Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Le montagne sono di tutti, ma non sono per tutti: sono per chi le ama e le rispetta, per chi vuole viverle e conoscerle, per chi non prevarica con il proprio io la loro esistenza e armonia.
Mario Rigoni Stern

venerdì 1 maggio 2015

Monte Menegosa, Monte Lama, alla testata della Val d’Arda

I monti Menegosa e Lama sono due cime rocciose che chiudono verso sud la Valle d'Arda, i due corsi d'acqua che si originano dalle pendici delle due vette formano poco più a valle il torrente Arda. Il M. Lama è costituito da diaspri, rocce durissime a forte componente silicea di colore rosso fegato, mentre il M. Menegosa è composto prevalentemente da frammenti rocciosi di natura ofiolitica e calcarea, l’erosione degli agenti atmosferici ha conferito a questa montagna un aspetto caratteristico, formato da pinnacoli e guglie di pietra dalle forme più strane.

Da Milano seguiamo l'autostrada A1 e usciti a Fiorenzuola d'Arda, continuiamo sulla SP4 della Val d'Arda fino a Lugagnano. Qui imbocchiamo la SP21 in direzione Morfasso, poi seguiamo le indicazioni per Teruzzi percorrendo la SP15. Raggiunto Teruzzi, il paese più alto della Val d'Arda, lasciamo l'auto nel parcheggio sterrato a lato del cimitero 1004 m.
Ripercorriamo per pochi metri la strada asfaltata da dove siamo arrivati, per poi svoltare a destra seguendo una stradina in leggera salita (Oratorio/Ca' Tognella). In breve raggiungiamo l'oratorio in sasso dedicato a S. Anna, oltre il quale la stradina diventa sterrata. Proseguiamo in leggera salita seguendo il segnavia 905 e i segni di vernice bianco/rossi.
Tralasciata una stradina a destra, dopo qualche minuto la salita diventa più sostenuta, usciti per un breve tratto dal bosco arriviamo nei pressi di un poggio panoramico. Rientrati nel bosco proseguiamo fino a raggiungere un'ampia radura. Abbandonata la pista forestale ci dirigiamo verso un grande cippo che ricorda la formazione della Brigata Partigiana Val d'Arda. Il sentiero prosegue in salita alle spalle del cippo e dopo aver attraversato un tratto di bosco con parecchi alberi caduti raggiungiamo la croce del M. Lama 1345 m.
La cima ha una forma pianeggiante e anche se la giornata è nuvolosa ci sorprende il panorama che su apre sulle vallate di Ceno e Arda, con una prospettiva particolarmente interessante sullo spoglio versante meridionale del M. Menegosa, nostra prossima meta. Dalla croce ci dirigiamo verso destra, riprendendo il sentiero che si inoltra nuovamente nel bosco. Dopo un primo tratto ripido, proseguiamo di fianco ad una pietraia di diaspri frantumati color rosso fegato, fino a incrociare una stradina sterrata. Continuiamo a seguire il sentiero sul lato opposto, percorrendo un lungo tratto in falsopiano su terreno spesso fangoso, a fine giornata i nostri scarponi saranno messi a dura prova! Raggiunta la Costa della Strinata, tralasciamo a sinistra il sentiero "Via degli Abati" e continuiamo in discesa seguendo il segnavia 901. Arrivati al passo Menegosa 1220 m, crocevia di vari sentieri, tralasciamo a sinistra il sentiero 901 con il quale poi faremo ritorno e sulla destra il 903 che scende a Teruzzi. Iniziamo a salire seguendo il segnavia 903, il primo tratto di percorso per raggiungere la cima, si svolge su detriti e ghiaioni, oggi a complicare la nostra ascesa c'è anche un forte vento che ci costringe più di una volta a fermarci per rimanere in piedi.
Arrivati sulla cima più meridionale del gruppo 1311 m, scendiamo verso destra, proseguendo lungo un crinale sottile ma non pericoloso, oltre il quale riprendiamo la salita fino a raggiungere la cima di Menegosa 1365 m.  Un balcone naturale, dal quale è possibile spaziare con la vista su tutta l'Alta Val d'Arda e sulla limitrofa Val Nure.
Dopo un doverosa pausa, scendiamo sul versante opposto da dove siamo saliti, lungo ripidi tornanti su roccia viva e sui detriti crollati dalle pareti del rilievo, arrivati all'inizio del bosco, svoltiamo a sinistra continuando a perdere quota fino a raggiungere un bivio.
Tralasciamo il sentiero che scende verso Prato Barbieri/S. Franca e proseguiamo verso sinistra riprendendo il 901 per il P.sso Linguada/M. Lama. Con un lungo traverso in falsopiano e qualche saliscendi, ritorniamo al passo Menegosa.  Proseguiamo ora sul sentiero 903 che inizia a scendere al di là dello steccato con il filo spinato.
Arrivati a un bivio svoltiamo a sinistra e usciti dal bosco proseguiamo in una valletta dominata sulla sinistra da curiose formazioni rocciose, torrioni di pietra, guglie di roccia inclinate, pinnacoli di lave rapprese, a testimonianza delle antiche eruzioni sottomarine che formarono queste montagne, uno spettacolo particolarmente suggestivo. Il sentiero diventa sempre più ampio assumendo le caratteristiche di una strada sterrata, oltrepassato un sbarra che ne vieta l'accesso, scendiamo in pochi minuti al al piccolo nucleo di Longhi 1038 m. Seguiamo ora la stradina asfalta contrassegnata sempre dai segnavia bianco/rossi e oltrepassato il lavatoio arriviamo nuovamente al parcheggio dove avevamo lasciato l'auto.
Malati di Montagna: Silvio, Pg, Deborah e l'Homo Selvadego

Monte Lama 1345 m


durante la salita al M. Menegosa 1345 m





in cima



si scende...




Figli di nessuno
"Figli di nessuno" cantavano gli uomini della Val d'Arda, e figli di nessuno erano davvero. I 15 giovani malvestiti e scalcagnati che la notte del 16 aprile 1944 avevano posto il loro quartiere sul Monte Lama erano diventati un esercito di oltre 300 unità, e non bastava più la pubblica carità ad armarli, nutrirli, vestirli. Gli alleati avrebbero potuto aiutarli, ma più di due miseri lanci, dal maggio 1944 all'aprile 1945, non poterono o non vollero effettuare. Si è anche vagheggiato di somme paracadutate: pura fantasia, almeno per quanto concerne la Val d'Arda. La prefettura della città non inviava neppure i sussidi di guerra e i viveri di prima necessità e di monopolio destinati ai civili. E allora? Allora ai poveri orfani non restavano che la via Emilia e i più ricchi paesi della pianura presidiati dai tedeschi e dalle milizie fasciste. La cattura e la requisizione erano gli unici mezzi per sopravvivere. Già la storia dei tempi andati aveva consacrato agli eserciti di ventura e di guerriglia il diritto di bottino- Questo diritto veniva a essere, oltreché un bisogno, un dovere: impedire al nemico l'asportazione i beni alimentari della ricca pianura padana.


cartina topografica



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