Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

domenica 10 maggio 2015

Monte Ventolaro...vento d'estate...

Escursione appagante sotto ogni punto di vista, oltre allo splendido colpo d'occhio sul massiccio del Rosa, si attraversano suggestive faggete e alpeggi, in parte abitati ancora oggi. La mulattiera è ancora ben presente fino alla Bocchetta di Scotto, poi si segue il crinale su sentiero a volte disagevole, dove bisogna prestare un minimo d'attenzione. Per il rientro dall'alpe Piana di Biagio seguiamo a sinistra il sentiero 26c, raggiungendo la frazione Muro, da dove rientriamo a Scopa.

Da Varallo seguiamo la provinciale verso Alagna e una volta arrivati a Scopa, lasciamo l'auto nell'ampio parcheggio a sinistra, vicino al comune (620 m).
Ripercorriamo sul lato opposto per qualche metro la strada asfalta, arrivando all'inizio del sentiero, dove troviamo oltre al segnavia 26, un pannello dedicato ai "Sentieri dell'Arte in Valsesia", sul quale viene descritto l'itinerario che da Scopa arriva a Murro e che noi percorreremo, per un tratto all'andata, per poi chiudere l'anello al ritorno. Lasciate alle nostre spalle le ultime abitazioni, la mulattiera entra nel bosco e dopo un tratto a mezza costa, iniziamo a guadagnare quota con alcuni tornanti arrivando all'Alpe Pian del Sasso 935 m. Oltrepassata la caratteristica cappella a forma cilindrica, proseguiamo sull'evidente sentiero, incontriamo in sequenza gli alpeggi Ca' di Cappello 965 m, Ca' del Vaga 982 m e Ca' d'Elena (o del Frè) 994 m. In questo tratto, purtroppo una recente strada sterrata interrompe il sentiero, ma fortunatamente solo per poche decine di metri, seguire con attenzione i segnavia bianco/rossi sempre presenti. Con un ultimo strappo arriviamo all'alpe Piana di Biagio 1030 m, dove sulla destra possiamo osservare due bellissime baite recentemente ristrutturate. Costeggiando la staccionata in legno che delimita la radura, dove sono collocate le due baite, raggiungiamo un bivio, seguiamo a sinistra il segnavia 26, tralasciando il 26c che percorreremo al ritorno. Iniziamo a salire all'interno di un bel bosco misto di faggi e betulle, fino a raggiungere una baita che lasciamo sulla destra. Raggiunta nuovamente la sterrata la seguiamo in piano per poche decine di metri verso sinistra, per poi riprendere a salire seguendo il sentiero a destra che rientra nel bosco. Con moderata pendenza guadagniamo quota velocemente pervenendo all'alpe Ticcarello 1327 m e, poco più avanti, al limitare del bosco passiamo accanto all'alpe Giavine 1410 m, una casera che ha avuto senz'altro un passato migliore… Il sentiero ora risale i pascoli alti, con ampie vedute; facendo attenzione dalla parte opposta del vallone si può vedere la "parete forata", una curiosa apertura fra le rocce che sembra il buco di una vecchia serratura, chissà come deve essere la chiave...!!! Passati a pochi metri sotto l'alpe Scotto, abbandoniamo il sentiero che continua verso l'alpe Casere e volgendo nettamente a destra raggiungiamo l'alpeggio con una bella baita ristruttura 1481 m. Proseguiamo a salire dietro agli edifici e in breve arriviamo alla Bocchetta di Scotto 1509 m (crocevia di sentieri), siamo sulla cresta che divide la Val Grande dalla Val Sermenza e più precisamente dalla Val Chiappa. Dopo una breve pausa iniziamo a salire seguendo l'indicazione del cartello segnavia, sull'unico albero presente. Percorriamo in leggera salita l'ampio crinale erboso e passati a monte dell'alpe Casere in pochi minuti arriviamo al Colmetto 1665 m. Inizia ora la parte più faticosa del percorso verso la cima, ma anche la più divertente e spettacolare dal punto di vista panoramico. La cresta si assottiglia, diventa più ripida e arrivati nell'unico breve tratto pianeggiante possiamo vedere davanti a noi il crinale che dobbiamo percorrere. Dopo qualche saliscendi raggiungiamo la località Partús, un cartello indica che, a sinistra, lungo il crinale che scende alla Testa di Frasso, si raggiunge la "Montagna Bucata", il foro che vedevamo poco oltre all'alpe Giavine. Piegando a destra saliamo alla prima delle tre elevazioni del Monte Ventolaro, la visuale è magnifica e spazia verso la gran parte delle vette valsesiane, con in primo piano il massiccio del Monte Rosa. Oltrepassata anche la seconda cima in breve arriviamo a un grosso masso con una targa che indica la vetta principale 1835 m. Firmato il libro di vetta che si trova in una custodia sotto al masso, iniziamo a scendere ripercorrendo il medesimo itinerario fino al bivio incontrato al mattino all'alpe Piana di Biagio. Seguiamo a sinistra l'ampio sentiero (26c) e dopo una breve salita arriviamo all'oratorio di Santa Maria Maddalena, all'alpe Gallina 1030 m. Attraversiamo i prati e giunti a Casa Bertotto (o Porte Verdi), veniamo gentilmente invitati a fermarci per bere un bicchiere di vino.
Purtroppo il tempo quando si è in buona compagnia passa velocemente e noi dobbiamo ancora percorrere un lungo tratto in discesa. Dal cartello a valle delle baite scendiamo e attraversato un breve tratto nel bosco, sbuchiamo sui prati antistanti una bella baita ristrutturata. Seguiamo ora la strada sterrata e dopo pochi metri svoltiamo a sinistra, proseguendo in falsopiano fino a raggiungere le ultime baite, da dove inizia il sentiero. Ci meravigliamo, al termine della discesa, come un percorso descritto nei "Sentieri dell'Arte" sia così scarsamente segnalato. Comunque con un minimo d'attenzione, iniziamo a scendere seguendo i bolli rossi e i rari cartelli. Superata una cascatella proseguiamo fino all’alpe Pianaccia 832 m e alla vicina Cappella dedicata alla Sacra Famiglia. Il sentiero diventa più agevole e successivamente arriviamo a Muro, frazione di Scopa. Oltrepassata la fontana, attraversiamo il borgo verso destra fino a incrociare la strada asfalta, che seguiamo in piano per circa 700 m, fino a raggiungere il parcheggio dove avevamo lasciato l'auto.
Malati di Montagna: Danilo e l'Homo Selvadego

