero a destra per l'alpe Cavallotti e il Pizzo Pernice e salendo verso sinistra in breve raggiungiamo il Monte Todum 1298 m, che è anche l'arrivo della gara podistica che si correrà la domenica successiva. Ridiscesi alla palina segnavia, seguiamo il sentiero per il Pizzo Pernice. Con alcuni saliscendi proseguiamo seguendo la cresta, fino ad arrivare alla base della salita per la Testa di Cremisello ed il Pizzo Pernice, una panchina ci invita a fermarci per poter ammirare il panorama verso la Val Pogallo e il sottostante paese di Cicogna, considerata la "piccola capitale" del Parco. Abbandonato il percorso principale, seguiamo il sentiero a destra non segnalato, ma sempre ben evidente. Oltrepassato un breve tratto roccioso con l'ausilio di alcune catene, continuiamo in falsopiano arrivando a un crocevia di sentieri, con una particolare palina segnavia che ricorda un tornello (fisso, non girevole e le braccia/frecce indicano le diverse direzioni). Seguiamo a destra le indicazioni per l'alpe Cavallotti, che raggiungiamo in pochi minuti con un lungo traverso. Dissetati alla fresca fontanella, scendiamo a destra lungo una stradina sterrata raggiungendo la recinzione di alcune abitazioni. Svoltiamo a sinistra proseguendo a lato della recinzione, oltrepassato l'ingresso principale continuiamo diritti fino al termine della recinzione. Scendiamo ripidamente seguendo l'ampio sentiero fino a raggiungere la Cappella Fina (fontana). Il sentiero termina all'inizio di una pista forestale, seguendo le indicazioni per la Motta d'Aurelio, proseguiamo lungo la pista forestale per pochi minuti fino a imboccare il sentiero a sinistra non segnalato che scende con diversi tornanti all'interno di un bel bosco (a destra sentiero per l'alpe Cavallotti). Incrociata una pista tagliafuoco (panchina sulla sinistra), la attraversiamo per poi continuare diritti in mezzo ai prati inselvatichiti. Raggiunta una recinzione la costeggiamo sulla sinistra, per poi scendere fra l'erba alta fino alle baite di Corte di Butina. Passiamo in mezzo alle baite e lasciata a sinistra la strada sterrata, continuiamo verso una depressione nel terreno, alla sinistra della quale ritroviamo il sentiero. Varcato il cancelletto in legno (si prega di richiuderlo), iniziamo a scendere moderatamente nel bosco, il sentiero è sempre ben visibile, probabilmente univa Miazzina a Corte di Butina prima della realizzazione della strada sterrata. Costeggiate alcune baite ormai ridotte a ruderi, in breve sbuchiamo sui prati in prossimità delle prime case di Miazzina.
Raggiunta la strada asfalta, la seguiamo per un breve tratto verso destra fino al tornante, da qui seguiamo il sentiero che scende tra le abitazioni. Attraversata un'ulteriore strada, raggiungiamo in pochi minuti il lavatoio, ripercorrendo ora il tratto di strada fatto al mattino ritorniamo all'auto.
Come alternativa, dalla Cappella Fina, seguendo la pista forestale per la Motta d'Aurelio, anzichè deviare subito a sinistra si può continuare in leggera salita e deviare a sinistra più avanti (le indicazioni, come il sentiero, non sono molto evidenti) oppure proseguire fino a raggiungere il sentiero seguito il mattino per il monte Todum.
Malati di Montagna: Silvio, Pg, Danilo, Deborah e Fabio

Verso l'alpe Rugno


Alpe Aurelio 934 m


Curt dul Bò


Salendo il "Kilometro verticale"...!!!


il Todum 1298 m


uno sguardo verso la Val Grande