Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

venerdì 19 giugno 2020

Badia di Dulzago: tra natura, arte, storia e ... buon cibo!

La Badia di Dulzago (Badìa de Dulzàch in lombardo e Badìa de Dolzach in piemontese) è una frazione del comune di Bellinzago Novarese, in Provincia di Novara.
Sorge 4 km a sud-ovest del paese, sui primi pendii delle colline moreniche della vallata del Terdoppio, al limitare della pianura risicola novarese. La zona è ricca di acque e fontanili, caratteristica forse da cui anticamente nacque la denominazione “dulcis acquae”.
Dell’antichissimo centro di origine romana, che sorgeva nei pressi dell’attuale Badia, citato già nell’892, successivamente nel 1013 e nel 1132, oggi non resta alcuna traccia.
La Badia (o Abbazia) fu fondata dai canonici regolari, fedeli alla regola di Sant’Agostino, all’inizio del XII secolo come luogo di culto religioso. Nel corso del medioevo svolse importanti funzioni spirituali nei confronti delle popolazioni contadine dei villaggi vicini.
Nella seconda metà del Quattrocento divenne Abate commendatario Leonardo Sforza che la trasformò da comunità religiosa in importante centro agricolo. I monaci e i coloni che vi abitavano svolsero un’opera di bonifica del territorio circostante rendendo i terreni molto produttivi.
La Badia era organizzata come un vero e proprio complesso monastico: c’era era la Chiesa, officiata da un parroco nominato dagli abati commendatari, la residenza dell’abate e dei canonici, le case dei mezzadri con le loro famiglie e il cimitero, situato a nord fuori dall’abitato.
A partire dal Settecento, con l’introduzione dell’allevamento del bestiame (bovini, suini e pollame), si creò una vera e propria azienda agricola; intorno alla metà del secolo vennero costruiti nuovi edifici per accogliere i salariati, situati sul lato est della grande corte dei Pigionanti.
La comunità agricola era autosufficiente disponendo anche di un forno per il pane, una scuola, la ghiacciaia interrata, il lattaio e il mulino per la farina.
Durante il periodo napoleonico venne soppressa la commenda e il complesso passò di proprietà alla famiglia francese dei Reyner. Nel 1845 fu ceduta al conte Vitaliano VIII Borromeo; dal 1879 la famiglia Borromeo cominciò a vendere la struttura in vari lotti e in seguito fu ulteriormente suddivisa dalla Società Agricola Conturbia.
Oggi, la piccola comunità ancora residente nella Badia, costituitasi in associazione, intende salvaguardare e valorizzare il monumento, simbolo e testimonianza di storia e di fede.

Escursione con Chiara e Roberto.





Filipendula ulmaria (L.) Maxim.

Ibis sacro (Threskiornis aethiopicus Latham)

Garzetta (Egretta garzetta L.)

Piccoli di Cavaliere d'Italia presso il nido (Himantopus himantopus)



Il Cavo Borromeo verso l'ingresso sud della Badia.


L'ingresso sud della Badia ...

... e il particolare della meridiana.







Al centro della prima grande corte, edificata tra il Cinquecento e il Seicento per ospitare le stalle e i fienili, un abbeveratoio è stato ottenuto utilizzando un sarcofago romano in serizzo ghiandone.



Un arco ci conduce nella corte del pozzo ...

... e di fronte a noi ecco il palazzo del tardo quattrocento, dimora degli abati commendatari e dei loro amministratori. Si vuole che sia stato edificato al tempo di Leonardo Sforza, nella seconda metà del Quattrocento.

Uova fresche!!

Il cortile del pozzo era detto, nel Duecento, “dei conversi”, poiché qui erano ospitati i laici che aiutavano i canonici nei lavori agricoli.




Un altro arco si apre verso la corte dei pigionanti.

La corte dei pigionanti, detta “Abissinia”, con gli edifici per i salariati, formati da una camera al pianterreno e da un solaio al primo piano. 





Di fronte, verso ovest, si ergono gli edifici dell'antica canonica regolare.

Il cortiletto della casa parrocchiale è un buon punto di osservazione del complesso absidale della Chiesa di San Giulio.






Tornati nella corte del pozzo e costeggiato il Palazzo dell'Abate ... 

... un nuovo arco ci conduce nel sagrato della Chiesa di San Giulio.


La Chiesa di San Giulio prete.


La chiesa dedicata a San Giulio di Orta è coeva al complesso abbaziale e se ne ha testimonianza nei primi decenni del XII secolo. Il campanile, posto sul lato sinistro, risale invece al XVIII secolo.
L’edificio romanico è a pianta basilicale, strutturato a tre navate, quella centrale coperta da una successione di 3 campate con volte a crociera mentre quelle laterali hanno campate con volte a botte.
La parte meglio conservata dell’edificio romanico è il complesso absidale esterno, decorato da archetti pensili che poggiano su mensoline in cotto. È visibile dal cortiletto posto sul retro della chiesa, cui si accede tramite una porta a lato del campanile e dove si affaccia anche la vecchia casa parrocchiale, edificata nel 1720, come riportato da una iscrizione sul muro occidentale dell’edificio.
La chiesa venne ampiamente restaurata e ridecorata tra la fine del XVII secolo ed il XVIII secolo, con la costruzione delle due cappelle laterali interne, nuovi stucchi e affreschi, alterando così l’originaria struttura romanica. Sulla facciata, ricostruita nel settecento, si apre al centro il portone d’ingresso mentre ai lati vi sono due porte chiuse, solamente sagomate nella muratura, sormontate da due aperture a tutto sesto. Nella lunetta sopra il portone centrale, gravemente compromesso, c’è un affresco che ritrae San Giulio.
Nell’interno, riccamente decorato, numerosi affreschi di pregio: di epoca romanica sono quelli posti sulla parete ovest del tiburio che raffigurano angeli e santi, insieme a molti altri frammenti di pitture che sono stati rinvenuti in occasione di recenti restauri. Sulla parete della navata sinistra una serie di santi dipinti intorno al XV secolo. Il presbiterio è dominato da un altare marmoreo di epoca barocca. La cappella di sinistra è dedicata a Sant’Antonio di Padova, mentre quella opposta alla Madonna del Rosario.





Sul lato sud ovest del sagrato l'ingresso dell'Osteria San Giulio.

Sul lato nord, appena dietro il campanile, un sentiero porta all’ingresso della casa parrocchiale.


Di nuovo il complesso absidale visto da nord.



Il giardino con la pergola dietro alla casa parrocchiale.



L'arco di ingresso alla Badia dal lato nord.




Poco dopo mezzogiorno il patron Andrea ci accoglie con simpatia all'ingresso dell'Osteria: una ghiotta occasione per una sosta all'insegna delle tradizioni e dei sapori del territorio.





Agnolotti piemontesi ...

... tagliolini al ragù di anatra al Barolo ...

... brasato di ganascino al Barolo ...


... cassata alla piemontese ...

... e crem brulee all'arancia: l'apoteosi!!!

................ ci torneremo!

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