Il mio zaino non è solo carico di materiali e di viveri:
dentro ci sono la mia educazione, i miei affetti, i miei ricordi, il mio carattere, la mia solitudine.
In montagna non porto il meglio di me stesso: porto me stesso, nel bene e nel male.
Renato Casarotto

Ho imparato che tutti quanti vogliono vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Gabriel García Márquez

martedì 8 giugno 2010

La dura vita in montagna...

Ciao,
mi chiamo Nando, ho 77 anni, vivo in Val Sabbia, sopra Brescia... 77 anni duranti i quali ne ho viste di cotte e di crude.
La guerra per fortuna non l'ho fatta, ero troppo piccolo. Ricordo solo che mia madre mi nascondeva nel bosco quando sentiva odore di tedesco. Io non avevo paura, al bosco ci ero abituato: la casa era in mezzo al bosco e nel bosco andavo ad aiutare i miei fratelli piu' grandi a pascolare gli animali.
Ricordo molto bene la fame del dopoguerra. Ormai ero grande e la scuola non aspettava certo me e a casa c'era bisogno di dare una mano. Cosi' ho imparato a fare formaggi e a portare in giro gli animali, ma era difficile sfamarsi e la fatica era tanta.
Una domenica, al bar del paese in valle, ho incontrato il Gino, un vecchio amico di infanzia. Eravamo a meta' degli anni 50 ed avevo in tasca solo pochi spiccioli per un calice di rosso e per portare al cinema a Brescia la Rosi, che poi diventera' mia moglie: sara' capitato due, tre volte all'anno. Il Gino aveva trovato lavoro in basso, in un'officina, e mi aveva parlato tanto bene della sua nuova vita. Aveva una bicicletta, uno stipendio fisso che arrotondava facendo vari lavoretti per conto suo, si stava per sposare ed abitava in una casa dove arrivava l'acqua in casa e anche la luce. Non sapeva ancora se, da sposato, avrebbe vissuto nella sua casa, che era un po' piccola, e si stava dando da fare per cercarne una piu' spaziosa.
Mi aveva fatto piacere rivedere il Gino, ma soprattutto mi aveva fatto piacere sentire che era possibile vivere una vita migliore. Guarda questa cicatrice: a momenti con quel colpo sbagliato di accetta mi staccavo una mano. Qui non c'erano dottori, ne' ambulanze: ho fatto tutto io, salvando la mano, ma la cicatrice e' rimasta ben visibile. Questa era la vita lassu'.
Ma la vita era fatta anche di dure fatiche alternate da lunghi periodo di ozio, dove dormivo o vagavo nel bosco per mio piacere, cacciando qualche animale o, se era stagione, alla ricerca di funghi, mica solo i porcini, come si fa adesso.
Poi un giorno ho deciso di provare: mi sono messo l'abito migliore e sono sceso a valle tenendo le scarpe belle nella sacca, per non rovinarle. Gino non c'era piu', si era spostato con la moglie e nessuno sapeva dove. Pero' avevo trovato l'officina dove lavorava e qui il padrone mi ha preso: poche lire a settimana, potevo pero' dormire nel retro dell'officina. L'odore di grasso e di ferro arrugginito riempiva l'aria, ma ero contento. Le serate le passavo con gli amici: pochi di loro venivano dai monti e pochi potevano capire la grande avventura che stavo facendo.
Talvolta aiutavo il fornaio a preparare il pane durante la notte e poi di mattina andavo in officina. Era dura, ma meno dura che sui monti.
Ed era ancora meno dura sapendo che la domenica andavo a trovare la Rosi.
Ho preso in affitto una casa sul fiume e ci siamo sposati in paese. Il viaggio di nozze, se si puo' chiamarlo cosi', lo abbiamo fatto al lago: tre giorni che mi sembrano finiti ieri.
Non mi posso lamentare della vita che ho avuto. Abbiamo avuto un maschio e una femmina, che sono nati e cresciuti qui in valle, dove il cemento e i capannoni hanno preso a calci i boschi. Nello stesso periodo ai monti non e' rimasto praticamente nessuno: dopo la morte della vecchia Maria, anche l'ultimo alpeggio ha chiuso e le vacche sono state vendute dagli eredi al primo offerente. Ogni tanto tornavo su, per vedere come andavano le cose e per tenere in ordine la casa dei miei genitori, l'unica cosa che mi hanno lasciato insieme alle prime scarpe da citta'. Pulivo la casa, ma soprattutto pulivo fuori, dove le piante stavano invadendo ogni spazio. Un giorno, ero gia' in pensione, ero cosi' arrabbiato che ho comprato un decespugliatore e sono andato a fare strage di tutte le erbacce che ormai coprivano il sentiero. Una faticaccia terribile, che mi ha bloccato la schiena per una settimana.
Vuoi sapere una cosa buffa? Ho 77 anni e ormai non mi muovo piu' da qui, tra la nuova statale della valle e il fiume, dove e' da anni che non si pesca nulla. Mia figlia invece si e' sposata ed ora vive nella casa sui monti, dove ha aperto una trattoria, un bedenbrecfast, come lo chiama lei e il sentiero ora e' sempre pulito. La Rosi va su di domenica a dare una mano in cucina, ma io no: c'e' troppa gente. Pero' ora il bosco e' di nuovo tenuto pulito e mi hanno detto che sono tornati anche i cervi. E la domenica sera la cena e' garantita dagli avanzi della trattoria.

PS. Nando, Rosi, Gino e compagnia bella sono nomi di fantasia. Il resto della storia no ed e' un pezzo della storia delle nostre montagne

5 commenti:

  1. la storia ci è molto piaciuta. Siamo dei bambini della classe terza della scuola primaria "Giovanni Biavi" di Cervignano del Friuli e, con il nostro maestro, stiamo facendo un giornalino e una ricerca sulla vita in montagna. Questo brano che abbiamo letto è bellissimo!
    Alessia, Emy e Leonardo

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  2. Caro Nando, la Tua storia è piena di semplicità e di grandezza, auguro a Te e ai tuoi familiari una vita come la Tua

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