La Montagna è avventura, fatica, passione e amore; è la forza dell’uomo
che supera sé stesso confrontandosi con i propri limiti, fisici e mentali.
Alla Montagna non si può mentire, non si possono cercare scuse o
rimandare decisioni: dare il meglio di sé è d’obbligo.
La Montagna va ascoltata e rispettata, tra incertezza del risultato e
ricerca dell’impossibile.
la sagoma stilizzata dell’Uomo Orante della Valle Intrasca (simbolo del Parco Nazionale della Val Grande) |
Cappella Porta,
Rifugio Pian Cavallone, i Balmitt, Monte Todano, il Pizzo, la Trecciura, Alpe
Sunfaì, Steppio, Pechi, Fai, Cappella Porta: un percorso ad anello
attraverso un versante poco frequentato e conosciuto nella parte sud del Parco Nazionale
della Val Grande in cui sono ancora molto evidenti e leggibili le tracce della
storia. Il passare del tempo, gli eventi atmosferici e l’inesorabile abbandono
dei pascoli hanno riconsegnato questi luoghi alla solitudine cancellando quanto
l’uomo, a costo di enormi sacrifici, aveva creato per sopravvivere.
Hanno partecipato all’avventura: Elisa e Andrea, Chiara e
Roberto.
Lasciata l’auto nello spiazzo sterrato di Cappella Porta (1065
m; comune di Caprezzo, VB),
ci incamminiamo lungo il sentiero contrassegnato
dal segnavia n° 9 che conduce alla località Pian Trusello dove lasciamo, a
sinistra, la “tagliafuoco” che conduce a Cappella Fina (comune di Miazzina).
L’itinerario è uno dei sentieri natura del Parco Nazionale della Val Grande
denominato “All’ombra degli abeti”:
lungo il percorso si incontrano pannelli didattici che illustrano le varie
forme di vita che si sviluppano nella foresta.
Superati i ruderi dell’Alpe Cornala (1346 m),
salendo di
quota nell’ombrosa abetaia raggiungiamo la “sorgente del Bui”, che con le sue
fresche acque alimenta il Rifugio del Pian Cavallone. Siamo già fuori dal bosco e il panorama si apre davanti a noi ...
Superata la presa
dell’acqua, ci portiamo sulla dorsale dove incrociamo il sentiero che proviene
da Sunfaì e, svoltando a sinistra risaliamo gli ultimi metri che ci separano
dal Rifugio (1530 m).
Volgiamo a sinistra e raggiungiamo la cappella (1564 m) che
sorge sulla dorsale erbosa.
Il panorama è stupendo: a sud-ovest si staglia
inconfondibile la sagoma del Monviso, verso sud ci abbagliano i riflessi del
Lago Maggiore con il Mottarone e gli altri laghi varesini, a est riconosciamo le
Grigne, il Legnone e il monte Generoso, a ovest l’imponente mole del Monte Rosa
sovrasta i monti della Val Grande.
Foto panoramica di Chiara M. |
Risaliamo ora il ripido pendio che ci porta
alla cima de “i Balmitt” (1667 m) su cui spicca la grossa croce AVIS.
Il nostro cammino prosegue lungo il filo di cresta (al
limitare della poca neve rimasta sul versante nord) in direzione della evidente
vetta de “il Pizzo” (1644 m) passando per la sommità del Monte Todano (1624 m).
Cima Cugnacorta (1894 m), Pizzo Marona (2051 m), Monte Zeda (2156 m) |
Scareno, 694 m, frazione del comune di Aurano |
Dopo il meritato pranzo, un thè caldo adeguatamente corretto
e le foto di rito,
dal Pizzo scendiamo lungo lo scosceso pendio che ci porta a
raggiungere i ruderi delle baite di “la Trecciura” (1336 m)
e successivamente
l’Alpe Sunfaì (1320 m) e “la Piazza”.
Superata la roccia su cui è collocata la
sagoma stilizzata dell’Uomo Orante della Valle Intrasca (simbolo del Parco Nazionale
della Val Grande),
scendiamo in direzione di Gabbio: quando incontriamo la
strada asfaltata che sale da Intragna al tornante con fontana pieghiamo a
destra in corrispondenza di un piccolo oratorio immerso in una stupenda faggeta.
Questo tratto di percorso è privo di segnaletica e il sentiero a tratti non
risulta evidente per cui bisogna prestare particolare attenzione per
raggiungere le baite dell’Alpe Steppio (987 m).
Proseguiamo nel bosco controllando spesso il tracciato GPS
per non perdere la traccia e superiamo vari casolari sparsi (Alpe Pechi, 1025
m) che, nel più totale abbandono, sono ormai ridotti a ruderi invasi dalla
vegetazione.
Al termine della valletta incontriamo improvvisamente una
fragorosa cascata: superiamo il torrente e risaliamo con circospezione la
traccia, completamente invasa dal fogliame, che risale il versante della
montagna per raggiungere le baite dell’Alpe Fai (1050 m).
Continuiamo a seguire le varie pieghe del versante e in
breve sbuchiamo sulla stradina che, percorsa per un breve tratto in discesa, ci
permette di chiudere l’anello e raggiungere il piazzale di Cappella Porta
quando ormai fa già buio.
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