L'alpe Pian del Sasso 935 m, apparteneva ad uno dei casati più antichi e diffusi di Scopa: i Pianaccia (poi Pianazzi). Qui troviamo una cappella anomala per la sua struttura cilindrica, nella cui parete di fondo è ancora conservato l'affresco della Madonna col Bambino, raffigurato con una collana di corallo rosso terminante a ciondolo, un soggeto iconografico ampiamente diffuso negli affreschi del Quattro e Cinquecento presenti in valle.



Monte Ventolaro 1835 m
solo una piccola targa che ci informa che siamo arrivati...ma...


...basta guardarsi intorno per capire come la montagna possa ogni volta sorprenderci!




chi non vorrebbe fare un riposino in un contesto del genere?


...ti vedevo sorridere sotto ai tuoi baffoni...mandi


dalla Bocchetta di Scotto 1509 m
la prima parte di cresta che conduce al Colmetto 1665 m


ultime neve di stagione lungo la cresta


ecco apparire il Rosa...!!!


Oratorio di Santa Maria Maddalena
all'alpe Gallina 1030 m
Si tratta di una dei più antichi oratori di Scopa. L'edificio, a pianta poligonale, ha come modello di riferimento il Sacro Monte di Varallo, con la sua straordinaria varietà di cappelle. I capimastri valsesiani che ebbero occasione di lavorare al Sacro Monte si impadronirono delle tecniche di costruzione e le applicarono sul proprio territorio. La facciata, insolitamente prima di finestre, presenta un bel portale decorato sormontato da un affresco raffigurante un episodio della vita della Santa, invocata nei periodi di siccità. La costruzione dell'oratorio (nell'abside si legge la data 1688) avvenne con il contributo dei benefattori di Frascati, come ricorda l'iscrizione che compare in facciata.


Cappella di posa della Sacra Famiglia
all'alpe Pianaccia 832 m
L'Alpe attualmente è costituita dai ruderi di una grande baita, ma conserva ancora una cappella già segnalata sulla Grande Carta della Valsesia del 1759. La sua architettura è singolar: infatti si presenta quasi come un ricovero per i viandanti, in quanto all'interno della parete di sinistra come all'esterno, sul davanti, corre un gradone che poteva fungere da panca.




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