Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri: dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine. In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Voi ammirate l'uomo che si spinge avanti, verso la cima, in ogni campo della vita, mentre noi ammiriamo l'uomo che abbandona il suo ego.
Sette anni in Tibet

domenica 10 marzo 2024

Ci sono giornate in cui la montagna ti dice "stai a casa"

«Chi vive in montagna è abituato a queste grosse nevicate, d’altronde è inverno. Sono i cittadini che magari non riescono a rinunciare al fine settimana sulla neve: ieri non ci si doveva muovere. Sciare non era una grande idea. I montanari sanno che quando nevica tanto si deve stare a casa». 

Così lo scrittore Paolo Cognetti commenta - su LaPresse - le abbondanti nevicate che hanno coinvolto la catena alpina nello scorso fine settimana. 

«Siccome è domenica pensiamo di dover andare in montagna a tutti i costi - prosegue - invece ci sono giornate in cui la montagna ti dice "stai a casa". Ma non sappiamo più leggere e ascoltare i segnali della natura. I montanari lo sanno benissimo, aspettano in casa che sia tutto finito e poi puliscono. Da sempre». 

Le parole dello scrittore milanese, che tuttavia trascorre lunghi periodi dell'anno in Val d'Ayas (in Valle d'Aosta), motivano una riflessione. Si fa infatti sempre più dilagante e pervasiva l'incapacità di intravvedere nella rinuncia qualcosa di cui godere. È una condizione indotta da una struttura sociale che spinge a spremere il tempo libero fino all'ultima ora, all'ultimo minuto: nei fine settimana bisogna concentrare le esperienze che i ritmi frenetici dei giorni feriali non permettono di vivere. È una condizione esogena, da cui è difficile svincolarsi se non attraverso una complessa e progressiva rivalutazione di se stessi e del proprio rapporto con lo spazio e con il tempo. Tempo cronologico e tempo meteorologico. In questo processo è prima di tutto necessario osservare e ascoltare, e solo in seguito calibrare le proprie attività nella consapevolezza che un giorno in meno con gli sci ai piedi o con le mani aggrappate alla roccia non si deve sempre considerare un'occasione persa, ma spesso può aiutarci ad aprire lo sguardo a nuove esposizione. Può dilatare il ventaglio di possibilità che offre il contesto in cui risiediamo. Può arricchire la vita; può aiutarci a uscire da una dimensione esclusivamente sportiva della montagna per insegnarci a leggere le sfumature culturali che la caratterizzano. La distinzione montanaro-cittadino, nonostante sopravvivano alcune marcate differenze, va tuttavia sfumando in un crescente intreccio culturale dettato da traiettorie economico-lavorative in parte simili. Il timore di sciupare il tempo libero a causa del maltempo è spesso condiviso anche da chi risiede in montagna, perché provocato da impostazioni sociali pervasive, capaci di raggiungere anche le valli più remote. 

di Pietro Lacasella per L'Altramontagna

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