«Chi vive in montagna è abituato a queste grosse nevicate, d’altronde è inverno. Sono i cittadini che magari non riescono a rinunciare al fine settimana sulla neve: ieri non ci si doveva muovere. Sciare non era una grande idea. I montanari sanno che quando nevica tanto si deve stare a casa».
Così lo scrittore Paolo Cognetti commenta - su LaPresse - le abbondanti nevicate che hanno coinvolto la catena alpina nello scorso fine settimana.
«Siccome è domenica pensiamo di dover andare in montagna a tutti i costi - prosegue - invece ci sono giornate in cui la montagna ti dice "stai a casa". Ma non sappiamo più leggere e ascoltare i segnali della natura. I montanari lo sanno benissimo, aspettano in casa che sia tutto finito e poi puliscono. Da sempre».
Le parole dello scrittore milanese, che tuttavia trascorre lunghi periodi dell'anno in Val d'Ayas (in Valle d'Aosta), motivano una riflessione. Si fa infatti sempre più dilagante e pervasiva l'incapacità di intravvedere nella rinuncia qualcosa di cui godere. È una condizione indotta da una struttura sociale che spinge a spremere il tempo libero fino all'ultima ora, all'ultimo minuto: nei fine settimana bisogna concentrare le esperienze che i ritmi frenetici dei giorni feriali non permettono di vivere. È una condizione esogena, da cui è difficile svincolarsi se non attraverso una complessa e progressiva rivalutazione di se stessi e del proprio rapporto con lo spazio e con il tempo. Tempo cronologico e tempo meteorologico. In questo processo è prima di tutto necessario osservare e ascoltare, e solo in seguito calibrare le proprie attività nella consapevolezza che un giorno in meno con gli sci ai piedi o con le mani aggrappate alla roccia non si deve sempre considerare un'occasione persa, ma spesso può aiutarci ad aprire lo sguardo a nuove esposizione. Può dilatare il ventaglio di possibilità che offre il contesto in cui risiediamo. Può arricchire la vita; può aiutarci a uscire da una dimensione esclusivamente sportiva della montagna per insegnarci a leggere le sfumature culturali che la caratterizzano. La distinzione montanaro-cittadino, nonostante sopravvivano alcune marcate differenze, va tuttavia sfumando in un crescente intreccio culturale dettato da traiettorie economico-lavorative in parte simili. Il timore di sciupare il tempo libero a causa del maltempo è spesso condiviso anche da chi risiede in montagna, perché provocato da impostazioni sociali pervasive, capaci di raggiungere anche le valli più remote.
di Pietro Lacasella per L'Altramontagna
Nessun commento:
Posta un commento