Ai Caduti lumezzanesi per la libertà
Tutti accomunati
ritroviamo col pensiero,
i figli Caduti nostri
ricordati nel sentiero.
Possente il nostro grido
di Pace e Libertà;
dal vostro sacrificio
ispiriam l’umanità.
Il movimento della Resistenza partigiana in provincia di Brescia ha avuto varie espressioni che spesso si sono concretate in fatti d’arme veri e propri. Tutte le valli bresciane sono state teatro dell’insurrezione partigiana che avuto i propri epicentri attorno alla Corna Blacca e in Val Sabbia. Questo sentiero che viene proposto è dedicato a Tranquillo Bianchi, giovane partigiano lumezzanese catturato ed ucciso proprio a Binzago. Il sentiero è stato ripristinato grazie al lavoro volontario degli amici della montagna dei gruppi GEM e GEAR di Roncadelle.
Il sentiero Tranquillo Bianchi e Caduti per la Libertà lumezzanesi percorre i territori di due comuni: Agnosine nel versante sabbino e Lumezzane in quello triumplino della Val Gobbia. Il suo tragitto di 36 km non presenta difficoltà di rilievo ed è percorribile, nel suo itinerario completo, in 10-12 ore. Tuttavia, data la sua particolare dislocazione, è stato diviso in due tronchi; quindi l’escursione si può compiere anche in due tappe. Ogni tronco, lungo 18 km, richiede un cammino di 5-6 ore. Punto d’incontro dei due tronchi è la località Gabbiole, aggirando la quale, s’incontra una casa ricostruita ove è murata la lapide che ricorda lo scontro a fuoco del 13 maggio 1944 tra uno stremato gruppo di partigiani – in prevalenza russi – e uno di rastrellatori fa scisti, che da una notte teneva in stato d’assedio i “ribelli”. Due morti e due feriti tra i fascisti, un ferito tra i partigiani furono le perdite del combattimento.
Sulle montagne di Agnosine e di Lumezzane, nel maggio 1944 era presente un gruppo di ex militari alleati, per lo piú russi, con qualche italiano. Si ricorda un certo Alberto di Ospitaletto. Il 13 maggio questo gruppo eterogeneo e armato, stremato da una lunga e faticosa marcia attraverso terreni impervi, giunse in località Gabbiole di Agnosine. Non parve vero a questi uomini braccati di trovare disabitato il “cascinotto” da caccia di Gabbiole, che sorgeva sul ciglio di una ripida vallata ricoperta di fitta boscaglia. Era quasi notte; gli uomini vi si rifugiarono, sprangando l’unica porta e si addormentarono pesantemente, senza preoccuparsi di porre una sentinella di guardia. Il gruppo era stato, evidentemente, già individuato e seguito dai fascisti. Nella stessa notte un plotone di ventun militi comandati da un ufficiale circondò il “casino” gridando: «figli di cani, siamo repubblicani» (testimonianza di Michele Ivanoff). Dall’interno, dopo ripetuti richiami, qualcuno rispose in lingua russa. Fu quello l’inizio, da parte dei fascisti, di una fitta sparatoria contro la porta, finestra e muri della cascina, diventata un fortilizio ermeticamente chiuso. Dal di dentro, attraverso la finestra con inferriate, nessuno sparava. L’unica via di salvezza per gli assediati era la porta, che si apriva sul breve piano spazzato dalle raffiche fasciste. Dopo alcune ore di tale situazione, verso l’alba, quando ancora le ombre della notte si confondevano col primo chiarore, gli assediati – dopo aver deciso concordemente il comportamento – tentarono il tutto per tutto per uscire da quella trappola. Stefano, un russo atletico, con una pedata spalancò la porta, dandoinizio a un fitto rosario di scariche di mitra contro i fascisti per coprire i compagni che, dietro di lui, sgattaiolavano velocemente. I fascisti, sorpresi da quel fuoco rabbioso, improvviso e violento, perdettero, nel primo disorientamento, una manciata di secondi. Ciò permise l’operazione salvezza. Solo Nicolino, un ragazzo russo, steso a terra poco fuori dalla porta, gemeva e invocava aiuto per una ferita che gli immobilizzava la gamba. In un battibaleno i compagni lo sollevarono e, sempre coperti dalmitra crepitante di Stefano, portarono il compagno in salvo dileguandosi verso la vallata. I fascisti, che in un primo momento si erano dispersi, ritornarono sul posto quando capirono che non c’era piú alcun pericolo. I russi intanto – che coi moschetti avevano improvvisato una barella per trasportare il compagno ferito – si diressero da fondovalle alle Coste di Lumezzane, sostando successivamente nella cascina “del Buco”, oltre la Corna del Sonclino, dove trovarono la provvisoria ospitalità dellafamiglia Paterlini.
Giuseppe Biati
DESCRIZIONE
Seguire l'autostrada A4 fino all'uscita di Ospitaletto, per poi proseguire sulla SP19 verso Concesio/Valcamonica/Paderno/Lumezzane. Oltrepassato Concesio si continua sulla SPBS345 e dopo aver superato Sarezzo si continua a salire sulla SP3 verso Trento/Lago di Garda/Vallesabbia. Attraversato Lumezzane, si segue la SP79 fino ad arrivare al Passo del Cavallo (742 m).
Lasciata l'auto nel parcheggio antistante la chiesetta dedicata al “Cristo dei Monti”, si attraversata con attenzione la provinciale e si risale la stradina asfaltata per circa 500 metri (tratto comune con il percorso 3V - CAI 370). Giunti a un bivio, si abbandona la strada asfalta da dove poi si farà ritorno e si imbocca a destra la strada sterrata che conduce in località Campi Boni (797 m).
