Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

martedì 18 settembre 2018

Lenspitze, Parete nord - Giugno 2018

Quando mi si presentò la parete Nord della Lenzpitze rimasi così impressionato dalla visione di questo specchio di ghiaccio che mi chiesi se avesse un senso salire questo mostro. Mi posi questa domanda dalla sommità della montagna posta proprio davanti, l'Urlichshorn, durante una delle mie prime facili esperienze sci alpinistiche su ghiacciaio. Ai tempi ero un ragazzotto che ancora non aveva ancora le idee chiare su cosa fosse l'Alpinismo e soprattutto quale fosse la definizione di Alpinismo più consona al mio essere.

Lenspitze, Parete Nord.
L'inquietudine di questa visione ha sopito per anni il desiderio di salire questa parete; non lasciai neanche un segnalibro in corrispondenza di questa ascensione nel grande libro dei 4000 che custodisco tutt'oggi sul comodino. Poi (anno dopo anno, stagione dopo stagione, esperienza dopo esperienza) questa fotografia è riemersa dai cassetti nascosti della memoria e, riguardandola,  mi son sentito sereno e preparato per affrontare questa salita senza paure e con il dovuto rispetto per una montagna dall'aspetto sinistro. I tempi erano diventati maturi.

La sommità della Lenspitze.
La stagione è buona, le condizioni sono ottime, il rifugio ha appena aperto e qualche temerario ha già sceso quella parete nord con gli sci (!).   Organizziamo il week end in un lampo, siamo io e Guido che da anni sogna questa salita e che con piacere ritrovo in ottima forma. Come da tradizione rinunciamo alla cena in rifugio preferendo un convivio più intimo tra altri scalatori squattrinati e  ci accomodiamo nel bivacco per dormire qualche oretta prima della sveglia. Che emozione!

in parete
Quella notte tutto fila liscio: l'attacco è evidente, c'è una traccia ben marcata da seguire, la crepacciata terminale che tanto ho temuto si passa senza problemi su neve portante.  La parete - come da previsioni - si presta per essere ben scalinata e la progressione è facilitata dall'abbondanza di neve depositata nel generoso inverno che ha già lasciato ormai il posto alla primavera. Tutti i dubbi relativi alla salita e ai relativi timori che avevo si dissolvono man mano che saliamo e man mano che la luminosità aumenta al sorgere dell'alba. 


Guadagniamo la vetta ben presto rispetto alle aspettative. L'alba è meravigliosa e i primi raggi di sole, ambasciatori del nuovo giorno, scaldano le facce congelate e illuminano la cresta rocciosa che dobbiamo ancora percorrere per scendere da qui. Vedo, piccolo piccolo, l'Urlichshorn; vicinissimo in linea d'aria ma sul quale mi proietto come scalatore giovane ed inesperto che ha ormai raggiunto un importante traguardo su questa cima prima temuta, poi desiderata. L'entusiasmo del risultato ci riempie di gioia e di orgoglio. Mi sento rinato e pieno di energia. Un pensiero alla mia famiglia è d'obbligo.

Ah! se solo avessimo saputo quanto amara era la lezione di umiltà che ci stava attendendo!

La parete nord appena salita.

Lungo la cresta rocciosa che ci riporterà al rifugio raggiungiamo una guida alpina con cliente. Sono assicurati per bene alla parete e la guida armeggia con un telefonino. Due scalatori impegnati sulla cresta e ben più avanti di noi sono rovinosamente precipitati dalla parete nord. Il soccorso alpino è già stato attivato. L'immagine è agghiacciante: più di 400 metri di caduta e una scia di rossa che vediamo nitidamente. Terribile. Non ci sono parole. Guardo Guido con calma e precisione, mettiamo via le macchine fotografiche e proseguiamo per nulla rassicurati dalle parole dei soccorritori che stanno per arrivare. Mentre proseguiamo stringo ogni presa con forza fin troppo esagerata; piazzo protezioni anche dove l'arrampicata è facile; dedico ogni attenzione ad ogni particolare per valutare il percorso ed evitare errori o tratti roccia marcia e qualche ora dopo siamo finalmente fuori dalle difficoltà.

Al rifugio veniamo a sapere che i due scalatori deceduti erano una guida con il cliente. La corda che li legava ha trascinato nella caduta chi dei due non era scivolato. Questa parete, già oggi che la stagione è alle porte, è già costata la vita a quattro persone: due sciatori inghiottiti dalla crepacciata terminale e due ghiacciatori già fuori dalla parete Nord. 

Un pesantissimo tributo ad una montagna spietata che è tornata a farmi paura. Ancor oggi, a distanza di anni da quella salita sull'l'Urlichshorn, non smetto mai di interrogarmi con le stesse domande che mi ponevo tanti anni fa.

Un pensiero alle vittime e alle loro famiglie.

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