Tralasciato a sinistra il sentiero 370, si seguono le frecce tricolore verso Gabbiole/M. Prealba. Si prosegue scendendo prima su stradina sterrata e poi su ampio sentiero verso sinistra fino a raggiungere il letto del torrente Serpendolo. Attraversato il torrente si tralascia una stradina sterrata a sinistra e si continua a seguire il sentiero scavato nel terreno e contrassegnato dal tricolore che inizia a risalire all'interno del bosco. Arrivati in località Levertino (765 m) si scende sulla ex mulattiera, ora trasformata in strada, fino alla località Gabbiole. Dopo un tratto in piano, si abbandona la strada e si imbocca il sentiero a sinistra indicato da una palina segnavia che inizia a salire ripidamente costeggiando il M. Scipione. Seguendo il crinale dopo un breve tratto ripido, si raggiunge il Dos de Roca (1015 m), da questa prima cima si può già vedere il lungo ma spettacolare percorso che si dovrà affrontare. Si scende sul versante opposto arrivando brevemente a un bel roccolo, si riprende nuovamente a salire ripidamente raggiungendo la seconda cima il M. Coca (1077 m). Continuando a seguire la dorsale dopo aver superato sulla destra le Cime di Carnè si arriva alla Passata delle Crocette, posto di caccia caratterizzato dalla presenza di un bel prato e una piccola casetta.
Aggirato l'edificio, si continua in falsopiano per pochi minuti fino a una selletta, tralasciato a sinistra il sentiero per il M. Prealba, si piega a destra arrivando alla successiva palina segnavia, sotto allo sperone roccioso, sul quale sorge la chiesetta di San Vigilio. Piegando a destra, dopo aver raggiunto un pannello didattico, si inizia a risalire il ripido pendio, intersecando poco più a monte l'altro sentiero più agevole che inizia dalla palina segnavia. Senza particolari problemi si arriva all'antico Eremo di San Vigilio, circondato da alti e centenari faggi, che lo rendono particolarmente suggestivo (1120 m). Ritornati alla palina segnavia, tralasciato il sentiero a sinistra da cui si è arrivati e quello a destra, si inizia a risale la cresta raggiungendo il Dos Pelat (1136 m). Proseguendo in cresta, dopo aver superato il posto di caccia del Caricatore, il sentiero si inerpica sulla dorsale tra facili salti di roccette, fino a raggiungere la cima del M. Prealba, con una grande croce metallica e un piccolo altare in ferro (1270 m). Splendido il panorama a 360° che spazia dalle vicine montagne bresciane, alla Pianura Padana, fino alla catena degli Appennini. Dalla palina segnavia si scende sul crinale opposto alla sottostante forcella di Prealba (1196 m), tralasciato il sentiero a sinistra 3V, con il quale poi si farà ritorno, si continua a seguire la dorsale fino a raggiungere un primo bivio. Si può proseguire a destra in piano, oppure continuare lungo la cresta e riallacciarsi sul sentiero poco più avanti. Arrivati al secondo bivio, si tralascia il sentiero a destra per il Passo della Brocca da cui poi si farà ritorno e si inizia a salire un ripido sentiero fino a raggiunge la Punta Camoghera (1240 m), splendido anche da qui il panorama su tutta la Valgobbia e parte della Valtrompia. Seguendo con un minimo d'attenzione il crinale, dopo alcuni minuti si scende a destra intersecando il sentiero proveniente dal Passo della Brocca. Prima di proseguire verso destra, ritornando al bivio successivo, volendo si può raggiungere il vicino passo della Brocca (1163 m), dove c’è una lapide che ricorda la cattura e la fucilazione il 16 ottobre 1944 dei lumezzanesi Narcisio Ghidini e Giovanni Faustino Zubani. Ritornati alla forcella di Prealba, si inizia a scendere verso destra, seguendo i segnavia azzurro/bianco/azzurro del 3V e il tricolore del sentiero Tranquillo Bianchi. Si perde rapidamente quota sul versante lumezzanese, passando dal Dosso Giallo (1080 m), per poi arrivare alla Passatina. Dopo aver raggiunto il roccolo Cipriani e aggirato alcuni versanti erbosi, si entra in un bel bosco di vecchi castagni, carpini e betulle. Arrivati nei pressi di una casa, si inizia a scendere lungo la strada, alternando tratti cementati e sterrati, fino a incrociare la strada asfalta che si segue verso destra ritornando al Passo del Cavallo e chiudendo questo lungo ma spettacolare giro ad anello.
Malati di Montagna: Lorenzo, Silvio, Danilo e l'homo selvadego
cartina con indicato il sentiero
vita da crinale
Monte Prealba 1270 m
da "pietra bianca": tale è il colore delle rocce carbonatiche affioranti sulla cima
la croce in ferro del "Gma" e degli alpini di Bione
discesa lungo il crinale opposto verso la...
Eremo di San Vigilio 1120 m
Il santuario ha origini antichissime, posto a mille metri di quota, è circondato da faggi secolari.
Il santuario ha origini antichissime, posto a mille metri di quota, è circondato da faggi secolari.
Genziana di Clusius (Gentiana clusii)
Caratteristica pianta alpina, la genziana di Clusius è caratterizzata da una corolla di un celeste intenso, punteggiata all'interno. Ama le praterie magre, i luoghi sassosi e le rocce.
La segnaletica sempre presente garantisce una buona percorribilità del percorso
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